16.12.2004
Morire di carcere. Il caso Lonzi
Il carcere è diventato da tempo un deposito di “vite a perdere”: tossicodipendenti, immigrati, senza dimora, disagiati psichici. Forse per questo, troppo spesso vi avvengono morti considerate leggere come piume. Quella di Marcello Lonzi, 29 anni, rischia di essere una di queste. Tossicodipendente, detenuto per tentato furto, con soli 4 mesi di reclusione ancora da scontare, il suo corpo è stato rinvenuto l’11 luglio 2003, riverso in un lago di sangue sul pavimento della cella numero 21, sezione sesta, padiglione “D” del carcere Le Sughere di Livorno.
Pochi giorni fa, il 10 dicembre 2004 è arrivata la parola giudiziariamente conclusiva: il GIP ha archiviato il caso. Abbiamo fiducia nella correttezza formale della sua decisione, anche perché questo stesso giudice, nel settembre scorso, aveva respinto una prima e immediata richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero. In seconda istanza, la richiesta è stata invece accolta, poiché gli elementi raccolti sarebbero serviti «a escludere ipotesi diverse da quelle che riconducono la morte del Lonzi a cause naturali». Nell’autopsia il medico legale parla di «un’aritmia maligna instauratasi su una ipertrofia ventricolare sinistra».
Una conclusione che non pare però sufficiente ad allontanare tutti i dubbi, e le domande sono molte, come scrive la testata d’informazione locale che ha riepilogato il caso: «Le ricostruzioni della vicenda che si susseguono scandiscono una cronologia dei fatti che apre una serie di interrogativi» (“Il Tirreno”, 10 dicembre 2004).
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Noi, nel rispetto delle decisioni del GIP di Livorno, conserviamo un dubbio, dopo aver visionato le foto del cadavere,.............................. . ...................................................
Non ci sembrano sufficienti e convincenti le risposte del ministro della Giustizia ad alcune interrogazioni avanzate da parlamentari di opposizione nei mesi scorsi, ..................................
Noi speriamo e chiediamo che ai dubbi che questa vicenda lascia in molti vengano date risposte nette da parte di chi ne ha il potere e il dovere istituzionale.
Per parte nostra, lavoreremo affinché vi sia informazione piena e corretta sulla vicenda, valutando al contempo la possibilità di un esposto o ricorso presso la Corte europea sui diritti umani. Ci aspettiamo un'informazione piena da parte dei media e chiediamo a tutti adesioni a questa richiesta.
(scrivere a gruppoabele.milano@fastwebnet.it)
Sergio Segio (Gruppo Abele di Milano), Patrizio Gonnella (Coordinatore nazionale di Antigone), Franco Corleone (Garante dei diritti dei detenuti di Firenze), Ornella Favero (Ristretti Orizzonti)
Milano, 13 dicembre 2004
Welfare Italia
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