Gli eventi tragici che ogni giorno inseguono chi vede la televisione, ascolta la radio o legge i giornali creano ansia e preoccupazioni crescenti. La ferocia di questi atti sta superando l’assuefazione difensiva di ciascuno ......
Gli eventi tragici che ogni giorno inseguono chi vede la televisione, ascolta la radio o legge i giornali creano ansia e preoccupazioni crescenti. La ferocia di questi atti sta superando l’assuefazione difensiva di ciascuno (medicina psicologica automatica) per trasformarsi in paura. Per scacciare la paura e il senso di impotenza spesso ci si interroga sul come reagire o si chiede ad altri di reagire per noi, dando quasi sempre una delega in bianco.
E la reazione che ci si tramanda (come società e come comunità) il più delle volte si configura come un nuovo atto di ferocia, contro chi si presume essere colpevole.
Per chi vive o lavora con bambini e ragazzi, per chi sente fortemente il dovere educativo si aggiunge una nuova angosciosa domanda: che cosa dico, come mi comporto, attorno a quali valori faccio ruotare il mio agire e i comportamenti di figli e allievi ?
Non credo sia semplice trovare strategie condivisibili e realizzabili. Ma in questo momento anziché chiudermi nella riflessione strettamente personale ho pensato di scrivere al giornale La Cronaca e tentare di aprire un confronto o quanto meno di invitare chi lo volesse, a riflettere collettivamente, ripromettendomi di organizzare un gruppo cittadino di discussione, e perché no, presso la redazione di un quotidiano.
Dunque sento il bisogno di pormi pubblicamente alcune prime domande e di incominciare a ipotizzare considerazioni e risposte.
1 – Credo sia innanzitutto opportuno interrogarsi, ma insieme, far sedimentare le preoccupazioni, cercare atteggiamenti da condividere. Non è la paura che dobbiamo alimentare ma l’energia per compiere atti consapevoli, non istintivi e neppure disperati. Siete d’accordo ?
2 - Il valore attribuito alla convivenza pacifica è irrinunciabile, è valore assoluto, è aspirazione di sopravvivenza, istintiva e umana. E’ stato il sogno più intimo e incancellabile di ogni uomo e donna che ci ha preceduti. Le genti d’Europa, dopo il tremendo e devastante conflitto interno, intestino, fratricida, animalesco, della seconda guerra mondiale, hanno saputo faticosamente reagire costruendosi lunghi anni di convivenza pacifica, scossa da conflitti, sanguinosi sì, ma pur sempre molto, molto limitati. Dunque si deve analizzare l’agire recente e capire come questa comunque stupenda parentesi sia stata possibile, perché dentro di essa potrebbero esserci semi e germogli utili.
3 – Gli atti in Iraq, in Cecenia, in Ossezia, a New York, a Madrid, in Palestina, nelle terre del Sudan, ecc. sono tremendi. Bambini, donne, anziani vengono torturati e trucidati. Non muoiono solo i soldati avversari, anzi, le statistiche dicono che sono molto più numerosi i morti tra i civili. Uomini e donne dilaniano se stessi per uccidere gli inermi che li circondano. La scuola dei famosi kamikaze giapponesi ha figliato. Nella storia però, studiamo a scuola, molti si sono immolati e vengono chiamati eroi, ricordati, venerati. Come sono costruiti i valori che spingono a morire così ?
E ancora, come è possibile che uomini e donne, adulti, forse genitori, ma senz’altro persone che potrebbero esserlo, si trasformino in canaglie assassine ? Vengono da sofferenze quotidiane, che li gettano nella disperazione ? Hanno una meta utile ai loro cari, raggiungibile solo attraverso un così alto sacrificio personale?
Dunque, almeno per noi adulti, è necessaria una sosta conoscitiva, qualcuno che ci racconti quei mondi e le loro storie, recenti, ma forse anche molto remote, se è vero che alcuni odii si tramandano, generazione dopo generazione.
4 – La morte violenta, inaspettata, causata a chi è assolutamente incolpevole, genera sconcerto profondo. Sempre.
Ma che cosa ci impedisce di reagire con ansia, paura, insofferenza, determinazione ai più di 7.000 morti annui (7.000 !!!) sulle nostre strade, dove quotidianamente i padri perdono i figli o i figli diventano orfani o le madri piangono i propri giovani, a cui con orgoglio hanno regalato l’auto o la moto ?
