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Inchiesta. Gli adolescenti e la cannabis
21.02.2005

INCHIESTA: “GLI ADOLESCENTI E LA CANNABIS”
Da Le Nouvel Observateur
Cannabis, una droga non così dolce...
Traduzione a cura di Paola Palazzini
La legge francese sugli stupefacenti risulta fra le più repressive d’Europa. Ciò nonostante a 18 anni un giovane su due ha già “fumato”. L’hashish oggi è “un prodotto consumato abitualmente”. Oppure, secondo il parere degli esperti, può destabilizzare le personalità fragili. Occorre demonizzarlo come si impegna a fare il governo? Quando comincia l’abuso? Come parlarne agli adolescenti e aiutarli ad uscirne? Inchiesta

La cannabis, settimana dopo settimana, viene prelevata dal suo nascondiglio dietro le gabbie di polli in un camion vicino a Montpellier, in un magazzino della Cornovaglia, all’interno di barche, a vela o a motore, nei barili di pasta per modellismo destinata ai Paesi Bassi… Quando si leggono le circostanze relative ai sequestri effettuati dalla polizia, o alle dogane, si tratta di poesia pura. Ma anche il segno di un traffico sacro. 50 mila tonnellate provenienti soprattutto dal Marocco, primo produttore mondiale, che servono per soddisfare il desiderio di paradisi artificiali degli adolescenti europei.
Per il Marocco si tratta di molto denaro: 10 miliardi di Euro. Da noi, tutto questo si traduce con maggiori mal di testa per il ministro della Sanità, stress per il ministro degli Interni e capelli bianchi per molti genitori. L’aumento dell’1,57% di consumatori ogni anno, a partire dal 1991, significa un sacco di gente. La percentuale di quelli che almeno una volta nella loro vita hanno fumato uno spinello è raddoppiata in dieci anni. A 18 anni questo è il caso per il 66% dei ragazzi e per il 52% delle ragazze. A questa età, un giovane su 5 fuma regolarmente cannabis a fronte di un terzo delle loro coetanee che risultano quindi meno dedite alla sostanza.

Tuttavia la legge francese, che risale al 1970, risulta essere una delle più severe d’Europa assieme a quella svedese. Così severa da perdere completamente di vista la capacità di presa sulla realtà: non si mettono in prigione i 3 o 4 milioni di giovani che hanno fumato almeno una volta nella vita, e neanche gli 850 mila fumatori abituali, coloro che consumano più di 10 spinelli al mese. Quindi si transige, ci si arrangia. La polizia entra in contatto solo con una piccola parte di questo mondo – 125 mila nel 2003; gli sfortunati che la giustizia riesce ancora a condannare, più o meno ogni anno, arrivano a malapena alle duecento unità. Ma tutto questo non crea una politica. Sicuramente non una politica di salute pubblica. Tutto ciò mentre il governo lancia una campagna di prevenzione a colpi di spot televisivi che mettono in scena dei “pentiti”, e si appresta a mettere a punto nuove misure giudiziarie.

