Economia - Sviluppo del Mezzogiorno - Unioncamere si punta su riqualificazione dei poli metropolitani, evoluzione dei distretti e terziarizzazione.La Campania sulla via dell’innovazione.Dal rapporto sul sistema Paese emerge per il Sud Italia un quadro a tinte fosche .di Pierluigi Boda. Sarà pure un messaggio ottimista quello che Unioncamere ha voluto veicolare col suo terzo Rapporto sul Sistema Italia (non a caso intitolato "Italia 2010: una svolta possibile"). Ma, visto da Sud, il quadro dei processi di innovazione e del livello di competitività del Paese conserva tinte fosche. Sono tre le dinamiche decisive per la crescita individuate dal rapporto: la riqualificazione dei poli metropolitani, l’evoluzione dei distretti e la terziarizzazione.
Rispetto alle "città -sistema", emerge un modello urbano sempre più efficace nel porsi come volano dello sviluppo. Una tendenza che, nell’analisi Unioncamere, riguarda attualmente Roma, Milano e Torino. Nei prossimi cinque anni potrà investire anche città medie, come Genova e Trieste. Ma sembra troppo azzardato parlare di un futuro simile per una qualsiasi città meridionale, Napoli compresa. Sul fronte dei distretti nulla di nuovo, tranne la progressiva diversificazione e apertura delle attività di questi aggregati, che mostrano una spiccata vocazione multisettoriale. Le vere novità riguardano invece i processi di terziarizzazione, che cominciano a dare risultati tangibili. La ricerca mette in luce, infatti, l’emergere di territori che puntano - e hanno puntato in questi anni - in modo massiccio su formazione e welfare avanzato. Questo fenomeno fortunatamente riguarda anche alcune aree del Mezzogiorno, tra cui la Campania.
Nonostante il dato generale che colloca il potenziale innovativo nazionale nelle regioni del Nord e del Centro (Lombardia, Piemonte, Friuli e Veneto, Emilia e Toscana, Lazio) vale quindi la pena di provare a capire quale sia, secondo gli autori, la reale capacità di innovazione della nostra regione, che nella classifica generale si colloca davanti a Puglia, Calabria, Sicilia, ma pur sempre nel gruppo di coda. Per descrivere le diverse vie all’innovazione e la varietà di vocazioni dei territori, Unioncamere propone un modello basato su quattro pilastri. Il primo è quello del livello socio-culturale, inteso come sintesi dei fattori di offerta e domanda di beni e servizi legati alla cultura, alla formazione individuale e sociale, alla creatività artistica, alla sperimentazione esistenziale. Si vaa dalla dotazione di biblioteche alle opportunità professionali nei settori culturali, agli indici di partecipazione dei cittadini, alla dotazioni tecnologiche per il tempo libero e l’emancipazione culturale (uso del PC, internet, ecc.). Su questo fronte la Campania non svetta, ma si limita a un quartultimo posto. Il secondo pilastro è quello della "trasformazione delle vocazioni in Know how". In quest’ottica, al centro ci sono i sistemi di istruzione e di formazione, la propensione dei territori ad alimentarli e a valorizzare le competenze di cui dispone. Qui la strategia campana comincia a dare risultati tangibili, lo conferma il balzo a metà classifica, alle spalle del Lazio.
Sufficiente il punteggio campano anche rispetto alla capacità di trasformare know how in innovazione. È la dimensione cruciale per la competitività di un territorio, e misura gli investimenti in ricerca e sviluppo e, in generale al livello di successo economico e tecnologico dell’economia regionale. Stesso discorso, infine, rispetto alle dinamiche di innovazione del mercato, rilevate a partire dal numero di addetti di settori low-medium e high tech, e dalla presenza di capitale umano nei settori basati sulla conoscenza. Basilicata e Campania, in questa prospettiva sono sensibilmente più avanti rispetto alle altr regioni del Mezzogiorno.
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