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La dolce lingua a Zurigo
16.02.2005

"La dolce lingua" a Zurigo: mostra e momento di riflessione

ZURIGO - Un'esposizione ma anche un momento di riflessione sull'importanza dell'italiano in Svizzera: questo il convincimento dei rappresentanti politici italofoni che hanno presentato oggi a Zurigo l'esposizione "La dolce lingua: l'italiano nella storia, nell'arte, nella musica".

La mostra, che potrà essere visitata fino al 29 maggio al Museo nazionale di Zurigo, è stata ideata dalla società Dante Alighieri ed è sostenuta tra gli altri dai Dipartimenti dell'educazione e della cultura dei cantoni Ticino e Grigioni.

Nella conferenza stampa di presentazione il direttore del Dipartimento ticinese dell'educazione, della cultura e dello sport (DECS) Gabriele Gendotti ha parlato della mostra come un "ponte ideale": per i visitatori di lingua italiana è un percorso alle proprie origini, mentre per gli altri svizzeri è un invito a rimanere fedeli a un modo di convivere e a un modello politico al quale l'Europa ha sempre guardato con ammirazione.

Nel testo scritto del suo intervento all'inaugurazione, il presidente del consiglio di Stato ticinese paragona due affermazioni sul ruolo dell'italiano in Svizzera fatte a distanza di quasi due secoli. Quasi 150 anni fa, al momento della fondazione del Politecnico di Zurigo, l'allora consigliere federale Stefano Franscini sottolineava la "saggezza dei supremi Consigli" che avevano "voluto che le tre nazionalità fossero reppresentate" così che "i ticinesi avrebbero potuto ascoltare la voce pur di un insigne esponente d'Italia".

"A chi oggi afferma che 'la conoscenza delle altre lingue è una ricchezza per chi la possiede e non il cemento di una nazione' - scrive Gendotti, citando un passaggio dell'opinione "controcorrente" espressa nelle scorse settimane dal granconsigliere PLR Mauro Dell'Ambrogio sulla stampa ticinese - rispondiamo che se la coesione significa anche la capacità di capirsi gli uni con gli altri, la lingua ne è uno strumento essenziale ..."

Al pari di Gendotti, anche il suo omologo grigionese Claudio Lardi ha sottolineato "il delicato momento che sta attraversando la nostra bella lingua italiana". Il direttore del Dipartimento grigionese dell'educazione e della cultura ha auspicato che "questo promettente appuntamento possa trasformarsi in una piattaforma di dibattito pubblico", per "ribadire il valore dell'italiano quale lingua di grande cultura non solo del passato, bensì pure del presente e del futuro".

Achille Casanova, intervenuto nel suo ruolo di vicecancelliere responsabile dei servizi linguistici della Confederazione e di presidente della Consulta culturale italo-svizzera, ha colto lo spunto per alcune considerazione "sulla situazione dell'italiano ma anche dell'italianità in Svizzera".

Confrontando i dati del censimento del 1970 con quelli del 2000, si arriva alla conclusione che se "in Ticino e nelle valli meridionali dei Grigioni la lingua italiana non è minacciata, essa rischia quasi di scomparire nella Svizzera tedesca e in quella romanda". La situazione "non è molto migliore" nemmeno nell'amministrazione federale, dove la presenza di italofoni nelle funzioni direttive della Confederazione è notevolmente diminuita.

Anche Casanova ha ricordato i temi di attualità legati al ruolo dell'italiano in Svizzera: dalle discussioni sull'insegnamento dell'inglese nella scuola dell'obbligo, ai propositi di trasformare la cattedra di lingua e cultura italiana del Politecnico di Zurigo in una cattedra di scienze umanistiche, fino alla recente rinuncia alla cattedra d'italiano all'Università di Neuchâtel.

Per concludere con la consolazione che "se la situazione dell'italiano è insoddisfacente, non significa che l'italianità stia altrettanto male". Al contrario - ha detto Casanova - "io credo che in Svizzera l'italianità sia più che mai in voga". Basti pensare al cinema, alla cultura in generale, alla moda o alla cucina.

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