Perché accettiamo questo tipo di morti ? Che cosa ci sta succedendo ?
E ancora, perché tanti uomini italiani risolvono in modo cruento e feroce i contrasti con la propria donna, così come spesso i giornali ci informano ? Che cosa è avvenuto nella loro mente ? Come sono stati "bambini" ?
5 - Ci escludiamo dunque completamente ? O forse non sarà meglio che, anziché porci fuori, spettatori o vittime soltanto, proviamo a sentirci dentro un difficilissimo processo di emancipazione e perciò ragionar bene su che cosa possiamo fare, come comunità, quelle piccole comunità dove lavoriamo e che frequentiamo, e dentro di esse come singoli individui, che possono contribuire con la loro ragione, con le opere, con l’esempio ?
Si tratta già di questione ponderose, sufficienti come prime basi per un comune ragionare.
Ma sento che debbo spingermi ancora un poco oltre.
6 - E’ montante lo slogan del confronto e dello scontro tra civiltà.
Temo sia uno slogan, e che come tutti gli slogan e le pubblicità, sia malizioso e maligno, finalizzato cioè a condizionare il pensiero per spingere gli individui verso un comune sentire, negativo, verso l’appropriazione di un’idea (così come avviene per i prodotti di largo consumo) che a qualcuno può forse tornare utile. Ricchezza e potere sono formidabili droghe.
7 - Le scuole stanno riaprendo, piene di giovani e giovanissimi; tra di loro quest’anno 300.000 sono figli di stranieri; 190 nazionalità sono rappresentate nelle scuole italiane. Quasi 500.000 mamme e papà, che sperano, anche loro, come tutti noi, che la scuola aiuti il figlio a costruirsi un futuro soddisfacente; un futuro migliore, si è sempre detto.
Conoscono, bambini e lavoratori stranieri, la lingua italiana, tanto bene da comprendere quanto diciamo? La capiscono in modo da poter conoscere la nostra storia, i sacrifici dei nostri nonni per ottenere l’attuale benessere e capire che anche noi siamo cresciuti con precetti religiosi quotidiani, con le nonne che portavano il velo domenicale e il nero del lutto familiare come unica veste, per mesi se non per anni?
8 - Chi insegna l’italiano a chi giunge da noi, chi racconta di noi con cura e precisione, chi spiega le conquiste ottenute studiando l’igiene, l’alimentazione, la medicina, le relazioni tra persone, alle mamme, ai papà appena giunti? E le tante buone pratiche ormai divenute cultura di massa per noi?
9 - Chi spiega che il delitto d’onore da noi è scomparso faticosamente dai codici solo pochissimi anni fa e che i maschi italiani di ciò sono molto orgogliosi ?
Chi aiuterà gli uomini stranieri, fieri del loro potere assoluto sulle donne, a privarsene, a comprenderne l’ingiustizia profonda, anche se i loro antenati lo hanno codificato e insegnato ?
Chi insegnerà che il matrimonio da noi è sempre più fondato sull’affetto, la stima reciproca, la solidarietà e non più solo frutto di interessi materiali e di accordi tra famiglie ?
10 - Ecco, credo che la primissima opera da svolgere sia quella di insegnare la nostra lingua a chi ha deciso di fermarsi da noi, a chi ci ha sognati come una meta ricca di opportunità positive. E poi di fargli comprendere il nostro faticoso cammino di emancipazione.
Né l’una cosa, né l’altra stiamo facendo.
Credetemi (e sia concesso questo esempio, a me, che amo lavorare in questo campo), è penoso lo spettacolo di una scuola pubblica che rimpalla il compito di insegnare l’italiano ogni qual volta entra un bambino o un adolescente che conosce già una, o forse anche due lingue, ma non la nostra. O il senso di impotenza quando gli insegnanti devono comunicare con i legittimi genitori.
Suvvia, ma è una società evoluta questa ?
