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Contro il fumo piu' ironia e meno crociate. di A:Camilleri
30.01.2005

HO LETTO CON PIACERE UN ARGUTO INTERVENTO DI ANDREA CAMILLERI SULLA LEGGE
ANTIFUMO. SPERO DI FARVI COSA GRADITA NELL'INVIARLO.
                   Giovanni Frazzica


Contro il fumo più ironia meno crociate

Ho cominciato a fumare «legalmente», lo stesso giorno che ho compiuto
diciotto anni. I miei compagni di liceo già fumavano però io, malgrado ne
avessi gran voglia, non li seguivo nel bagno perché non mi piaceva farlo
di nascosto, volevo godermi la mia sigaretta non come un congiurato ma in
pace e alla luce del sole. Da allora non ho mai smesso, continuo a fumare,
ancor oggi che ho superato i 79 anni.
Riconosco senza difficoltà che quello del fumo è un vizio stupido
(esistono vizi intelligenti?), del quale farei volentieri a meno. Premesso
questo, devo dire con tutta franchezza che non mi piace per niente com'è
stata condotta la campagna antifumo in Italia e ancor meno la relativa
legge. Soprattutto per il tono da santa crociata, estremista, di un
isterismo di stampo puritano statunitense che non ci appartiene, destinato
ad aumentare di livello nei giorni che seguiranno alla promulgazione della
legge. Il fatto stesso che i gestori dei ristoranti e dei bar siano
obbligati alla denunzia del cliente che fuma rivela il segno persecutorio
della legge, il suo sottaciuto (ma poi non tanto) intento di caccia alle
streghe, di «dalli all'untore».
E le crociate, credetemi, sono contagiose come il morbillo. Un esempio?
Proprio ieri un lettore scriveva a un diffuso quotidiano chiedendo la
proibizione della vendita dei popcorn nei cinema. Mi sono domandato,
sgomento, se si erano verificati casi di popcorn passivo. No, il lettore
chiedeva perentoriamente che ne fosse vietata la vendita perché hanno «un
nauseabondo odore» e producono, sgranocchiati, «un molesto rumore». Mi
unisco alla crociata di quel lettore e ne bandisco un'altra: a quando il
veto alla circolazione di motorini e automobili che, com'è noto, fanno un
«molesto rumore» e un «nauseabondo odore»? Oltretutto inquinano l'aria: è
stato calcolato che stare una giornata in mezzo al traffico di una grande
città equivale a fumare quindici sigarette. Come la mettiamo? E non mi
piace nemmeno l'ipocrisia di uno Stato che con una mano descrive su ogni
pacchetto i mortali effetti del fumo e con l'altra intanto intasca la
percentuale dai fabbricanti di sigarette (o meglio, dai fabbricanti di
morte, se le cose stanno così), attraverso l'applicazione del bollino
fiscale sullo stesso pacchetto. Se non ricordo male, tra le ragioni che
promossero la legge Merlin sull'abolizione delle case chiuse c'era quella
che lo Stato non poteva lucrare, con la pesante tassa che i gestori delle
case annualmente pagavano, sullo sfruttamento della prostituzione. E
allora? Può uno Stato lucrare sul rischio di morte dei suoi cittadini?
Dovrebbe proibire la coltivazione del tabacco e la fabbricazione e l'
importazione delle sigarette, abolire le tabaccherie. Mettere cioè fuori
legge il fumo, non i fumatori.
Ad ogni modo, prevedo tempi sempre più bui per noi superstiti viziosi.
Sull'ondata americana che non fa più vedere nei film attori che fumano,
sarà vietata la «Carmen» perché la protagonista è una sigaraia? Saranno
opportunamente cancellate le sigarette e i sigari e le pipe dai dipinti e
dalle sculture come una volta pudicamente asportavano il sesso dalle
statue o lo coprivano con una foglia di fico?
Una quindicina d'anni fa, a Rio de Janeiro, entrato in un bar e bevuto un
caffè, stavo per accendermi una sigaretta quando vidi una scritta
incorniciata che suppergiù diceva così: «A te piace fumare. Fumi e mi
butti in faccia il fumo, cioè il residuo del tuo piacere. A me piace bere
birra. Che ne diresti se ti versassi in faccia il residuo del mio piacere,
cioè il mio piscio?». Andai a fumare fuori. Quell'ironica scritta aveva
fatto più effetto di un «Vietato fumare» scritto a caratteri cubitali.
Vogliamo rifletterci?

Andrea Camilleri

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