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Ds . Le priorità sulla competitivita
3.12.2004

Riteniamo utile diffondere le proposte che il Dipartimento Economia dei DS ha predisposto per migliorare la competitività della nostra economia. Il messaggio è lungo, ma la materia merita l'attenzione di quanti hanno a cuore il nostro futuro e non solo l'immediato, facile, populistico consenso. Simona Giovannozzi- Resp. di Communitas 2002

Le priorità dei DS sulla competitività: Europa, Giovani, Imprese

L’Italia ha bisogno di un grande progetto di rilancio della ricerca. A tale proposito presentiamo le nostre proposte e le sottoponiamo alla discussione pubblica per arricchirle e se necessario anche correggerle. Oggi tali proposte costituiscono gli obiettivi per il confronto parlamentare sulla legge finanziaria, domani, con gli opportuni miglioramenti, diventeranno capitoli del programma del nuovo governo di centrosinistra.

Non è necessario dilungarsi in questa sede sul bilancio disastroso dell’attuale governo. Il giudizio lapidario del commissario europeo Busquin sull’Italia - “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire” – dice l’essenziale. Si possono aggiungere alcune cifre come promemoria. Nell’ultimo anno il nostro paese ha diminuito la spesa in ricerca del 5.3%. E’ il taglio più forte nell’Europa dei 25, realizzato da un paese che si trova già nelle ultime posizioni e quindi dovrebbe al contrario risalire la china. Nell’università negli ultimi tre anni la spesa è apparentemente aumentata del 2.5%, ma se consideriamo l’inflazione è nella sostanza diminuita bruscamente. E questo proprio nel momento in cui l’università mostra una grande vitalità, con aumenti degli immatricolati e ritorni agli studi di giovani che l’avevano abbandonata o non l’avevano scelta all’uscita dalla scuola. Si strangola nella culla un possibile rilancio della nostra formazione superiore. Per memoria corre l’obbligo di precisare che i governi dell’ulivo nel triennio finale aumentarono la spesa del 12.4%. Come logica conseguenza di tutto ciò l’Italia è precipitata in soli tre anni dal 25° posto al 46° della graduatoria internazionale della competitività. Che altro poteva succedere?

Siamo vicini al punto di rottura del sistema. L’editoriale dell’ultimo numero della prestigiosa rivista Nature è dedicato alla crisi della ricerca italiana e si conclude con questo ammonimento: “Perfino una tradizione robusta può collassare se viene trascurata troppo a lungo” (www.nature.com/naturematerials).

A forza di tagliare si rischia di produrre guasti irreversibili. Le colonne portanti del nostro sistema della conoscenza scricchiolano ormai da diversi anni. Potrebbero crollare, can collapse dice Nature.

La nostra proposta nasce da qui, dalla necessità di intervenire in emergenza sulle colonne che scricchiolano, prima per contenerle e poi per irrobustirle, facendole diventare i punti di forza del sistema. Proprio dove oggi è massima la crisi, si devono costruire le basi del rilancio. Le colonne da curare prima di ogni altra cosa sono tre: l’Europa, i giovani, le imprese. Da qui si deve ripartire, con l’impegno di una grande priorità nazionale. L’Italia non può permettersi piccoli passi. E’ in gioco il suo futuro e il rango di grande paese. E’ necessario impostare le condizioni per un grande balzo in avanti che ci consenta di recuperare in breve tempo le posizioni perdute. Ci vuole il balzo della rana per la ricerca italiana.

(Nel testo sono indicati i numeri degli emendamenti alla finanziaria presentati dal gruppo DS alla Camera)

EUROPA

Non ce la faremo da soli. E’ vitale per l’Italia agganciare il treno europeo. Quello che rimane di buono della nostra ricerca di base potrà avere un futuro solo se lo integriamo con i grandi centri di ricerca continentali e insieme giochiamo un ruolo nella competizione tecnologica internazionale. L’attuale governo ha sfilato l’Italia da tutte le partite comunitarie più importanti. Bisogna invertire la marcia e tornare ad essere il paese che tira di più nel mettere in comune le risorse con i nostri partner europei.

1 – Consiglio europeo delle ricerche – La Commissione ha proposto di costituire una struttura comune per la ricerca di base, integrando i grandi laboratori nazionali Se ne discute approfonditamente nelle principali cancellerie. La presidenza olandese ne ha fatto la sua priorità. L’ultimo vertice anglo-francese-tedesco l’ha inserita nel documento finale. Il governo italiano si rifiuta di partecipare. E’ semplicemente demenziale. Chiediamo che non solo l’Italia sia in prima fila nel progetto, ma sia il primo paese a stanziare un congruo finanziamento (30.039). In questo modo avremo voce in capitolo per discutere l’impostazione del progetto e dare una prospettiva positiva agli interessi nazionali. Il rilancio dei nostri enti e in primis del CNR deve essere impostato proprio nella prospettiva di integrazione europea dei grandi centri di ricerca fondamentale.

