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La povertà ? Dichiariamola illegale.
8.11.2004

La povertà? Dichiariamola illegale
come la schiavitù

di Vittorio Longhi
“In un mondo globalizzato, a una rapida diffusione della crescita economica di alcuni paesi corrisponde un’altrettanto rapida e più profonda diffusione delle crisi in altri. Sul pianeta ci sono circa sei miliardi di abitanti e cinque vivono nei paesi poveri o in via di sviluppo. Almeno tre miliardi di esseri umani hanno solo due dollari al giorno e sono un miliardo e 200 milioni quelli che sopravvivono con appena un dollaro”. È con questa premessa che nei giorni scorsi, a Stresa, si è svolta la seconda assemblea annuale del World political forum, dedicata alla crescita della povertà nelle dinamiche della globalizzazione. Ai lavori dell’assemblea, presieduta dall’ex presidente sovietico e premio Nobel Mikhail Gorbaciov, hanno partecipato vecchi leader politici – come Benazhir Bhutto, Butros Ghali, Lionel Jospin – e alcuni in carica di diversi paesi africani, insieme a studiosi, ricercatori ed esponenti di istituti economici internazionali.

Il forum, finanziato dalla Regione Piemonte e da alcune fondazioni bancarie, si definisce infatti un “think tank etico-sociale al servizio della pace su scala internazionale” e si propone l’obiettivo di “creare nuove regole di governance da suggerire a chi oggi è alla guida della politica e dell’economia”. Significativa, in questo senso, la presenza delle Nazioni unite che, tramite il sottosegretario all’Onu per i paesi in via di sviluppo, Anwarul Chowdhury, hanno dichiarato “apertura e disponibilità ad accogliere indicazioni in vista del prossimo summit contro povertà e fame”.

Il “think-tank” non ha portato finora a documenti conclusivi, di sintesi, o a proposte concrete, anche se sembra avere favorito una presa di posizione comune sulla crisi del modello capitalistico e sugli squilibri che continua a provocare, nel nord e nel sud del mondo, a cominciare dalla guerra. Lo stesso Gorbaciov ha voluto lanciare un messaggio politico chiaro, dichiarando più volte di condividere i principi di partecipazione e solidarietà che ispirano il forum sociale nato a Porto Alegre, ed esprimendo tutto il suo apprezzamento per le “forze sociali che da anni sono impegnate concretamente nella costruzione di un altro mondo possibile”.

Al termine dell’assemblea ha lasciato intendere che andrà al prossimo forum di Porto Alegre, a gennaio, su invito di Frei Betto, consigliere del presidente Lula. Proprio Betto ha avanzato una delle proposte più concrete, cioè quella di esportare su scala mondiale il progetto brasiliano Fame Zero: “Inviare alimenti e aiuti nei paesi più poveri è sbagliato, perché si ostacola lo sviluppo agricolo di quei paesi, si crea dipendenza e si favorisce solo la corruzione, mentre dobbiamo costringere i governi a investire nelle spese sociali e a tagliare quelle militari”.

Per Jacob Zuma, vice premier sudafricano, le condizioni in cui vivono gli abitanti di molti paesi poveri nascono soprattutto dalle responsabilità dei governi occidentali, sia attuali sia del passato. “Il sottosviluppo di gran parte dell’Africa sub-sahariana – ha detto, senza risparmiare critiche ai presenti – è dovuto principalmente alle politiche di impoverimento praticate dai vecchi Stati colonizzatori, e oggi è il debito a rappresentare la vera forma moderna di colonizzazione e di schiavitù”.

A questo proposito idee per un approccio politico davvero innovativo le ha avanzate l’economista Riccardo Petrella: “Questo forum dovrebbe chiedere alla Nazioni unite di dichiarare la povertà “illegale”, così come lo è oggi la schiavitù. Va affermata la sacralità della vita e va riconosciuta l’umanità come soggetto politico globale”. Secondo Mario Soares, ex premier socialista portoghese, “la povertà ha un rapporto diretto con il modello di sviluppo imposto da Banca mondiale, Fondo monetario e Organizzazione mondiale del commercio, e bisogna trovare la volontà politica per tornare a parlare di redistribuzione della ricchezza”. Visibilmente minoritaria la posizione dei rappresentanti della Wto, per i quali la povertà nascerebbe solo da cause naturali, come l’aridità della terra e le malattie. L’unica soluzione sarebbe quella di fare più investimenti nel sud del mondo, ricorrendo alla ricetta americana dell’“esportazione di democrazia”.

Quasi del tutto assente dal dibattito è stato il tema dei diritti del lavoro, presupposto essenziale della lotta alla povertà e allo sfruttamento. “Non se ne parla perché, nella logica dominante del capitale, il lavoro umano non è considerato più un diritto, oltre che la fonte principale di ricchezza contro la povertà, ma è ridotto a un costo, a una risorsa produttiva come le altre”, ha commentato Petrella.

Per Gianfranco Benzi, presente a Stresa per il dipartimento internazionale della Cgil, “l’approccio adottato in questo forum è essenzialmente istituzionale e non sembra cogliere fino in fondo la dimensione delle dinamiche sociali a livello internazionale, dinamiche di cui il lavoro e le organizzazioni sindacali che lo difendono sono parte integrante”. In ogni caso “è molto positiva l’apertura di dialogo che Gorbaciov ha voluto dimostrare ai movimenti e ai forum sociali – ha aggiunto Benzi –, cosa che ci incoraggia a partecipare attivamente, in futuro, per contribuite con argomenti e punti di vista utili”.

Intanto, aspettando Porto Alegre, l’ex presidente russo già lavora al prossimo appuntamento, previsto per l’inizio di marzo 2005, in cui saranno invitati altri ex-grandi del pianeta, protagonisti dell’ultimo quarto di secolo, a riflettere sullo stato del mondo a vent’anni dalla perestrojka.


(Rassegna sindacale, n. 41, novembre 2004)

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