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Io andrò a votare
25.03.2005

Fabio Protasoni (Acli Nazionale) sul referendum sulla fecondazione assistita

Il dibattito intorno al referendum sulla fecondazione assistita si sta scaldando. Si moltiplicano gli appelli al voto come quelli indirizzati a disertare le urne. In particolare le riflessioni del cardinal Ruini rappresentano per tutti, e in modo particolare per un cattolico come me, motivo di riflessione. Personalmente ero contrario a promuovere il referendum, pur comprendendo le ragioni che hanno spinto i proponenti, perché ritenevo, e ritengo ancora, che la sfida dovesse essere raccolta dalla politica su un piano diverso. La vicenda della legge 40, il dibattito insufficiente e viziato che l'ha generata, le strumentalizzazioni e le scelte ambigue che la caratterizzano sono, per me, una sconfitta della politica. Ben altra era la prova di maturità che era richiesta dal tema e ben altra la capacità di confronto e di laicità che doveva essere esercitata. Io avrei preferito una raccolta di firme, una mobilitazione su una petizione o un altro strumento simile, che potesse dare con più forza un messaggio positivo e di modernità in grado di aprire nel Paese un grande e più serio dibattito. Un modo "politico" di riaprire i giochi e arrivare anche a modificare la legge. Ma oggi siamo di fronte ai referendum ed io, da credente, andrò a votare. I quesiti referendari sono importanti e impegnativi. Attengono alla vita reale delle persone, ai desideri, alle sofferenze ed alle esperienze di uomini e donne concreti e alle conseguenze sociali di queste. E rimandano a quesiti ben più profondi dove solo la coscienza individuale può agire. La scienza da sola non può spiegare la vita. Può spiegare i processi biologici e chimici, può descrivere e ammirare ma non può spiegare il mistero della nostra esistenza e della consapevolezza che abbiamo di essa. A meno che non si pensi che l'uomo sia un fortunato incidente naturale non si può non arrivare alla conclusione che c'è un di più. Che sia la filosofia o la fede a tentare spiegazioni questa è una dimensione ineliminabile dell'essere umano e la coscienza individuale deve avere l'ultima parola. Per questo credo che i toni di alcuni, i manifesti e gli insulti, le ideologie applicate e le stupide semplificazioni appartengano tutte alla brutta politica. Quella brutta e pericolosa politica che non è capace di farsi carico della complessità e della profondità dei problemi e per calcolo o per interesse tende a ridurre tutto in proprio potere. Penso che, proprio per il fatto che, direttamente o indirettamente a seconda dei quesiti, ciò che deve essere messo in gioco è la coscienza, questi referendum assumono un significato estremamente importante e vanno trattati e affrontati da questo punto di vista. Se questo è vero, se cioè non si tratta di una questione solo "complessa", per la quale sarebbe lecito dire che non è materia da referendum, ma soprattutto una questione "profonda" per la quale la politica ha dimostrato la sua inadeguatezza allora è giusto svolgere i referendum e parteciparvi scegliendo. Occorre riflettere bene sulle conseguenze che avrebbe un atteggiamento astensionista. Quale messaggio di valore (o di disvalore) passerebbe. Se la materia è di tale spessore, se occorre affrontare, con serietà, il tema della tutela del concepito, quello della ricerca scientifica (con il carico di attese di milioni di persone sofferenti che non bisogna far finta di non vedere), il dovere di tutelare la salute della donna e la sua dignità, allora credo che occorra scegliere di non allontanare la responsabilità che deriva dall'andare a votare. Penso che le forze politiche, le associazioni, i centri culturali e i soggetti dell'informazione, gli intellettuali e la Chiesa dovrebbero fare ogni sforzo per aiutare i cittadini a scegliere con consapevolezza. E dopo credo che la politica dovrà fare ancora uno sforzo per ricercare un ampio consenso e trovare soluzioni pratiche condivise. In secondo luogo penso che vada ristabilita una competenza, e forse, questa occasione può essere uno strumento. Da uomo e padre io riconosco alla donna una "specialità" che è anche mistero proprio della sua esclusiva dimensione di madre. Trovo rivoltante e inaccettabile che, in un dibattito fra uomini, la questione della fecondazione si risolva in uno Stato che limita e vieta il desiderio di maternità come una degenerazione egoista della coppia ma in special modo della donna. Per quanto la dimensione della responsabilità debba essere fortemente esaltata qualsiasi sia la legge che uscirà dai referendum, penso che una parola fondamentale debba essere detta dalle donne. Prima di decidere cosa votare e come esercitare la mia responsabilità di cittadino e la mia identità di cattolico desidero ascoltare le donne avendo fiducia in quella "specialità" generatrice che è culla della vita. Sarebbe utile che i mass-media dessero una sorta di priorità, di accesso privilegiato per "fatto personale" alle donne, per spiegare, discutere il loro punto di vista. In terzo luogo credo che si debba, poi, avere chiaro per tutti il principio di laicità. Votando sarà necessario avere ben chiaro il dovere di dare alla convivenza civile, su temi così delicati e profondi, il carattere di uno spazio aperto e non di una chiusura o peggio, di una imposizione di alcuni su altri. Occorre evitare in tutti i modi il rischio di affermare nel Paese una specie di bipolarismo etico o, peggio, un conflitto tra laici e cattolici che non esiste. C'è il tempo per dare a questa consultazione, al di là degli esiti, il carattere del cammino, della crescita civile e politica per tutti. Sarebbe bello se, senza urla e strumentalizzazioni, la politica, per una volta, aiutasse i cittadini le cittadine a riflettere e a scegliere generando in ognuno di noi qualche domanda in più sul senso della nostra vita. Sono quelle che ci migliorano. Fonte: ADISTA Notizie n. 23 (26 marzo 2005)

http://www.adista.it

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