2 – Frontiere tecnologiche – Per non perdere il passo della competizione internazionale occorre posizionarsi nelle ricerche di avanguardia. Su questo si gioca la qualità del nostro sistema. Occorre perciò concentrare risorse aggiuntive rispetto ai fondi ordinari su poche priorità, con particolare riferimento alle nostre vocazioni. Proponiamo di finanziare alcuni progetti straordinari nei settori della biomedicina, dello spazio, delle nanotecnologie e della scienza dell’informazione (30.042). Non si tratta di inventare nuovi strumenti, ma di utilizzare le procedure concorsuali vigenti per allocare finanziamenti nei migliori centri di ricerca italiani. Le procedure di evidenza pubblica devono valere anche per l’IIT che sembra essere l’unica fonte di finanziamento in Europa a scegliere in modo discrezionale i laboratori da sostenere (30.024).

3. Infrastrutture di ricerca – L’Italia vanta una tradizione importante in questo campo. Basti pensare al Cern e ai laboratori del Gran Sasso. Oggi non c’è alcun programma finanziato per realizzare nuove infrastrutture e anzi rischiamo di uscire dagli accordi internazionali. Clamoroso è il caso del sincrotrone di Grenoble per il quale il governo italiano è moroso, non avendo pagato neppure la retta annuale. Perfino i piccoli laboratori non riescono a rinnovare da molto tempo la strumentazione necessaria per realizzare gli esperimenti. Proponiamo di costituire un fondo speciale per pagare i debiti pregressi e per rafforzare le infrastrutture di ricerca con le seguenti priorità: nanotecnologie e scienza dei materiali, cambiamenti climatici, postgenomica, calcolo parallelo e reti scientifiche, partecipazione alle infrastrutture europee, dotazione strumentale dei laboratori (30.028 e 30.041). Inoltre, in seguito ai tagli di bilancio i nostri gruppi di ricerca trovano difficoltà a reperire le risorse per il cofinanziamento, requisito essenziale per vincere un bando europeo. Proponiamo, quindi, di istituire un fondo specifico per sostenere la partecipazione dei gruppi italiani che risultano vincitori dei bandi europei (30.035). Lo smantellamento dell’Infm ha privato l’Italia di un ente ben piazzato nei progetti europei. Siamo ancora in tempo per ricostituirlo come istituto nazionale, facendolo lavorare in convenzione con il Cnr (30.037, 30.029).

4. Europa nello spazio – E’ partito il progetto Galileo, ma il governo tiene ancora i soldi nel cassetto; proponiamo di sbloccare 180 milioni di euro gia stanziati dall’ulivo per aiutare la nostra industria a competere sulle tecnologie satellitari (29.0125 e 29.065). Sono partiti gli studi per due grandi progetti satellitari, uno per eliminare il digital divide nei territori non connessi alla rete e l’altro per l’osservazione della terra a fini ambientali. Il governo si rifiuta di partecipare ad entrambi, ipotizzando satelliti nazionali in un vero e proprio delirio autarchico. Proponiamo di stanziare fondi per partecipare fin dall’inizio ai progetti Digital Divide e GMES (27.061 e 25.073). Queste iniziative renderebbero più forte l’industria nazionale nelle alleanze che si vanno formando tra i grandi gruppi europei (29.042).

5. Mezzogiorno in Europa – Il balzo in avanti della ricerca italiana deve avere come luogo privilegiato il sud del paese. La creatività e l’inventiva del meridione costituiscono la materia prima per lo sviluppo della economia della conoscenza. Molti esempi internazionali dimostrano che zone depresse possono diventare punti alti della competizione tecnologica mondiale, saltando, come una rana appunto, le fasi industrialiste e approdando direttamente alle tecnologie più avanzate. Con un pacchetto mirato al Mezzogiorno proponiamo un percorso credibile per compiere tale salto: poli tecnologici collegati alle università meridionali, assunzioni di giovani ricercatori, qualificazione dei contratti di programma con una quota di almeno il 20% dedicata alla ricerca, credito d’imposta per aggregazioni di imprese che investono nella ricerca (al 100% per la ricerca fondamentale, al 50% per la ricerca industriale, 5% per attività di sviluppo). Tali interventi sono inseriti nel contesto di una promozione internazionale del Mezzogiorno incentivata da fondo speciale per fare del Mezzogiorno la Sponda Sud dell’Europa (29.053, 28.02, 36.031, 28.05, 29.012, 28.08).





