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Il cambiamento del Paese deve iniziare dal Sud
24.10.2004

Bova: “Il cambiamento del Paese deve partire dal Sud”
Intervista l’on. Domenico Bova (DS): “L’entrata della Turchia nell’UE è un obiettivo strategico per l’Europa. La riforma del Senato produce un pericoloso sconvolgimento degli equilibri istituzionali. La lista unitaria non è una gabbia”.


Lei è membro della Commissione Politiche dell'Unione Europea. Da più parti si rimprovera il governo Berlusconi di non essere europeista. Su quali fatti si basa questo giudizio?

I fatti sono numerosi. In primo luogo, l'ostilità all'euro e la sua cattiva gestione. Il Governo attuale nulla ha fatto per impedire che l'arrivo dell'euro desse fiato a ingenti rincari dei prezzi, non rilevati in altri Paesi. Berlusconi, sulla guerra in Iraq ma non solo in quel caso, ha lavorato per costruire un pool di Paesi fortemente legati all'amministrazione Bush da contrapporre a Paesi, come Francia e Germania, critici verso gli Stati Uniti. L'euroscetticismo è stata la bussola del centro-destra. Persino la sostituzione di un tecnico di valore come Monti da Commissario europeo, con un esponente di partito, per le modalità con cui si è proceduto e per la motivazione che ha sostenuto questa scelta, indica la scarsa considerazione del Governo Berlusconi per il progetto di integrazione europea. Un altro tema nei confronti del quale l'Italia ha dimostrato scarso interesse è l'Agenda di Lisbona, che prevede di fare dell'Europa la società più competitiva, basata sulla conoscenza, entro il 2010. Nessuno degli impegni sanciti da tale documento è stato realizzato.


Berlusconi sembra essere uno dei migliori amici della Turchia. Qual è il suo pensiero sul futuro ingresso di questo paese, per metà occidentale e per metà asiatico, nell'Unione Europea?

L'ingresso della Turchia in Europa è, a mio avviso, un'operazione tutta politica. L'obiettivo è di inglobare nella costruzione europea uno Stato a forte identità musulmana che può rompere l'assedio del fondamentalismo. Con l'ingresso della Turchia si afferma un'idea dell'Europa come casa aperta, luogo delle differenze, del dialogo. Come ha riaffermato Prodi negli ultimi atti del suo mandato, la Turchia potrà entrare in Europa solo se il suo regime politico sarà interamente democratico e se in Turchia saranno rispettati i diritti civili, in particolare quelli delle donne. Sono, quindi, convinto che l'entrata della Turchia nell'UE rappresenta un obiettivo strategico per l'Europa, un modo per avvicinare, come detto, ai principi democratici e ai diritti generalmente condivisi dall'Europa occidentale anche i popoli dell'Europa orientale. E' un occasione per dimostrare, in questo particolare momento storico, che la democrazia e l'Islam sono conciliabili. E bene ha fatto la Commissione europea quando il 6 ottobre scorso, si è espressa favorevolmente all'apertura dei negoziati di adesione con Ankara. Anche se, bisogna aggiungere, il si della Commissione è stato un sì condizionato dalla possibilità che il negoziato possa essere sospeso nel caso si verifichi una persistente violazione dei principi di libertà, democrazia, del rispetto dei diritti umani.


Quale è la sua opinione in merito alla riforma costituzionale dello Stato?

Non posso condividere il progetto di riforma della costituzione per una serie di ragioni. Prima di tutto, perché un disegno di legge costituzionale, che modifica in modo così incisivo un assetto istituzionale consolidato, dovrebbe essere un testo largamente condiviso da maggioranza e opposizione. Esso è invece frutto di compromessi tra le varie anime della maggioranza le cui posizioni, tra l'altro, ad oggi permangono ancora fortemente contrastanti. In secondo luogo, si tratta di un testo che non porta alla chiara definizione di nuovi equilibri statuali, ma acuisce ancor la conflittualità tra i vari livelli istituzionali. Il punto più debole del progetto di riforma è costituito dalle profonde trasformazioni che interessano il Senato, che producono un pericoloso sconvolgimento degli equilibri istituzionali. Inoltre, suscita molte perplessità l'eccessivo rafforzamento dei poteri del Capo del Governo. Ci troviamo difronte ad una riforma che modifica tutto l'impianto del sistema rappresentativo e istituzionale senza equilibrio e funzionalità.



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