11 - Milioni di italiani sono emigrati; prima da soli, poi richiamando parenti e conoscenti, scrivendo che era possibile trovar lavoro, o facendolo capire attraverso l’invio dei primi risparmi alla famiglia lontana, perché scrivere era difficile (infatti siamo stati un popolo di analfabeti fino a pochi decenni fa). Poi sono incominciate le ricongiunzioni familiari, hanno incominciato a nascere i primi figli all’estero. Ancora oggi l’Italia, nazione che se lo può permettere, riesce ad alimentare scuole italiane all’estero, inviando i suoi insegnanti nei paesi dove più forte è stata l’emigrazione.
Ancora oggi i figli dei figli si ritrovano, si associano, fanno festa e compongono lobby.
Molti cremonesi hanno lasciato le campagne per le fabbriche e per gli uffici delle grandi città industriali, solo quarant’anni fa.
Per molti sono state organizzate le "150 ore" (le ricordate ?), per aiutare ad ottenere un titolo di studio e ad acquisire qualche nozione in più, fondamentale per capire meglio il mondo e il lavoro.
12- Abbiamo ottenuto, non molti anni fa, un sistema sanitario a disposizione di tutti e che garantisse anche agli indigenti un’assistenza medica decente.
Che meravigliosa cosa per chi viene da paesi dove ci sono pochissimi medici e ospedali, dove i figli rischiano di morire per dissenteria, tetano o per un semplice raffreddore; dove pochissimi sanno come fare a salvarglieli !
Penso che disponiamo di due formidabili strumenti, l’istruzione e la sanità, per alimentare la speranza, creare riconoscenza, attenzione, rispetto in chi entra, spesso disperato, per ragioni economiche o per ingiustizie subite.
Non credo che invierà solo i pochi risparmi raccolti, ai parenti lasciati lontano. Riuscirà certamente a parlar bene di noi e dei nostri inconsueti modi di fare. E i suoi figli, abituati ad essere accolti a giocare, acquisiranno rapidamente comportamenti altrettanto inconsueti.
E’ difficile pensare come ciascuno di noi possa contribuire a creare il vuoto attorno al terrorismo e alla paura?
13 – Forza, Sindaci, incoraggiate e valorizzate la scuola e le famiglie che la frequentano, perché costituiscano un esempio positivo; incontrate infermieri, medici, assistenti sociali, mobilitate le loro capacità umane e di relazione.
Incontrate periodicamente le famiglie straniere, i lavoratori stranieri, andate dove essi faticosamente hanno trovato un’abitazione o un letto in affitto.
Il mondo dell’educazione da anni è in prima linea, senza una strategia di sistema, ma oggi rischia di collassare.
Sindaci, fatevi affiancare dai managers delle aziende sanitarie, dai dirigenti scolastici, dai presidenti delle organizzazioni imprenditoriali che danno lavoro agli immigrati, componete un fronte unico, visibile, di decisori responsabili.
I segnali chiari, di assunzione di responsabilità, attraverso programmi veri, troveranno una scuola disponibile. Ed è la scuola che può insegnare la tolleranza, la curiosità, il rispetto, l’equità esercitandole ogni giorno; è la scuola che saprà trovare la giusta misura nello sperimentare la competizione così come la collaborazione e la solidarietà, l’attenzione al nuovo e la sostenibilità dei comportamenti.
E questi ultimi non sono forse i bisogni di apprendimento che tutti, tutti i bambini, dovrebbero veder soddisfatti ?
E i segnali chiari aiuteranno i genitori a orientarsi, i moltissimi genitori che non amano la guerra e che, quotidianamente, costruiscono il progetto di vita futura dei propri figli, gli italiani come gli stranieri.
Questo è il denominatore che accomuna gli uni e gli altri. Ricordiamocelo !
14 - Ma certamente questi atti, questi esempi, questi ragionamenti, assumeranno forza ed energia sufficiente se ne verrà diffusa la conoscenza. In ciò i mass media saranno essenziali, indispensabili, così come è stata utile la televisione negli anni sessanta per aiutare gli italiani analfabeti ad usare sempre più l’italiano come prima lingua e il dialetto come strumento di simpatia e socializzazione o di collegamento con la storia della propria terra.
Quella terra che nessuno è disposto a rinnegare.
Amilcare Acerbi,
pedagogista, direttore del Parco della Fantasia ‘Gianni Rodari’
Aderente al Comitato ‘Cremona per l’Ulivo’