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Incidente con gli Usa: quotidianità della guerra
6.03.2005

L'incidente con gli Usa: non inconcepibile fatalità ma quotidianità della guerra
Nessuno poteva pensare che la liberazione dell’ostaggio italiano, Giuliana Sgrena, potesse essere funestato da un episodio tanto assurdo come la morte inutile di un uomo che aveva lavorato alla sua salvezza.
Non ci sono parole per esprimere il dispiacere e il dolore. Purtroppo questo avvenimento apre, una volta di più, soprattutto ad utilità dei più distratti, inerti, poco informati, una finestra su come oggi si muore in Iraq, come si muore in guerra.
L’agente italiano Nicola Calipari più che un eroe, come fu, mi sembra una vittima, una orrenda, banale vittima della guerra.
Al di là dell’episodio, su cui si dirà molto ma c’è poco, purtroppo, da dire, questo ci mostra come quotidianamente si muore nella terra liberata dalla illegale e assurda guerra statunitense che se porta vantaggi li porta con un percorso di morte e violenza.
Ci faccia immaginare questo episodio, pensare a tutte quelle persone innocenti (di cui leggo a volte nelle notizie delle agenzie di stampa, notizie che si fermano prima della pubblicazione sui quotidiani, prima delle enunciazioni nei telegiornali) morte come Calipari, senza troppe prudenze e senza troppe scuse da parte dell’esercito americano il cui governo ha rifiutato di aderire ad alcune regole internazionali di vigilanza su militari di ogni esercito e paese.
La guerra è cosa terribile, per tutti gli eserciti e popoli coinvolti. In questa guerra (sempre ho letto sulle agenzia di stampa) sono stati commessi crimini orribili, probabilmente azioni da definire nella categoria dei “crimini contro l’umanità” da parte, anche, dell’esercito statunitense. Prima di discutere dei torti e delle ragioni degli eserciti io esorterei tutti, ma proprio tutti gli italiani a chiamare la nostra avventura in Iraq “Guerra”. Solo così potremo incominciare a sintonizzarci sulla portata dei drammi e degli avvenimenti in atto.
Vorrei che i commenti portati dai media sulla vicenda dell’attacco all’auto che portava Giuliana Sgrena non riferissero lo stupore che si prova quando si contempla un avvenimento unico, raro e inaspettato, frutto di un banale e drammatico errore quasi irripetibile e che trova nella sua rarità la terribile spiegazione data dalla inesplicabile casualità.
Le mitragliate erronee ad auto di persone inermi, i bombardamenti sbagliati su edifici abitati, gli arresti casuali mi pare che siano all’ordine del giorno nella guerra in atto da due anni. Tra i 1500 eroi, o vittime, dell’esercito USA, tra gli stimati 50.000?, 100.000? morti iracheni, tra i chissà quanti scomparsi si nascondono storie di colpe terribili e si nascondono molte delle spiegazioni per cui la situazione irachena ha dato il via, oltre che il termine, a spirali di violenza, vendette e lotte che si protrarranno per lungo tempo.
Persone come Calipari e Sgrena lavorano per porre dei limiti alla cieca violenza e diventano, a volte, testimoni e testimonianza delle tragedie e dell’orrore della guerra.
Eroi o vittime? Eroi per l’impegno coraggioso nel lavorare dentro situazioni drammatiche con l’intenzione di risolverle nel modo migliore per tutti e sicuramente vittime purtroppo non rare di una guerra fatta di ingiustizie e violenze.
Contempliamoli con la giusta prospettiva e non reputiamoli vittime di chissà quali casi del destino. Sono vittime della guerra vittime ed eroi come molti ce ne sono nell’Iraq di oggi, ogni giorno. Non tutti uccisi dalla follia e ferocia dei terroristi o dalla guerriglia ma anche, e molti, da azioni colpevoli dell’esercito occupante, azioni che non porteranno la favola della democrazia. Solo se guardiamo a questo episodio con onestà e faticosa obiettività comprenderemo che centinaia di simili e ugualmente terribili ne accadono costantemente in Iraq. Così, forse, il sacrificio di Calipari e la sofferenza di Sgrena avranno ancora più valore ed utilità di quanto immensamente ne abbiano già avuto.
Enrico Testino
www.mediaeidentita.it
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