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L'isola dei pellicani (di Paola Carini)
2.03.2005
L'isola dei pellicani

20 novembre 1969: l'America autoctona, a lungo tempo rimasta ai margini della storia civile, politica ed economica di quel paese, diventa per la prima volta visibile, fa sentire la propria voce alla nazione, e rivendica quello che le è stato tolto con un'azione tutt'altro che simbolica.
Quel giorno, giornali, radio e televisioni diffondono la notizia che Alcatraz, l'isola rocciosa nella Baia di San Francisco, prima fortezza e poi prigione di massima sicurezza da tempo in disuso, è stata occupata da un gruppo di giovani indiani che ne reclamano il possesso. Un fulmine a ciel sereno.
Indiani?
Possesso?
Di un pezzo di roccia?
Una fetta consistente di America si sveglia scoprendo che ne esistono ancora, di indiani, ma si tranquillizza ripetendo che sarebbe comunque stato un evento estemporaneo sull'onda emotiva della contestazione che tanto riscaldava in quegli anni il cuore della California, stato dalla fama rivoluzionaria, libero e aperto. Dai suoi campus universitari, soprattutto da Berkeley, partono le proteste contro la guerra in Vietnam, contro l'establishment, per i diritti civili delle minoranze, per la libertà sessuale. Tutto si sarebbe sgonfiato come una bolla di sapone, in poco tempo.
Diciannove mesi e nove giorni, per l'esattezza, durante i quali gli approvvigionamenti arrivano da tutti gli stati per sostentare chi si era stabilito laggiù.
Quei diciannove mesi ebbero una vasta eco: i media, avvisati in anticipo, mantennero però il segreto fino al giorno dell'occupazione e fornirono una copertura dell'evento inaspettata. Due furono i tentativi di occupazione: il primo, del 9 novembre, fu il più rocambolesco: in cinque si tuffarono dalle barche prese in affitto e, con grosse difficoltà, raggiunsero l'isola esausti, dove vennero presi dalle guardie dell'ex-carcere e riportati a terra dalla Guardia Costiera. Tra loro Richard Oakes (mohawk) che ricorda di come il feroce cane da guardia fosse arrivato a leccarlo allegramente mentre lui era steso sulle rocce a riprendere fiato. Dopo un secondo sbarco, quella notte solo 14 riuscirono ad arrivare sull'isola; il giorno dopo, come pacificamente erano arrivati, pacificamente decisero di tornare indietro ritenendo la presa simbolica di Alcatraz conclusa. Il secondo tentativo fu decisivo: la notte del 20 novembre 89 nativo americani tra cui 6 bambini e diverse coppie ritornarono sull'isola; questa volta nemmeno la Guardia Costiera riuscì a fermarli. Un aneddoto divertente è quello raccontato da Oakes a Troy Johnson, lo storico che ha ricostruito la vicenda. Delle due guardie dell'isola una si mise a urlare: «Ci sono gli indiani, ci sono gli indiani! E vogliono rimanere!».
La Guardia Costiera continuò a pattugliare l'area per impedire altri sbarchi di merci o di persone, ma con diversivi e stratagemmi gli *indiani* riuscivano sempre a farcela. In quei mesi, Alcatraz divenne un laboratorio di idee che raggiungevano persino il Canada attraverso la radio e i giornali. Quando l'entusiasmo scemò e l'esperienza si concluse, l'effetto dirompente che essa ebbe sulle coscienze dei nativo americani non venne meno. Alcatraz avrebbe rappresentato il punto di svolta nel rapporto tra nazioni indiane e governo federale anche quando la coltre del tempo ne avrebbe cancellato le orme e l'isola sarebbe tornata ad essere il rudere di una vecchia prigione per i turisti del Pier 39.
Quali furono le conseguenze della presa di Alcatraz? L'otto luglio 1970, con Alcatraz occupata, Nixon dichiarò che era giunto il momento di cambiare direzione nella gestione degli *affari indiani*. Il Presidente repubblicano considerò che era giunto il tempo per gli indiani di decidere del proprio futuro e, nel solo anno 1970, la sua amministrazione introdusse 22 proposte di legge che favorivano l'autonomia tribale, promuovevano il mantenimento delle culture autoctone e lo sviluppo economico delle riserve. Nel corso della sua presidenza, egli aumentò i fondi del Bureau of Indian Affairs (BIA) con una serie di effetti a cascata che andavano dalle borse di studio universitarie per ragazzi e ragazze indiane alla creazione del Navajo Community College, il primo college creato e gestito da indiani, dalla costruzione di abitazioni nelle riserve all'assistenza legale a coloro che risiedevano in città. Si trattò di un timido passo verso il capovolgimento dello spirito della legislazione: si intendevano preservare le culture nativo americane abbandonando tutto quel corpus di leggi di termination che aveva caratterizzato le decadi precedenti. Da quel momento, il governo federale non avrebbe più potuto porre termine a quel rapporto giuridico che lo legava, attraverso obblighi precisi, alle tribù e ai loro territori. Nel frattempo, però, furono molti i gruppi tribali che da un giorno all'altro si ritrovano senza terra e senza identità; solamente in anni recenti e attraverso numerosi ricorsi alla Corte Suprema alcuni di essi hanno potuto riacquistare entrambe.