Alan Morel, medico, segretario generale della “Federation Française d’Addictologie” (Federazione Francese sulle Tossicodipendenze), che fa con regolarità consulenze a Boulogne-Billancourt, dove cerca di aiutare coloro che sono assuefatti allo spinello, s’inquieta di fronte ai discorsi “demonizzanti” che alcuni oggi fanno. Nell’esagerare troppo i pericoli della cannabis – rischio di schizofrenia in alcuni soggetti, passaggio ad una droga pesante come l’eroina – si annulla, dice Morel, l’efficacia di un messaggio di prevenzione che d’altronde è necessario. “E’ controproducente. I giovani ai quali il messaggio è rivolto sanno molto bene che tutto ciò non corrisponde a quello che essi vivono. ” Egli sa, come del resto tutti gli altri esperti come lui, che la cannabis conduce alla dipendenza molto raramente e che il consumo viene abbandonato nella quasi totalità dei casi quando si arriva all’età adulta. Oltre i 40 anni non rimangono ormai che pochi sballoni fumatori di hashish impenitenti. “Mentre l’alcool e il tabacco sono sostanze che vengono consumate per molto più tempo. ” Si sa anche che gli amanti della cannabis sentono raramente il bisogno di provare un altro tipo di droga illecita, cosa che, per esempio, non vale per i consumatori di ecstasy che sono ben più portati a sperimentare tutto ciò che di nuovo la chimica propone loro. No, quello che preoccupa Alain Morel è prima di tutto la sempre più precoce età in cui si arriva al consumo. Due anni dopo la prima sigaretta arriva il primo spinello. Ciò non è necessariamente grave: una grande maggioranza sperimenta la cosa, rinnova l’esperienza di tanto in tanto e tutto finisce lì. Ma per coloro che iniziano il consumo in tenera età a volte insorgono problemi. Soprattutto quando si associano tabacco, alcool e cannabis, come in effetti accade quasi sempre fra i consumatori veramente abituali. Il mix di queste sostanze, a 13 o 14 anni, non ha nulla di innocente. Ci sono ragazzi che fumano spesso la mattina, prima dell’inizio delle lezioni. Questi possono perdere il piacere dello studio, marinare la scuola, rimanere chiusi in casa e non interessarsi a niente. A volte possono avere dei problemi di memoria o una maggiore tendenza al suicidio rispetto agli altri. Possono avere degli eccessi di violenza quando un genitore, con la sua presenza o le sue domande, fa scoppiare la bolla protettrice che lo spinello ha loro assicurato. Un consumo troppo ripetuto, troppo quotidiano, troppo legato a certi momenti della giornata costituisce un segnale d’allarme che non deve essere assolutamente trascurato. E inoltre, aggiunge Alan Morel, talvolta si possono fare delle esperienze negative. Il “brutto viaggio” dovuto alla cannabis esiste. Un’angoscia profonda che vi cade addosso senza preavviso. Tutto ciò è molto raro, ma può succedere. Anche se la stragrande maggioranza non subirà alcun danno.

Dany, studente di lettere a Caen (Bassa Normandia), fa parte di coloro che hanno sfiorato i pericoli reali, e sono tuttora a rischio. Prima esperienza a 14 anni – “Non mi sentivo molto bene con me stesso, non mi sono preoccupato dei miei problemi per un’ora, e il gioco era fatto” – oggi ha 23 anni e fuma i suoi dieci spinelli al giorno. ” Ne ho bisogno anche se non sento nessuna dipendenza fisica”, dice. Gli servono 20 euro al giorno per procurarsi i 3 o 4 grammi di hashish che gli servono. Alla fine del mese il budget non è più sufficiente, allora preferisce fumare insieme agli amici. Egli ha conosciuto il malessere legato all’abuso della cannabis: due ricoveri nel reparto di psichiatria. Ha smesso per due anni, poi ha ripreso: era troppo invidioso nei confronti della sua ragazza, che invece continuava a fumare. “Nell’espressione droga leggera, ciò che conta è la parola droga”. Egli sa che ne uscirà, ma per il momento non ne ha voglia….

Bisognerebbe poter parlare con tranquillità di tutto questo, come fa Nicole Maestracci, magistrato, dal 1998 al 2002 incaricata di occuparsi dei problemi legati alle droghe, in un piccolo Che cosa ne so? , intitolato molto semplicemente “le Droghe”. Occorrerebbe poter affermare che la cannabis agisce sulla psiche come l’alcool, che è meno tossica e crea molta meno dipendenza del tabacco, ma che non ha niente di banale e che è quindi necessario scoraggiare, per quanto possibile, il suo consumo come si cerca di fare per il tabacco e per l’alcool. Ma in che modo regolamentare la distribuzione di un prodotto in teoria proibito, ma a cui in pratica hanno accesso sia gli adolescenti che i giovani in tutto il paese? Il che significa che circola dappertutto, praticamente senza il minimo controllo. Per il tabacco e per l’alcool si gioca sulle tasse per cercare di limitarne i consumi. Si fanno campagne di prevenzione. Per la cannabis, invece, sono gli spacciatori a decidere le tariffe, le quali sono rimaste pressoché invariate negli ultimi anni a differenza del prezzo del tabacco che nello stesso periodo è raddoppiato. Quando poi si cerca di fare informazione nei licei e nei collegi, sono quasi sempre gendarmi e poliziotti ad esserne incaricati e mai degli specialisti di sanità pubblica….
Stiamo andando al contrario!

Gérard Petitjean

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