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Semestre nero per la cassa integrazione.
19.09.2004

Mercato del lavoro / Una rilevazione della Cgil
Semestre nero per la cassa integrazione

di Stefano Iucci

A metà anno i decreti di concessione di cassa integrazione straordinaria sono già ben oltre la metà di quelli licenziati complessivamente nel 2003. Non solo. Ben il 68 per cento di essi riguarda l’industria e sono già triplicati in percentuale, sempre rispetto allo scorso anno, i provvedimenti intervenuti in caso di fallimento: quando per l’azienda non c’è ormai più nulla da fare. Sono i dati, assai allarmanti, che si ricavano da una rilevazione effettuata dalla Cgil, che prende come riferimento il secondo trimestre del 2004. “Questi numeri confermano che quando il nostro sindacato parla di crisi del sistema produttivo lo fa a ragion veduta – spiega Vincenzo Lacorte, del dipartimento industria, artigianato e agricoltura della Cgil nazionale –. Se si vanno ad analizzare i singoli settori si scopre che, nel manifatturiero, la cigs cresce in quasi tutti i comparti. Con pochissime eccezioni: per esempio l’agroalimentare, che è anticiclico per definizione”. A preoccupare la Cgil è anche il Sud: al termine del primo semestre 2004, nelle regioni meridionali sono state già concesse il 60 per cento delle cigs del 2003. Se il trend continuerà (e non si vedono segnali in senso contrario), a fine anno i decreti di cassa integrazione saranno il 120 per cento in più rispetto ad appena dodici mesi fa.


Una crisi di sistema
Insomma: si tratta di ulteriori segnali di una crisi di sistema che non sembra conoscere arretramenti. “Le previsioni dell’Isae relative ai mesi di luglio, agosto e settembre 2004 – commenta Carla Cantone, della segreteria confederale della Cgil nazionale – fanno attestare l’indice della produzione industriale italiana attorno a quota 98, rispetto al 102 fatto registrare nel 2001. A questo va aggiunta la perdita di 16.000 posti di lavoro nella grande industria, resa nota dall’Istat proprio in questi giorni”. L’insieme di questi dati, per la sindacalista della Cgil, rappresenta “la prova di una situazione gravissima che richiede un mutamento radicale della politica economica. La priorità del paese è la lotta al declino industriale. Per questo dobbiamo ripartire dall’analisi dell’assemblea dei quadri e delegati di Chianciano, del maggio di quest’anno, con il recupero della piattaforma alla base dello sciopero generale dello scorso 24 marzo, e con l’obiettivo d’incalzare governo e Confindustria su una svolta nell’agenda di confronto e lavoro”.

L’analisi dei settori. La nuova rilevazione della Cgil conferma, e accentua, i dati già emersi per il primo trimestre 2004 (vedi Rassegna, n. 16 del 2004). Tra i comparti industriali preoccupano, in particolare, le performance negative del settore tessile (le cigs concesse sono già a quota 76,97 per cento rispetto al 2003) e metalmeccanico (68,39 per cento). Sulla crisi del tessile si è detto e scritto molto, ma ancora fatto poco. Così come per il meccanico, in cui la vicenda Fiat sta avendo ricadute pesanti sull’indotto di primo e secondo livello e i segnali per il futuro non sono dei migliori, con la cassa integrazione a Cassino, Termini Imerese e Mirafiori. Nel primo semestre 2004 le cigs che interessano il settore metalmeccanico continuano, come nel 2003, a rappresentare ben il 50 per cento di quelle concesse nell’intero comparto manifatturiero.

Spicca anche il dato molto sostenuto nel comparto edile: nel solo primo semestre sono state concesse 54 casse integrazioni straordinarie, rispetto alle 22 dell’intero 2003. Siamo addirittura a un incremento del 245,45 per cento e con un ulteriore segnale molto negativo: il 51,85 per cento delle cigs attivate in edilizia riguarda casi di aziende fallite, in cui cioè la cassa non interviene a sostegno di una riorganizzazione o ristrutturazione, ma in qualche modo arriva solo a mettere un lieve tampone a una storia produttiva già finita. Il dato è allarmante, perché riguarda un comparto che in questi anni, per redditività e per volumi produttivi, non era affatto andato male.


Dove la cigs è in calo
Gli unici settori in cui il trend delle cigs è in leggero calo, ma per ragioni molto diverse tra loro, sono il chimico-farmaceutico e l’agroalimentare (dove siamo, rispettivamente, al 45,38 e al 45,45 per cento rispetto all’intero 2003). Nel primo caso, tuttavia, c’è poco da stare allegri. “Se è vero che le nuove biotecnologie tirano – spiega Lacorte –, va anche detto che i processi di ristrutturazione della chimica di base sono andati ormai in porto. Penso a Ottana, Porto Marghera, Priolo. La cassa integrazione che non cresce è soltanto il segno di un settore che, purtroppo, è stato già drasticamente ridimensionato”. Diverso il caso dell’agroalimentare, che è ormai diventato il secondo comparto produttivo italiano per fatturato. “Alla base di un risultato del genere – precisa il sindacalista della Cgil – c’è principalmente il fatto che nelle situazioni di crisi l’alimentare va bene ed è qui che si concentrano per la maggior parte i consumi”. Ma non c’è solo questo: il settore agroalimentare ha saputo scommettere sulla qualità e sulla certificazione delle produzioni. Non è un caso che, a oggi, i disastri Cirio e Parmalat non abbiano portato alla chiusura di alcun sito produttivo. “A dimostrazione – chiosa Lacorte – che queste aziende sono in grado di uscire dalle avventure disinvolte del capitalismo finanziario. Certificazione e qualità sono carte su cui dovrebbe puntare anche il tessile, invece di parlare sempre di Cina e di costo del lavoro”.

Cresce la cigs per fallimento. Si tratta, probabilmente, del dato più allarmante dell’intera rilevazione. Le cigs per fallimento aziendale sono in crescita sostenuta rispetto a quelle concesse per ristrutturazioni e riorganizzazioni: erano il 10,59 per cento delle casse complessive nel 2003 e hanno raggiunto il 28,53 per cento nel primo semestre del 2004. Il dato riguarda un po’ tutti i settori. Oltre alla già citata edilizia, il tessile (dal 9,87 per cento del 2003 al 16,24 di oggi), il chimico-farmaceutico (dall’8,46 al 23,73 per cento), il metalmeccanico (dal 9,68 al 33,02 per cento). La cosa è tanto più preoccupante se rapportata al fatto che, nel medesimo arco di tempo, calano le casse integrazioni concesse per crisi aziendali e ristrutturazioni: i casi in cui per l’azienda c’è ancora qualche speranza di rilancio. I dati sulla cigs non esauriscono, ovviamente, il capitolo relativo alle crisi aziendali (con i relativi posti di lavoro a rischio), che sono ben più consistenti, non fosse altro che per tutte le realtà produttive non coperte da ammortizzatori sociali o per tutte le situazioni difficili non ancora arrivate alla cassa. “Al 31 agosto – conclude Cantone – abbiamo censito ben 2.630 aziende in crisi, per un totale di 334.000 lavoratori coinvolti”.

fonte : www.rassegna.it

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