GIOVANI

1. Seimila giovani ricercatori – Dopo tre anni di blocco delle assunzioni i nostri migliori scienziati abbandonano l’Italia oppure cambiano mestiere. Intanto l’età media dei ricercatori si avvicina ai cinquanta anni. Rischiamo di disperdere una generazione di talenti con un danno che si farebbe sentire nel futuro. Occorre riaprire le porte delle università, dei centri di ricerca e delle imprese alle nuove generazioni. Un fondo speciale, a nostro avviso, deve finanziare l’assunzione di seimila giovani ricercatori. (15.45 e 15.28).

2. Università in crescita – Bisogna aiutare il positivo fenomeno di ripresa delle iscrizioni dei giovani agli studi superiori. Il vero gap italiano continua ad essere il basso numero di laureati, la metà della media europea. Se vogliamo superarlo non dobbiamo far mancare le risorse all’università, proprio nel momento in cui essa mostra una nuova vitalità. Bisogna concedere ad essa anche una tregua normativa. Il governo la smetta di cambiare continuamente le regole. Si dia un tempo congruo all’applicazione delle riforme e poi si faccia un bilancio serio e si apportino le correzioni necessarie. La si smetta anche di offendere i ricercatori collocandoli in un ruolo ad esaurimento. Non si può dire a ventimila ricercatori non abbiamo bisogno di voi. Soprattutto non lo si può dire in un paese come il nostro che ha la metà dei ricercatori rispetto all’Europa. Si valorizzi il loro lavoro e si riconosca la funzione docente a quelli che già la svolgono (2.12, 2.17, 7.3, 7.4, 15.29, 15.30, 15.50, 16.52, 16.97, 16.98, 16.017, 16.6, 16.030, 27.0.135, 27.06, 36.392)

3. Più forza alla ricerca pubblica – E’ tempo di superare il fossato che si è creato tra Enti di ricerca e università. Ciascuno ha bisogno di ciò che possiede l’altro. Gli Enti hanno bisogno dei giovani che si trovano all’università. D’altronde, molto spesso i gruppi di ricerca universitari non possiedono la massa critica necessaria e possono trovarla integrandosi con i laboratori degli Enti. Introduciamo quindi la nuova figura del consorzio volontario tra Enti e università per i diversi filoni di attività con forti agevolazioni all’integrazione (30.043, 30.044). Inoltre, stabiliamo il principio che per ciascuna unità di ricerca ci deve essere un finanziamento minimo dell’attività di ricerca (30.0.26). La dottrina del finanziamento zero, che si è sviluppata negli ultimi anni come una presunta efficienza, costituisce in realtà un enorme dispendio di risorse. Infatti, dovendo pagare comunque lo stipendio al ricercatore, soprattutto giovane, è uno spreco non utilizzare pienamente le sue capacità in attività di ricerca.

4. Erasmus e Marco Polo – Una nuova generazione di europei ha maturato ormai l’esperienza di studiare nei diversi paesi. E’ uno dei processi più intensi di formazione della cittadinanza europea. L’Italia è in ritardo, sia per gli studenti che vanno sia per quelli che vengono. Occorre finanziare attività mirate ad accrescere gli scambi sia in entrata sia in uscita (16.017). E non solo nel nostro continente. Ad esempio, gli studenti cinesi in Italia sono circa un migliaio, mentre in Germania sono trentamila. Tali differenze non potranno non pesare in futuro sugli scambi economici. Non solo più Erasmus, quindi, si deve aggiungere anche il progetto Marco Polo per facilitare lo scambio di studenti con il resto del mondo ed in particolare con l’Asia (16.16).

5. Creatività giovanile – E’ ormai la risorsa più importante per lo sviluppo dei territori. Proponiamo un bando nazionale per premiare e sostenere i progetti urbani di creatività (PUC) che favoriscano la libera espressione artistica, la ricerca scientifica e la produzione tecnologica dei giovani (25.074, 27.071, 24.01). Riproponiamo inoltre la carta di credito formativo (27.04), la diffusione dell’open source nella ricerca e nella formazione (30.059, -24.12, 27.12), e gli aiuti ai paesi in via di sviluppo per la lotta al divario digitale (27.0134). Particolare attenzione conferiamo ad incentivi per l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro (28.01, A.140, D.38, 27.56, D.38, 30.032, 36.315). Le giovani donne italiane raggiungono i risultati migliori negli studi, sopra i livelli europei, e presentano il più basso tasso di attività in Europa. Fino a quando la nostra economia continuerà e privarsi della sua risorsa migliore?







