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Federalismo o Devoluzione?
26.05.2003

Cosa cambia con la devoluzione

La discussione appena ripresa, con la consueta virulenza leghista, sui temi della riforma istituzionale ci richiama ad una realtà che in molti finora hanno finto di ignorare.
Il rischio di una paralisi del sistema, infatti, provocata dal conflitto inevitabile, sia politico che istituzionale, è reale e renderà ancora più gravi le possibili conseguenze in un contesto economico e sociale come quello attuale. L’idea che si era fatta strada di un possibile rallentamento nell’esame della proposta di Bossi, si è rivelata priva di fondamento alla luce di quanto la maggioranza ha deciso di fare in Senato. Ora, cosa è possibile realisticamente prevedere considerato ormai scontato, seppure con affanno, il varo del provvedimento in prima lettura?
Da un punto di vista strettamente istituzionale c’è da attendersi una fase di acceso conflitto tra i vari livelli di sovranità, con un inevitabile appesantimento del contenzioso acceso presso la corte costituzionale, è realistico infatti, se non interverranno cambiamenti, immaginare una corte alle prese con carichi simili a quelli di un Tar. Si tratta ovviamente di iniziative provenienti da varie direzioni, lo Stato contro le Regioni e viceversa, i Comuni contro le Regioni e lo Stato solo per fare gli esempi più probabili. Sotto il profilo economico la questione “mezzogiorno” tenderà inevitabilmente ad assumere un connotato finora assente. Infatti, in passato si è discusso di quali terapie economiche o sociali applicare per superare il divario fra nord e sud, e in genere la politica si è articolata su questo, ora si tenta di introdurre in costituzione il principio delle due velocità. Si ammette in definitiva come un dato permanente il valore secondo il quale le differenze sono strutturali e come tali incolmabili. Di questo passo dopo la superiorità occidentale sulla cultura islamica, ci sarà quella padana sulla meridionale o sicula. La riforma sancisce per via costituzionale come l’Italia resterà un paese unito, ma con differenti diritti fondamentali di cittadinanza. Lo Stato non avrà più infatti, fra le altre, la missione di rimuovere gli ostacoli che limitano l’uguaglianza nel godimento dei diritti fondamentali per i cittadini residenti nelle diverse regioni. I fortunati resteranno tali e gli altri, o sapranno fare da soli, o sarà la provvidenza unita a qualche gemellaggio con alcune regioni più ricche ad aiutare la soluzione dei problemi.
Le possibili conseguenze politiche sono tante e di diversa qualità, un pericolo avanza più inquietante di altri: la secessione questa volta voluta dai più poveri o se si preferisce dai meno ricchi. Infatti oltre l’ostruzionismo parlamentare, capace di arrivare fino a un certo punto, sarà assai probabile un moto di reazione spontaneo e incontrollato non appena si diffonderà il vero significato della riforma. Al sud infatti, per quale ragione dovrebbero supinamente sottostare al principio sotteso all’emendamento approvato in finanziaria, proposto dal leghista Pagliarini, secondo cui tutta la fiscalità resta ancorata al territorio che la produce? Perché a quel punto non dovrebbe farsi avanti qualcuno che sostenga, con qualche ragione, per quale motivo si deve stare tutti sotto la stessa bandiera se poi la stessa non serve a garantire parità di cittadinanza?
I lavoratori di Termini Imprese potrebbero tranquillamente vedere in una luce diversa le ragioni di fondo che motivano la chiusura di quello stabilimento e non di altri. E così di seguito per gli ospedali da chiudere, per il taglio delle risorse del reddito minimo di inserimento, per i tagli nella scuola e per tutti quei disagi nei servizi e nelle infrastrutture primarie, prevedibili a causa della politica economica prefigurata dall’attuale governo. In definitiva l’interrogativo dei prossimi mesi non sarà se è giusto fare l’ostruzionismo parlamentare , ma come evitare che le reazioni degli uni contro gli altri mandino in mille pezzi questo nostro sistema Paese. L’opposizione in Parlamento, per quanto aspra e determinata, se si ferma ai confini del palazzo e non riesce a trasmettere il senso del pericolo che si corre, non assolve in pieno il suo compito. Nel fare questo deve avere la capacità di parlare a tutti, per questo il linguaggio e gli argomenti non sono irrilevanti rispetto agli obiettivi. I cittadini del Sud, già elettori della casa delle libertà dovrebbero essere, oserei dire, i primi destinatari dell’azione di sensibilizzazione rispetto a queste questioni cruciali.
L’opposizione combatte una battaglia per il Paese, perché sia riformato mantenendo il suo originale carattere coeso e unitario e soprattutto, perché gli italiani siano soggetti con diritti fondamentali eguali qualunque sia il luogo di nascita o di residenza. Il Nord più sviluppato, la sua popolazione impegnata sempre in prima linea nelle storiche battaglie di emancipazione e di democrazia, coglierà fino in fondo il senso dei nostri argomenti, rivolti come si è detto a non disperdere i traguardi raggiunti: l’Europa, l’Euro, l’Italia coesa e unita nell’Unione che si allarga a Est .

di Antonello Cabras

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