7.02.2005
GLI EFFETTI COLLATERALI DELLE PRIMARIE PUGLIESI
Il popolo dell’Alleanza Democratica rivendica maggiori spazi di partecipazione e chiede ai partiti del suo schieramento la costruzione di una coraggiosa e credibile alternativa al berlusconismo con l’accantonamento delle rivalità , delle pretese egemoniche e degli eccessi di protagonismo che ostacolano o ritardano il cammino intrapreso. E’ questo il vero messaggio delle elezioni primarie pugliesi e del voto in favore di Nichi Vendola. Dopo un tortuoso ed inconcludente tentativo dei gruppi dirigenti del centrosinistra di individuare il candidato a Presidente della Regione, queste primarie, pensate forse come la sola possibile via d’uscita da una situazione di stallo, sono diventate una provvidenziale terapia anche se accompagnata purtroppo, almeno in questa prima fase, da effetti collaterali che arrecano amarezza e sorpresa.
Come si può infatti, in vista delle prossime elezioni politiche, prima invocare le primarie come la strada maestra per la scelta del candidato alla Presidenza del Consiglio e poi, a fronte dell’esito non previsto della recente sperimentazione regionale di tale consultazione, cambiare opinione dall’oggi al domani per ragioni chiaramente di bottega? E come è possibile offendere le più elementari regole della democrazia ed il comune buon senso avanzando la pretesa che le primarie si svolgano con un solo candidato in palese contrasto con la loro stessa ragion d’essere? Non è forse insensato sostenere che per candidarsi a queste elezioni si deve avere un programma alternativo a quello degli altri concorrenti quando le primarie, per la loro storia e la loro natura, sono uno strumento per la selezione di un candidato da individuare tra gli aspiranti a tale ruolo appartenenti allo stesso schieramento politico e accomunati ovviamente, nella diversità delle loro personalità e dei loro apporti, dalla condivisione delle ragioni ispiratrici e delle scelte di fondo del comune progetto? Ed ancora: perché rinviare a dopo le elezioni regionali la decisione definitiva sulle primarie ed in pratica l’avvio del lavoro per la definizione delle linee programmatiche? E come non rendersi conto che per un elettorato ormai maturo ciò che rileva non è la maggiore o minore visibilità di questo o quel partito o il grado di protagonismo di questo o di quel personaggio ma i contenuti e la forza delle proposte che si confrontano e la qualità dei contributi al programma unitario?
Le fibrillazioni e le polemiche di questi giorni sono davvero effetti indesiderati di una scelta positiva che vanno rapidamente rimossi perché la cura di cui la GAD ha bisogno, quella appunto di un ritorno alla base e di un rilancio della partecipazione, possa dispiegare tutta la sua benefica azione. E sì, perché proprio l’adozione del metodo della partecipazione può essere un caratterizzante punto di forza dell’alternativa al governo delle destre segnato da un verticismo personalistico che, vanificando il confronto e mortificando le differenze, tutto appiattisce e tutto sclerotizza. La partecipazione quindi come linfa vitale della costruzione dell’alternativa oggi e, se l’esito delle elezioni lo consentirà , dell’azione di governo domani. Una scelta che faccia fare un passo indietro ai vertici ed agli apparati ed un passo avanti alla base dei partiti e che favorisca il protagonismo delle forze vive della società civile, del sindacato, dei movimenti e dell’associazionismo democratico nelle sue diverse articolazioni ed espressioni.
Il Paese ha urgente bisogno di liberarsi da questo governo che ci ha spinto dentro le logiche e le tragiche conseguenze di una guerra insensata, che sta impoverendo fasce sempre più larghe di popolazione, che accresce i privilegi ed aggrava le disuguaglianze come dimostrano anche gli effetti della cosiddetta riduzione delle tasse, che precarizza e mortifica il lavoro e che giorno dopo giorno ci fa trovare con meno sicurezza, meno sanità , meno scuola, meno servizi. Il Paese ha bisogno di una politica estera di pace, di un impegno che fermi una revisione costituzionale che può demolire la struttura portante della nostra democrazia, di una politica economica che favorisca lo sviluppo puntando sulla qualità della produzione come frutto della ricerca e dell’innovazione, di misure che restituiscano dignità e tutele al lavoro, della riscoperta del ruolo correttivo ed incentivante dell’intervento pubblico e di una politica di redistribuzione del reddito rispettosa del principio di progressività fiscale. A questi bisogni ed a queste attese il centrosinistra, seppellendo le diatribe interne, deve dare adeguate risposte per presentarsi con le carte in regola ad un appuntamento decisivo per il futuro del Paese.
Brindisi, 31 gennaio 2005
Michele DI SCHIENA
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