IMPRESE

E’ ormai ampiamente riconosciuto che la perdita di competitività dipende per gran parte dall’arretratezza tecnologica del nostro sistema produttivo, caratterizzato da un investimento in ricerca quasi tre volte inferiore alla media europea. Non è solo la conseguenza dell’alto numero delle piccole imprese. E’ stato dimostrato che le nostre imprese, a parità di settore merceologico e dimensionale nel confronto europeo, presentano una propensione nettamente minore a fare ricerca. Si tratta di problemi più profondi e strutturali che vanno affrontati con politiche costanti nel lungo periodo. Certo non aiuta il crollo degli incentivi per la ricerca. Nell’ultimo anno i due fondi disponibili sono diminuiti rispettivamente del 50 % il FIT e del 70 % il FAR. Occorrono delle politiche mirate per aiutare a innalzare il livello tecnologico delle nostre imprese.

1. Quando ricerca pubblica e impresa si danno la mano – Vanno aiutate con incentivi fiscali le convenzioni dei privati con enti e università. Sono i momenti più efficaci per il trasferimento tecnologico e la diffusione delle competenze (30.032). Proponiamo di cancellare l’Irap per l’assunzione di ricercatori (36.394) al fine di innalzare le competenze tecnologiche delle aziende. In tal modo si dovrebbe dare uno sbocco ulteriore ai dottorati di ricerca verso il sistema produttivo, rafforzando così questo titolo, oggi utilizzato solo per la carriera universitaria. Va inoltre rimossa l’assurda norma tremontiana sui brevetti che ha causato il blocco dei finanziamenti delle imprese alle università (16.010).

2. Nuove imprese tecnologiche – Possono essere create dalle esperienze più avanzate della suddetta collaborazione. Proponiamo un meccanismo, simile allo SBIR (Small Business Innovation Research) americano, che finanzia su base concorsuale lo studio di fattibilità e il prototipo di nuovi prodotti ad alto contenuto tecnologico. Si premiano così iniziative volte a creare aziende capaci di mettere sul mercato nuovi prodotti a partire da un’innovazione scientifica. Vengono finanziati gruppi costituiti da università e centri di ricerca con piccole imprese (29.04).

3. Imprese nella Rete – I dati recenti di Assinform denotano una scarsa utilizzazione delle tecnologie informatiche nel ciclo produttivo. Certo i computer sono ormai entrati in azienda, ma solo in piccola misura si utilizza Internet per reingegnerizzare l’organizzazione produttiva. E questo ritardo rispetto agli altri paesi è ritenuto una delle cause principali del calo di produttività italiano degli ultimi anni. C’è un vero e proprio divario digitale imprenditoriale che va superato rapidamente. Non si tratta solo di incentivare l’acquisto di informatica, ma di aiutare le piccole imprese a compiere il salto tecnologico. Vengono incentivati centri servizi informatici, attività di formazione e diffusione della banda larga per i distretti (29.051, 29.052, 27.012, B.181, 27.58, B.180, 6.120, 27.54, 6.118, 6.119 27.067, 27.070, 27.069). In generale si tratta d aiutare le imprese ad innestare le conoscenze moderne sull’antico saper fare. Inoltre, si propone il rilancio dell’investimento pubblico per l’e-government come volano di innovazione tecnologica ed efficienza della pubblica amministrazione (31.13, A.142, A.143, A.182, 27.068).

4. Ricerca di energia rinnovabile – Non solo abbiamo una completa dipendenza energetica dal petrolio, ma è ancora più grave la mancanza di qualsiasi programma nazionale di ricerca in campo energetico. Proponiamo di rilanciare l’Enea su tale obiettivo (29.0129), con un finanziamento costante nel tempo e determinato dalla eliminazione di un vecchio equivoco italiano. Dal 1992, infatti circa 50 mila miliardi di vecchie lire sono stati riconosciuti ai petrolieri facendo passare come fonti rinnovabili le lavorazioni sugli scarti del petrolio, tramite il cosiddetto meccanismo Cip 6. Mettendo fine a questa storia, i soldi pagati dagli utenti in bolletta verrebbero restituiti per metà in termini di riduzioni tariffarie e per l’altra metà andrebbero a finanziare il programma di ricerca nazionale sulle fonti rinnovabili e sull’idrogeno.

5. Ricerca biomedica e salute – La ricerca in campo biomedico e farmaceutico ha una tradizione importante nel nostro paese, ma rischia di perdere colpi sotto il peso della competizione internazionale. Proponiamo l’istituzione di un Fondo per la ricerca di base per sostenere progetti di alto contenuto scientifico e di forti implicazioni per la salute dei cittadini. Obbiettivi prioritari sono la proteomica e la farmacogenomica, gli studi sull’invecchiamento e le patologie croniche, la ricerca tissutale e i presidi biomedicali. Infine, proponiamo di aumentare le risorse verso gli enti pubblici che fanno ricerca biomedica dall’ISS agli IRCCS e all’Ente europeo EBRI (Subemendamento all’em, 22.143, 22.114, 36.306, tab A.39, Tab A.40, Tab A.151, Tab B.261, Tab C.91, Tab C.92, Tab C. 93, Tab C.94).




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