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Il deserto che avanza
18.03.2005

Si parla poco di desertificazione. Ma la Basilicata continua ad essere a rischio

di Alfredo Pulvirenti  

Non è un argomento da prima pagina, quello della desertificazione. Eppure, a ben guardare, minaccia di rendere aride molte zone in diverse regioni italiane. Il processo, definibile come degrado di terre aride che comporta la perdita di fertilità dei terreni, di salinizzazione delle acque, di impoverimento e degrado dei suoli, riguarda infatti diverse regioni del Meridione. Tra le zone più colpite compaiono le isole (Sicilia e Sardegna, ma anche le più piccole Lampedusa, Linosa, Lampione, Pantelleria le Egadi, Ustica) e alcune regioni della penisola (Puglia, Calabria, e, apunto, Basilicata).
Lo studio del fenomeno è molto complesso, e richiede un’articolazione in diverse fasi: in questo senso la Basilicata ha partecipato a diversi progetti, alcuni dei quali promossi dall’Unione Europea (come Sememed).
Prima di tutto, è necessario procedere all’individuazione esatta delle aree a rischio: pertanto bisogna conoscere con precisione i processi relativi ai cambiamenti climatici, come sostiene lo studio “Monitoraggio di indicatori climatici di desertificazione” condotto da Bruno Bove, Carlo Glisci e Maria Lucia Summa per l’Arpab.
Inoltre, è fondamentale mettere in relazione i fattori di natura ambientale e quelli di natura antropica per ottenere un quadro esaustivo delle cause che concorrono alla comparsa e sviluppo del fenomeno. Se da un lato, infatti, possono essere cause l’aridità, la siccità, l’erosività delle piogge, e ancora, fattori relativi alla morfologia e alla geolitologia (pendenza, esposizione dei versanti, litologia, tessitura dei suoli), la presenza dell’uomo può contribuire a determinare la comparsa del fenomeno. In particolare l’utilizzo delle risorse idriche, la deforestazione, gli incendi, e in parte l’urbanizzazione, l’agricoltura e le attività zootecniche risultano fattori di primaria importanza.
Lo studio di monitoraggio sopra citato, che fa parte di una lunga serie di ricerche, si occupa di diversi indicatori di stato della desertificazione, come il clima, la vegetazione, il suolo, le componenti socio-economiche, secondo gli indici stabiliti dalla Convenzione delle Nazioni Unite per la desertificazione. Il documento, poi, sottolinea l’importanza dell’individuazione delle misure di lotta al fenomeno, tramite anche l’elaborazione di programmi di educazione e sensibilizzazione sul tema.
Fra gli obiettivi a breve termine, infatti, quello più importante risulta essere proprio il coinvolgimento dell’opinione pubblica, che non risulta al momento particolarmente attenta al tema. La gestione di quella che si presenta come un’emergenza lenta, che fa sentire i suoi effetti nel lungo periodo, deve assolutamente passare attraverso un coinvolgimento dei cittadini, realizzabile attraverso gruppi di lavoro e un’adeguata campagna informativa.
Per fare un esempio: la cattiva gestione della questione delle scorie nucleari e del sito di Scanzano Ionico dovrebbero fare scuola sull’argomento. La frizione, lo scontro fra la società civile e le istituzioni si realizza proprio quando una decisione presa dall’alto, imposta, arriva a sconvolgere gli equilibri economici e sociali di una zona. In particolar modo quando potrebbe andarci di mezzo la salute della gente. Il problema delle scorie è stato trattato con evidenti carenze di organizzazione e comunicazione.
La desertificazione non minaccia in maniera immediata la vita della gente in Basificata o Sicilia. Ma rischia di destabilizzare zone del paese, distruggendo l’attività umana e rendendola impossibile per sempre. Pertanto, la desertificazione andrebbe inserita in un’agenda di comunicazione e sensibilizzazione a livello locale e nazionale. Per non doversi ritrovare, un giorno, a fare i conti con una situazione insanabile.
Per informazioni sul fenomeno, vi invitiamo a visitare il sito dell’Arpab www.settoreimpc.it/simpc.asp.

Fonte: http://www.lucanianet.it/home/index.asp

mt

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