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La cultura muore in silenzio
19.03.2005
Intervento di Mario Torelli * su l’Unità
Ricordate? Era cominciata all'indomani dell'ascesa al potere del governo Berlusconi al culmine della miglior finanza “creativa” del ministro Tremonti, quando era stata messa a punto quella meravigliosa invenzione dell'«Italia Patrimonio S.p.A.», alimentata dalla vendita indiscriminata di beni demaniali: obiettivo, fare cassa per consentire al Cavaliere di onorare uno dei punti più impegnativi del suo “Contratto con gli Italiani”, le “Grandi Opere”, mettendo in cantiere un oliato meccanismo di privatizzazione dei lavori pubblici. Si vende il Colosseo, si disse allora: una boutade, replicò il ministro Urbani, che si affrettò a scrivere un “instant book”, del quale resterà nella letteratura solo la geniale attribuzione della Cappella Sistina a Raffaello. Ma intanto, come documentò subito impietosamente Salvatore Settis, consigliere dello stesso ministro Urbani, si cominciò a conferire a quelle agenzie dal nome ominoso di «Scip» opere di architettura moderna.
Opere andate definitivamente sul mercato solo perchè non notificate e perchè colpevoli di essere interessanti agli occhi della speculazione privata. Ma la sciagurata vendita di pezzi sempre più appetibili della proprietà pubblica continua. Sappiamo che il glorioso edificio del Poligrafico dello Stato, opera non secondaria dell'eclettismo degli inizi del XX secolo, diventerà un albergo di lusso e un supermercato, quando sarebbe potuto diventare un'ottima sede per una delle Università della Capitale, notoriamente affamate di spazio e completamente prive di risorse. È bene che l'opinione pubblica sappia che questa operazione continua, seconda solo a quella gigantesca rapina di edifici storici messa in atto dallo Stato all'indomani dell'Unità, con la vendita dei beni di proprietà ecclesiatica, finiti nelle mani di una borghesia compradora priva di scrupoli. Tranquillizzata l'opinione pubblica con il ballon-d'essai dell'impossibile vendita del Colosseo, la Banda Bassotti ha proseguito indisturbata la sua opera mettendo sul mercato edifici veramente vendibili.
Tra un condono edilizio e l'altro c'è stata poi la minaccia della legalizzazione dei furti commessi ai danni dello Stato, con il pagamento di multe irrisorie da parte dei detentori di materiali di provenienza illecita, un provvedimento destinato a tranquillizzare un popolo di miserabili collezionisti occulti fatto perlopiù da migliaia di professionisti di provincia, tradizionalmente tra i migliori acquirenti di oggetti archeologici. Non solo la cosa non avrebbe avuto alcun effetto ai fini delle entrate, dal momento che l'entità della multa era irrisoria in rapporto al valore stabilito, ma avrebbe fornito un ulteriore impulso alla piaga mai morta dello scavo clandestino e dei furti di oggetti poco noti. La proposta di legge di iniziativa parlamentare era subdola, dal momento che si presentava come un provvedimento di portata minore, quasi di nicchia: poichè nel mare delle leggi e leggine depositate in Parlamento avrebbe scarsa fortuna, astutamente i proponenti erano quasi riusciti ad infilarla nel gigantesco, incontrollabile omnibus della legge finanziaria 2005. Se non si fosse levata una corale protesta da parte degli archeologi delle Università e di una vasta platea di uomini di cultura, che ha fatto ritirare la proposta praticamente in limine, dopo la legge sul falso in bilancio avremmo avuto un'altra perla legislativa di sapore malavitoso.
Pochi giorni fa l'ultimo assalto. Nell'apparente intento di dare nuovo impulso alle semplificazioni burocratiche dopo la legge Bassanini, il ministro per la Funzione Pubblica Baccini partoriva un’altra micidiale proposta, al solito confusa all'interno di un pacchetto di proposte di apparente sburocratizzazione, che rischiava di essere l'ultima spallata alla legge di tutela: ricordiamo che già i tragici tagli al bilancio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali hanno reso di fatto virtuale la gestione normale della tutela, essendo stata ridotta quasi della metà la spesa corrente, quella cioè che garantisce l'ordinaria amministrazione, dalla manutenzione alla sorveglianza dei monumenti e delle aree archeologiche, sola garanzia di un'ordinata opera di salvaguardia del patrimonio artistico. Il meccanismo distruttivo era semplicissimo. Come molti sanno, nella prassi corrente dei lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione dei normali immobili è da tempo attivo l'istituto della “DIA”, ossia la dichiarazione di inizio delle attività, che il proprietario dello stabile rende all'amministrazione del Comune ove sorge l'immobile da restaurare. La proposta prevedeva una DIA anche per immobili ed aree notificate per particolare interesse storico-artistico o archeologico: già minacciato nei primi tempi del governo Berlusconi, il “silenzio-assenso”, solennemente escluso da Urbani come obiettivo del governo, era arrivato in Consiglio dei Ministri. Si deve ancora una volta alle proteste levate da moltissime parti, tra le quali spiccava per veemenza ancora una volta quella di Salvatore Settis, se il provvedimento sia rientrato: poichè il provvedimento ledeva lo stesso articolo 9 della Costituzione, che fa obbligo allo Stato di provvedere alla tutela del patrimonio artistico, possiamo dire di essere una volta di più davanti alla stessa volontà distruttiva delle istituzioni repubblicane verificata in mille atti dell'esecutivo di destra.
Un'altra vittoria, si direbbe. Forse. Ma se osserviamo la prassi costante di questo governo, si può facilmente constatare che il copione prevede l'emissione di un provvedimento volutamente provocatorio per la sua enormità e quindi il successivo ritiro dello stesso quasi ad acquisire benevolenza pubblica per l'atteggiamento benigno e responsabile; in tal modo però si sarà preparato il terreno per riproporre la cosa in termini simili, ma in forma attenuata, destinata ad essere accolta dall'opinione pubblica con minor clamore. Prepariamoci dunque ad un colpo di coda nell'anno che resta: dal mondo umiliato ed offeso dei tecnici delle Soprintendenze, dalle Università, dai centri di ricerca resi inoffensivi dai tagli di bilancio si guarda al 2006 con speranza. Occorrerà che tutto il centro-sinistra se ne ricordi nello stendere il suo programma.
*Mario Torelli ordinario di Archeologia Classica nell'Università di Perugia

Fonte: http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=TUTTIEDIT&TOPIC_TIPO=E&TOPIC_ID=41507

mt

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