La vicenda dell'occupazione di Alcatraz fu fondamentale nella storia dello sviluppo dell'American Indian Movement, controparte nativa degli altri movimenti nati sotto la spinta della rivendicazione dei diritti civili. Alcuni degli occupanti di Alcatraz, come John Trudell, divennero leader del movimento nato nell'estate del 1968, ma l'occupazione fu soprattutto la presa di coscienza delle nazioni indiane di avere diritti da reclamare e costumi e tradizioni da riscoprire, tutelare, coltivare; nasceva così un sentimento intertribale - gli occupanti definivano sé stessi *indiani di tutte le tribù* - favorito da rivendicazioni e da una storia di conquista comuni di cui Alcatraz divenne simbolo. Alcatraz tracciò il sentiero che molti avrebbero percorso, come successe a Trudell.
Noto soprattutto per la sua musica - il suo ultimo album *Bone Days* è prodotto da Angelina Jolie - John Trudell, di origine santee sioux, ha un passato di attore (Thunderheart, 1992) e di consulente cinematografico di Robert Redford (per Incident at Oglala). All'ultimo Sundance Film Festival, nel gennaio scorso, è stato presentato un documentario girato da una giovane regista, Heather Rae, sulla vita di Trudell. Si parte dall'occupazione dell'isola di Alcatraz e si ripercorre la sua vita di attivista dell'AIM, condotta sino al 1979, quando un incendio di dubbie origini portò alla morte sua suocera, sua moglie incinta e i suoi tre bambini. Si dice che l'FBI abbia un dossier su Trudell tra i più corposi, in cui sono documentate le sue partecipazioni alle proteste politiche. Comunque sia, dopo quella tragedia famigliare Trudell abbandonò la militanza attiva e scelse la musica e la poesia per esprimere le istanze della sua gente.
«Qualcuno dice che la mia poesia e la mia musica sono politiche. Qualcun altro che riguardano lo spirito della mia gente» dice Trudell. «Qualcuno mi definisce poeta, qualcun altro attivista. Probabilmente io sono un po' di tutto questo, ma ben più che ogni singola etichetta. Tutti noi lo siamo. È ciò che ci rende esseri umani». Così dice di sé stesso un uomo che ha pagato a caro prezzo le sue scelte di vita.
Dopo Alcatraz le proteste dell'AIM divennero a dir poco tumultuose: nel 1972, dopo aver concordato una marcia che partiva da Alcatraz e arrivava a Washington D.C. il giorno prima le elezioni presidenziali, i partecipanti si ritrovarono senza quegli accomodamenti promessi dal Bureau of Indian Affairs, così decisero di occuparne la sede e stilarono una lista di reclami politici. Il braccio di ferro durò una settimana e alla fine il governo federale accettò di esaminarla, promise di lasciarli andare senza arrestarli e pagò loro il biglietto per il viaggio di ritorno. Fu una grande vittoria morale, nonostante gli uffici devastati e l'arte indiana ivi custodita distrutta. Altri episodi furono più drammatici: nel 1973 ci fu l'occupazione di Wounded Knee, sito del massacro del 1890, per protestare contro l'elezione del capo tribale Richard Wilson, uomo con la fama di zittire gli oppositori con minacce e violenze. Durante quei 67 giorni ci furono due vittime, entrambe nativo americane. Nel 1975, sempre a Pine Ridge, a seguito di una sparatoria dalla dinamica poco chiara tra membri dell'AIM e agenti dell'FBI, Leonard Peltier venne arrestato e imprigionato.
Di lì a poco, l'AIM si sarebbe sfaldato sotto gli insidiosi colpi del COINTELPRO (COunterIntelligencePROgram), efficiente ramo dell'FBI che sin dagli anni Sessanta infiltrava *agenti provocatori* nei vari movimenti civili. La tattica migliore era quella di porre tutti contro tutti, in modo che i veri provocatori finissero con l'apparire vittime e potessero continuare a screditare e fare arrestare - nel migliore dei casi − i portavoce o gli attivisti più importanti. Oggi l'AIM è di fatto scisso in due organizzazioni: l'una, che si definisce National AIM, egregiamente sovvenzionata dal governo federale e appoggiata da organi di stampa nativo americani che ne amplificano la voce; l'altra, l'Autonomous AIM, costituita da organizzazioni locali che non ricevono denaro né dal governo né da altri, pur avendo tra i membri prominenti attivisti dei diritti indigeni. Nonostante ciò, gli attacchi degli uni contro gli altri non si placano: l'attivista Ward Churchill è il bersaglio più recente. Scomodo per quello che va dicendo da anni sulla politica americana, Churchill si ritrova sotto un fuoco incrociato di accuse che riguardano la sua professionalità in qualità di docente all'Università del Colorado, la sua affiliazione tribale, il suo diritto alla libera espressione a causa di un pamphlet scritto immediatamente dopo la tragedia dell'11 settembre ed ora, anni dopo, brandito come giustificazione alla sua fustigazione. I risvolti di questa storia sono tanto inquietanti quanto quelli della vicenda di Peltier; i depistaggi e i muri di gomma non sono cosa solamente italiana.
Battezzata l'isola dei pellicani (alcatrazes) dallo spagnolo Manuel de Ayala nel 1775, per migliaia di anni Alcatraz era stata un punto strategico, uno sperone di roccia sacro e temuto dalle popolazioni costiere. Questa sua duplice natura è rimasta: il luogo che vide la nascita della coscienza pantribale rimase ineludibilmente legato a quel che venne dopo, agli episodi brutali confusi dalla sapiente disinformazione e secretati nei dossier delle agenzie governative. Ma per la gran parte del mondo, Alcatraz rimane il luogo di una fuga clamorosa da un carcere inaccessibile immortalata in un film.

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