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Il futuro dell’Ulivo. Rutelli: Primarie, non c’è solo Prodi
3.09.2004

Consultazione su molti nomi per scegliere il candidato premier. Un programma che catturi anche i moderati. E nessuna subalternità a Rifondazione.

Welfare e pensioni, giustizia ed extracomunitari, lavoro e federalismo. Dopo la pausa estiva, Francesco Rutelli, presidente della Margherita, apre la campagna di autunno all’interno del centrosinistra. La posta in gioco è il «profilo riformista» dell’Ulivo, ma anche il «ricambio generazionale» del suo ceto politico. Una sfida lanciata sul tavolo delle elezioni primarie per la scelta del candidato premier.

Le primarie, tormentone dell’estate ulivista: si devono fare? E come?

Si devono svolgere e con una larga partecipazione. Anche per rendere più entusiasmante questo passaggio e legarlo a un progetto di governo del Paese. Romano Prodi ha parlato di primarie, ipotizzando una modalità molto ambiziosa. Dobbiamo prendere sul serio la sua proposta: la consultazione dev’essere larga e democratica. Quindi possono esserci altre candidature, oltre Prodi.

Dunque primarie vere, non finte?

Democratiche, quindi con la possibilità di pronunciarsi su diversi candidati che si confrontino su programmi convergenti, ma diversi.

Ci sarà un nome della Margherita?

Il nostro candidato lo si é già scelto: è Prodi.

C’è l’autocandidatura di Fausto Bertinotti.

Ho sentito anche i nomi di Salvi, Mastella e Pecoraro Scanio.

E siamo solo all’inizio. Non teme che le primarie, per eccesso di \"democraticità\", possano trasformarsi in un boomerang per Prodi?

Se sarà un processo partecipato e aperto, questa consultazione potrà costituire una grande opportunità per affermare il profilo riformista della coalizione e, nel contempo, riattivare nella società energie oggi assopite.

Prodi vuole che la consultazione avvenga solo sul nome: del programma, ha detto, si parlerà poi.

Stiamo discutendo troppo su come fare le cose e troppo poco su cosa fare. La questione fondamentale, per me, è indicare le idee e i progetti per governare il Paese.

Quelli del suo partito, intanto?

L’Italia è il paese con il più basso indice di natalità al mondo. Nei prossimi 20 anni avremo 250 mila lavoratori in meno all’anno. Significa che, se torniamo a una crescita economica sul 3 per cento, avremo bisogno di almeno 3-4000 mila immigrati all’anno. Dovremo investire su un Islam liberale e moderato e concedere la cittadinanza più velocemente. Con il riconoscimento a questi extracomunitari dei nostri stessi diritti, in cambio del rispetto dei fondamenti della nostra convivenza civile.

Poi?

La riforma del welfare in senso familiare e generazionale, capovolgendo cioè la filosofia del passato: da uno stato che eroga a uno stato che accompagna, creando opportunità.

In concreto?

Incentivare la natalità, aprendo una linea di credito alle famiglie per ogni nuovo nato: una persona deve essere accompagnata nello studio e nella formazione, fino a quando diventa economicamente indipendente, e potrà restituire parte del ricevuto. Poi c’è una generazione di precari che rischiano di non avere una pensione decente. E’una discriminazione rispetto a lavoratori garantiti.

Come si può riequilibrare?

Con una previdenza che incentivi i lavoratori ad andare in pensione più tardi, visto che si vive più a lungo, per liberare risorse per chi è a rischio. Una scelta libera, si badi, non un obbligo.

La sua ricetta per il lavoro?

Si deve puntare sui contratti territoriali e aziendali, da affiancare a quelli nazionali. E’ il modo più serio ed efficace per ridistribuire la produttività e difendere anche il potere d’acquisto.

E per la giustizia?

Certezza del diritto e certezza della pena. Si discute tanto della separazione delle carriere dei magistrati, ma gli italiani chiedono che un processo civile non duri 10 anni e che non ci siano 10 milioni di cause pendenti.

Federalismo: è da cambiare la legge approvata dall’Ulivo proprio allo scadere della scorsa legislatura?

La più grande sciagura è la devoluzione. Spacca il Paese, fa esplodere la spesa, crea un nuovo centralismo regionale in omaggio al patto del Polo con Umberto Bossi. Ma noi dobbiamo verificare e migliorare la riforma fatta tre anni dall’Ulivo. C’è ancora confusione nelle competenze tra Stato e regioni; e si possono trasferire ai comuni nuove competenze, togliendole alle regioni. Non mi spavento certo se L’Unità titola:\" La destra applaude Rutelli\". Se la politica non si mette in discussione rispetto ai cambiamenti della società, non serve a niente. Non riusciremo a spostare voti incerti o moderati, nonostante la profonda delusione verso Silvio Berlusconi, se saremo ancora troppo condizionati dal \"no-ismo\". Io accetto la sfida culturale: la posta in gioco è il profilo riformista dell’Ulivo.

La sfida è anche generazionale? Alcuni invocano un ringiovanimento del ceto politico dell’Ulivo.

Penso che il problema esista. Bisognerà riattivare i canali di partecipazione. E questo favorirà anche l’avvento di una nuova generazione di politici.

Qual’ è il tempo necessario perché questo processo maturi?

Tempi strettissimi. Entro un anno dovremo ridisegnare l’architettura progettuale del nostro futuro governo.

Vi metterete d’accordo con Bertinotti?

Con lui faremo un nobile compromesso. E metteremo tutto nero su bianco. Ma l’agenda non sarà impostata da Rifondazione. Il riformismo del futuro è chiamato a governare e a risolvere i problemi, non a denunciarli.

da www.ulivo.it

intervista a Panorama

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