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Lettera aperta a Francesco Rutelli
23.09.2004

Era ottobre del 2000. Una domenica sera, poco prima di cena, suona il telefono. Era il mio amico Carlo Monguzzi: \\\\\\\"Stefano, sono con Ermete, perché non ci raggiungi? Ceniamo insieme e, nel frattempo, parliamo di una cosa importante!\\\\\\\"

Due imprecazioni, poi mi sono infilato qualcosa ed ho raggiunto i ragazzi in una pizzeria affollata.

Realacci introdusse subito l’argomento.

Sai, Stefano, dopo l’investitura di Francesco (Rutelli) avvenuta proprio qui a Milano, abbiamo valutato seriamente la situazione: i partiti dell’Ulivo danno già per scontata una pesante sconfitta, i sondaggi ci danno sotto del 13 o 14%, eppure abbiamo la convinzione che sia possibile, lavorando sodo, invertire la tendenza e cercare, almeno, di rendere la partita giocabile.

L’idea è quella di far nascere i \\\\\\\"Comitati Rutelli\\\\\\\", dei quali mi sono assunto la responsabilità nazionale, su tutto il territorio con l’obbiettivo di rivolgerci direttamente ai cittadini, agli ulivisti, insieme ai partiti ed ai loro militanti.

Soldi a disposizione non ce ne sono quindi, sappilo, tanti sacrifici.

Se, nonostante questo sei d’accordo, allora quello è il mare aperto, io ti consegno un gommoncino di tre metri, due remi e ti abbraccio con affetto: auguri.

Buona traversata.

Due giorni dopo incontravo a Roma Renato Strada e, di ritorno a Milano, Chicco Crippa.

Nicola Pasini, di Nuove Regole, ci metteva a disposizione la sede di via Cosimo del Fante e la sua preziosissima persona, ed iniziava l’avventura lombarda dei Comitati Rutelli.

Ne abbiamo fatta, di strada.

All’inizio ci guardavano tutti con sospetto: i responsabili dei partiti ci dicevano \\\\\\\"ma l’Ulivo siamo noi!!\\\\\\\", che bisogno c’è di creare confusione, di far partire comitati e comitatini in giro per il paese?

Con tanta pazienza riuscimmo a mettere insieme pezzi importanti di questa regione e della sua città più importante, Milano.

Riuscimmo ad aprire la sede di piazza Vetra e, lavorando davvero sodo, a farla diventare il centro di tutte le iniziative, gli incontri, le decisioni.

Coinvolgemmo, nel lavoro, più di un centinaio di volontari e raccogliemmo fondi, tutti girati a Roma, in una quantità impressionante (unmiliardoseicentomilioni).

Cominciò a frequentarla Fassino e, insieme a lui, i dirigenti dei partiti e, pian piano, si creò una vera squadra, capace di direzione organizzativa ma, anche, politica.

Come poi sia andata, lo sapete tutti.

Grazie al lavoro dei comitati, dei partiti, dei singoli cittadini, alle elezioni si perse, ma si perse con una distanza davvero minima tra le due coalizioni (anzi tre, perché Rifondazione e Di Pietro stavano altrove), scongiurando una mortificante e pericolosissima debacle.

Con Rutelli proseguimmo il lavoro, dando vita prima alla grande assemblea milanese di via Corridoni, seguita da quella ancora più importante ed imponente di Roma, all’Ergife.

Con lui, Realacci e Gentiloni, continuammo a vederci mensilmente a Roma in una trentina di persone di tutta Italia, gettando il seme di quella rete che poi sarrebe diventata dei Cittadini per l’Ulivo.

Abbiamo vissuto, insieme, i momenti delle grandi manifestazioni di massa e visto, con grande piacere, rafforzarsi un asse ulivista tra Rutelli e Fassino, sempre tesi ad unire, a volte con grande fatica, arginando il lavoro di divisione di Pecoraro, Diliberto e compagnia bella.

Oggi ci tocca vedere (forse) il sosia di quel Francesco, invecchiato e con gli occhialini da lettura, rimangiarsi tutto quel percorso, usare toni sprezzanti nei confronti di quel mondo che ha tanto lavorato, soprattutto, per rafforzare la sua posizione di vaso di coccio tra quelli di ferro.

Oggi è lui a frenare il percorso dell’Ulivo, a rivendicare l’orgoglio di partito, a dire che l’Ulivo dovrà essere guidato solo SOLO dai segretari dei partiti: Prodi invitasse pure chi preferisce, l’ascolto non si nega a nessuno, ma quando ci sarà da decidere……

Ahi, Francesco!!

Credo di capire abbastanza le tue ragioni, ma proprio perché le capisco, non le posso condividere.

Voglio sbilanciarmi in una profezia e, poi, chiudere con un appello.

La profezia è che, rallentando il processo ulivista e presentandosi come partito figlio, erede nella continuità, del solo Partito Popolare, di quel partito erediterà anche, inevitabilmente, la dimensione elettorale che, se non ricordo male, era attestata attorno al 5 (cinque) per cento.

La tua Margherita è cresciuta, anche grazie a te, ed ha ottenuto consensi quando si è presentata al paese come il primo laboratorio di un percorso unitario, mettendo insieme pezzi, storie e culture diverse, superando resistenze ed imboscate.

Il dramma è che quei pezzi e quelle storie sono rimaste diverse, non si sono contaminate, non hanno prodotto alcuna fusione e oggi tu, pur di garantirti un ruolo, devi consegnarti mani e piedi al meno ulivista di loro.

Auguri, Francesco.

Fai come credi ma, e questo è l’appello, non mortificare mai quel mondo delle associazioni, del volontariato e della militanza politica dal quale tanto hai attinto e del quale tanto hai beneficiato.

di Stefano Facchi, coordinatore Citadini per l\\\\\\\'Ulivo della provincia di Milano

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