3.03.2005
Di Gaetano Colantuono
Fra lo stupore e la rabbia ho appreso la notizia della sospensione a divinis, sia pure temporanea (sei mesi), del mio amico don Vitaliano Della Sala, al termine di un iter di sempre più pesanti mortificazioni e condanne canoniche inflitte dal vescovo della sua diocesi, l'abate di Montevergine. Credevo infatti che la precedente rimozione di Vitaliano dalla sua parrocchia di Sant'Angelo a Scala rappresentasse già un esito duro, drammatico per il parroco e l'intera comunità , di quello che a molti, attivisti dei social forum e non, appare piuttosto un accanimento ad personam.
Subito dopo ho riconsiderato la vicenda dall'ottica dei miei studi storici sul cristianesimo antico e inevitabilmente, se non altro sul piano storiografico, contemporaneo. E devo dire che, poste su tale prospettiva storica, le vicende di don Vitaliano non rappresentano solo un fatto personale, legato magari a una fobia anticomunista del vescovo (che credo non mancare), bensì un episodio di un conflitto decisivo e generale interno non già alla chiesa cattolica o a una delle confessioni cristiane, bensì allo stesso cristianesimo inteso nella prospettiva della tradizione (il passato) e del suo sviluppo (il futuro). Cioè una tessera di un puzzle la cui delineazione è ben lontana dal nostro sguardo, vuoi di studiosi, vuoi di operatori del sacro (il clero), vuoi come opinione pubblica.
Partiamo dalla vicenda in sé. Don Vitaliano incrocia i primi segmenti di quello che poi sarà il microcosmo del "movimento dei movimenti", in particolare viene a interessarsi in epoca precoce all'esperienza zapatista in Chiapas, partecipando all'entusiasmante Marcha del Color della Tierra fino a Città del Messico del 2001, incontrando il subcomandante Marcos e costruendo un memorabile presepe con un Gesù Bambino dal viso coperto da un passamontagna. Pertanto appare puro truismo, una sorta di banalità maligna, evocare per don Vitaliano il canone 1371, comma 2, come fa il vescovo. "Sia punito con giusta pena" (ma con ampio margine di discrezionalità ) chi "in inoboedentia persistit" ("persiste nella sua disobbedienza").
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(mt)
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DA “FRATERNIDADE” strannik@uol.com.br DEL 26-2-05 – (DAL BRASILE)
Carissimi,
se un prete in mezzo ai poveri fa notizia, noi si ha il fondato sospetto che qualcosa non vada. Perché dovrebbe fare notizia il contrario. Se poi un vescovo, quel prete, lo condanna, perché, nel bazzicare i poveri, è recidivo, noi ci si comincia ad allarmare, perché Lui ci aveva messo in guardia dal frequentare i ricchi (cf Lc 14,12), mica la povera gente. E, un vescovo, per la funzione che svolge - di guardare (episkopein) alla chiesa -, dovrebbe averci più occhi, più naso, più orecchie, ma soprattutto più cuore, per queste cose. E sapere perciò che parole parlare.
Noi, a dodicimila chilometri di distanza, non conosciamo il vostro don Vitaliano della Sala, né il suo vescovo, dom Tarcisio Nazzaro, abate benedettino di Montevergine, uno di quelli che deve saper a memoria la regola del Padre san Benedetto, così preoccupata che “Specialmente i poveri e i pellegrini siano trattati con tutto il riguardo e la premura possibile, perché è proprio in loro che si riceve Cristo in modo tutto particolare e, d'altra parte, l'imponenza dei ricchi incute rispetto già di per sé” (R.B., LIII,15).
Possiamo anche presumere che il primo sia piuttosto discolo (augurandogli tuttavia di essere obbedientissimo in Cristo, come altri illustri precedenti), ma il secondo dovrebbe ricordare che, a mettersi contro la profezia (quella vera, non quella salottiera), ci si ricava solo di rompersi le corna. E sì che potrebbe uscirci con un figurone: chiamarlo, il suo pretino, e chiedergli: Tu, gli vuoi davvero bene ai tu’ poveri? (È questo ciò che conta, mica altro). Il prete annuirà , ovviamente. E il vescovo lo potrebbe congedare con: Va’, dunque, edificali nell’amore. (È questo ciò che conta, mica altro).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità [i]del bairro[/i].
Mittente:
Domenico Manaresi - via Gubellini, 6 - 40141 Bologna - e-mail: bon4084@iperbole.bologna.it
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