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La revisione della Costituzione
11.09.2004

Federalismo e premierato, ovvero, del rovesciamento della Costituzione e della negazione del costituzionalismo, di Gianni Ferrara http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/dibattiti/revisione/ferrara.html

Federalismo e premierato, ovvero, del rovesciamento della Costituzione e della negazione del costituzionalismo. Alcuni passaggi dell'intervento di Gianni Ferrara, ordinario di diritto costituzionale, Facoltà di Giurisprudenza, Università degli studi di Roma La Sapienza.

Va detto chiaramente: il progetto approvato dal Senato, in prima lettura, il 25 marzo scorso non è di revisione costituzionale, fuoriesce dalla previsione dell'articolo 138, non soltanto per la quantità e diversità delle norme e degli istituti che pretende sopprimere, sostituire, distorcere, ma perché mira al rovesciamento della Costituzione. Tende a sostituirne la specifica ragion d'essere, quella di legittimare costituzionalmente la costruzione di una democrazia avanzata, che conformi i rapporti economici e sociali ai principi della libertà e della dignità umana, della giustizia e dell'eguaglianza sostanziale.

L'approvazione del progetto del Governo non modificherebbe soltanto la seconda parte del testo costituzionale, inciderebbe profondamente sulla prima, quella che statuisce i principi dell'ordinamento e riconosce i diritti dei cittadini. Le due Parti della Costituzione sono connesse, la seconda è funzionale alla prima. Il rapporto tra principi e diritti, da una parte, e istituzioni che definiscono e regolano il potere, dall'altra, ammette sicuramente innovazioni, anche significative. Ma a condizione che risultino rigorosamente coerenti con la finalizzazione intangibile dell'ordinamento, dettata dalle norme fondamentali e dai diritti inviolabili e dotate di una funzionalità credibile e condivisa non inferiore a quella offerta dalle disposizioni che si intendono sostituire. Non sono invece ammissibili normative strumentali ad altre finalità istituzionali. Non è costituzionalmente legittimo modificare direttamente la seconda Parte della Costituzione e surrettiziamente, ma efficacemente e fatalmente, la prima Parte.

Valga l'esempio dei 'livelli essenziali' (artt. novellati 117, secondo comma, 120 secondo comma) la cui introduzione riduce il significato e la portata del principio di eguaglianza (primo e secondo comma dell'art. 3) Ai diritti sociali si assicura una garanzia minimale, il sistema che ne risulta ammette la differenziazione, consentirà programmaticamente non l'eguaglianza ma la disparità di trattamento che viene riconosciuta, addirittura sancita, . 'costituzionalizzata'.

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Il federalismo è tensione all'unità, lo si sa bene e da sempre. Non è secessione mascherata e perversa. Non è frammentazione istituzionale volta alla frantumazione di ogni vincolo sociale e dell'unità nazionale. Ebbene, quel che, invece, si propone come 'federalismo' non si sottrae a rilievi ispirati dalla preoccupazione che si tenda alla frammentazione della Repubblica ed alla frantumazione dei vincoli di «solidarietà politica economica e sociale» (art. 2 Cost). Intanto, non corrisponde a nessuno dei modelli di stato che traggono ispirazione da tale nobile principio istituzionale. Non vi corrisponde perché si vuole con esso innestare un processo del tutto innaturale. Lo stato federale nasce come tale come processo volto a unificare stati che preesistono e che mantenendo la loro individualità mettono in comune alcune parti della loro sovranità, alcune delle funzioni che spettano a ciascuno di essi per gestirle in comune.

L'operazione che invece si vuole tentare in Italia, è esattamente l'opposta, quella di espropriare funzioni indefettibili di uno stato per attribuirle alle Regioni che, non va dimenticato, sono entità sorte per decisione e solo in virtù di decisione statale. Questa operazione, è il ripiego della secessione che uno dei partiti della maggioranza, la Lega, ha escogitato per l'impossibilità constatata di raggiungere il suo obiettivo originario, e corrispondere per altra via all'esigenza della quale è portatrice: quella di sgravare le regioni ricche, e delle regioni ricche le classi agiate, da ogni vincolo di solidarietà con le fasce di popolazione non agiate delle altre regioni italiane. Questa è l'ispirazione di fondo, l'ideologia che viene tradotta in termini di norme costituzionali che mirano a realizzare il federalismo all'italiana.

Ispirazione ed ideologia che sono già penetrate nell'ordinamento costituzionale italiano nelle disposizioni del Titolo V novellato, con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, approvata sciaguratamente col voto di una esigua maggioranza parlamentare. Ho già fatto riferimento all'effetto riduttivo della garanzia di eguaglianza di trattamento dei cittadini derivante dal virus dei 'livelli essenziali' iniettato in Costituzione. Mi domando ora proprio, con riferimento al fondo perequativo senza vincoli di destinazione che il terzo comma dell'articolo 119 prevede come strumento volto ad equilibrare la capacità di spesa delle Regioni con minore capacita fiscale per abitante, quale garanzia può essere assicurata con tale strumento da una legge di un ordinamento permeato dallo spirito del federalismo competitivo, in cui l'aggettivo non può negare, ma solo confermare che si tratterà in ogni caso di competizione tra ineguali? Il Centro-Nord contro il Sud, 12 contro 8. Tanto più se sarà approvata la trasmutazione della Costituzione nel testo predisposto dalla I Commissione della Camera che prevede per tale tipo di legge l'eguale partecipazione della Camera e di quel Senato che realizzerebbe appieno il federalismo delle classi agiate.

Siamo giunti, così a toccare la questione delle istituzioni del 'federalismo ' che si vuole imporre. Rovesciato il senso del federalismo, il progetto rovescia i criteri di attribuzione delle funzioni: gli organi che dovrebbero tendere a tutelare l'interesse nazionale, quello dell'unità dell'ordinamento giuridico, economico, e sociale, quindi la tutela dei diritti, l'eguaglianza, la sicurezza, il lavoro e quant'altro è ancora scritto nella I Parte della Costituzione, sono privati di tale funzioni nel mentre le istituzioni che dovrebbero tutelare le autonomie territoriali e farle valere vengono strutturate in modo da non corrispondere ai modelli sperimentati come idonei a rendere effettiva la tutela di tali interessi.

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Qualche considerazione sulla devolution. Due delle materie che si propone di attribuire alla competenza esclusiva delle Regioni sono quanto mai indicative di quella ideologia ispiratrice del 'federalismo' leghista cui ho fatto riferimento. Sono infatti materie che attengono a diritti sociali, quello all'istruzione, il più antico, e quello alla salute, quanto mai conseguente al diritto alla vita cui offre credibile concretezza. Per tutti e due questi diritti le prestazioni da offrire per assicurarne il godimento, non possono subire differenziazioni perché violerebbero il principio di eguaglianza e porrebbero in discussione la loro stessa effettività. Ne dovrebbe derivare in modo del tutto indiscutibile l'attrazione di queste due materie nell'area per la quale i principi generali che le regolano siano dettati da leggi del parlamento nazionale approvate in modo da offrire il massimo di credibilità garantista. Imporre invece l'attribuzione di queste materie alla legislazione esclusiva delle Regioni comporta la possibilità non astratta ma del tutto prevedibile di una differenziazione. Si configurerebbe una ipotesi di violazione certa anche del principio di solidarietà di cui all'articolo 2 della Costituzione, violazione, questa, che verrebbe a congiungersi all'articolo 3 come oggetto della furia devastante del processo eversivo in corso mediante l'uso illegale del potere legale di revisione.

 

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