Facciamo appello alle Associazioni, alle Reti, ai Movimenti e alle persone che in questi anni si sono mobilitate per contrastare la folle logica della guerra "preventiva, umanitaria, per la democrazia" ….. sentiamo la necessità fare un passo in avanti per agire nuovi percorsi di pace.
La guerra in Iraq continua a rivelarsi sempre più un'operazione di terrore e distruzione che va contro qualsiasi principio laico e religioso di una società civile che crede nei valori della pace, della tolleranza e del rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo. Ogni giorno che passa assistiamo impotenti ad un conflitto insensato che si acuisce sempre di più e che non accenna a terminare, alla recrudescenza del terrorismo, a torture dei prigionieri, alla violazione dei diritti umani, a migliaia di morti tra i civili, alla sofferenza di migliaia di uomini e donne che non hanno alcuna colpa. Anche dopo le recenti elezioni la sofferenza quotidiana del popolo iracheno non accenna a diminuire, mentre si continua a rimandare un eventuale ritiro delle truppe occupanti.
Abbiamo già ampiamente esercitato tutte le forme possibili di dissenso e di protesta (petizioni, marce, presidi, attività di lobbing, azioni simboliche...), senza essere ascoltati. La nonviolenza, secondo la visione di progressione gandhiana, ci dice che è decisivo e necessario passare dalle azioni di protesta e di espressione del dissenso personale (come l'esposizione delle bandiere della pace), ad azioni di non collaborazione attiva (come il boicottaggio dei prodotti petroliferi), ossia al 'sanzionamento' dal basso del sistema, passare a forme di disobbedienza e rifiuto più indignate e radicali e farle diventare pratiche collettive e diffuse.
Occorre riprendere un percorso di opposizione diffusa alle politiche di guerra e di violenza, che parta dalle nostre scelte quotidiane per arrivare ad individuare strumenti/azioni e forme di mobilitazione popolari più efficaci, capaci di ostacolare il funzionamento della macchina della guerra nei suoi diversi ingranaggi.
Se da sempre siamo convinti che la sola "manifestazione" rappresenta una modalità di lotta, ormai insufficiente a contrastare l'attuale sistema strutturale di violenza permanente, occorre provare a proporre/sperimentare assieme nuove strade per contrastare la guerra e costruire la pace. Iniziative che facciano fare un passo avanti a tutto il movimento contro la guerra, nella direzione di un progressivo/incisivo livello di azione conflittuale, qualcosa che cambi le modalità di mobilitazione partendo dai territori e dall'agire quotidiano per arrivare ad un momento collettivo fortemente incisivo.
Vogliamo incidere su tre orizzonti :
Disarmo
Siamo convinti che la guerra, se si prepara, prima o poi la si fa, e che la sua preparazione inizia nelle fabbriche d'armi, nei trattati militari, nei programmi politici dei partiti, nelle strategie delle multinazionali e delle società finanziarie. Vogliamo agire verso il disarmo internazionale, che parta da un maggiore controllo per arrivare al superamento del commercio e della produzione di armamenti, e poi ad imporre la riconversione dell'industria bellica.
Economia di Giustizia
Costruzione reale di processi di economia di giustizia, che prevedano drastici mutamenti dei peggiori meccanismi economici e sociali attualmente vigenti, in quanto essa rappresenta la unica vera via di uscita dalla violenza "sistemica" sulle popolazioni, reali cause non remote delle guerre e dei terrorismi.
Sviluppo Responsabile e SobrietÃ
Verso un profondo rispetto della natura, attribuendo priorità all'ambiente rispetto ad uno "sviluppo" basato solo sulla crescita illimitata, e con un progressivo rifiuto dell'attuale modello, moltiplicando le capacità di individuare percorsi di "sobrietà " e perseguendo mutazioni dei consumi personali e collettivi.
A partire dalla giornata mondiale contro la guerra del 19 marzo proponiamo di attivarsi su alcune campagne concrete e misurabili.
Questi i possibili obiettivi :
· Aderire in massa alla campagna sull'obiezione alle spese militari, ossia dichiarare anche simbolicamente il rifiuto che versamenti delle nostre tasse siano utilizzati in percentuale per acquisto di armi, per cui nella dichiarazione di detrazione si può prevedere un impegno di versare almeno un euro simbolico (per un minimo di 500 persone) per i progetti locali di pace.
· Sostenere la campagna Control Arms attraverso la raccolta di volti contro le armi (almeno 1000 firme): una foto-petizione internazionale con cui chiedere alla Conferenza dell'Onu nel 2006 un trattato internazionale sul commercio di armi e un maggior controllo delle esportazione di armi, in particolar modo quelle leggere che causano 500.000 vittime ogni anno, e per le quali l'Italia rappresenta il secondo paese esportatore al mondo. (