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Ambiente. Approvata a Strasburgo la Direttiva “Chi inquina paga”
28.05.2003

Ambiente. Approvata a Strasburgo la Direttiva “Chi inquina paga”
Il Parlamento europeo, nella sua sessione del 14 maggio, ha approvato in via definitiva l’importante Direttiva sulle responsabilità ambientali in caso di inquinamento

Di seguito, il testo dell’intervento in aula di Guido Sacconi, vicepresidente della Commissione Ambiente, come correlatore del parere sulla Direttiva, la sua dichiarazione di voto, il comunicato stampa diffuso dopo l’approvazione della Delibera, ed il messaggio di congratulazioni dell’Ufficio del WWF incaricato dei rapporti con il Parlamento europeo

Gli accordi in materia ambientale
Intervento in plenaria 13 maggio 2003

La Comunicazione della Commissione sugli accordi ambientali si inserisce nel processo di semplificazione e miglioramento del quadro normativo da noi tutti auspicato.

E' necessario, infatti, che la legislazione comunitaria sia maggiormente adattata ai problemi esistenti, alla sfida proposta dall'allargamento, alle realtà locali e alle costanti evoluzioni tecnologiche. Il fine ultimo è di mantenere la certezza del diritto sul territorio dell'Unione, di consentire un maggiore dinamismo degli operatori economici e sociali e di contribuire così a rafforzare la credibilità dell’azione della Comunità tra i suoi cittadini.

In tale contesto si inserisce il tema degli accordi ambientali. Nella piena condivisione dell'approccio della Commissione per quanto riguarda la distinzione di due modelli di accordi - e con le modifiche che ho in seguito apportate - riconosco appieno l'utilità di tali strumenti in quanto complemento delle misure di regolamentazione da utilizzare solo in previsione di miglioramenti in campo ambientale di portata pari o superiore a quella ottenuta con procedimenti legislativi tradizionali.

Il trattato non contiene alcuna specifica disposizione concernente gli accordi ambientali. Il ricorso a questi strumenti deve pertanto avvenire nella piena osservanza e in conformità dell'insieme delle disposizioni del trattato e degli impegni internazionali della Comunità. L'ossatura della politica comunitaria in materia ambientale è e resta la disposizione legislativa, che solo in alcuni e specifici casi potrà essere integrata da accordi volontari.

Nella redazione del parere che ci accingiamo a votare, nel tener conto dell'appassionato dibattito svoltosi sull’argomento e delle posizioni adottate dal Parlamento, ho ritenuto opportuno introdurre elementi di chiarimento e di garanzia al fine di rendere accettabili ed effettivamente praticabili gli strumenti indicati nella Comunicazione.

Mi riferisco, particolarmente, alle condizioni vincolanti che devono essere assicurate in via preliminare e che brevemente riassumo.

In primo luogo ho lavorato per rendere più esplicito il concetto di accordo volontario in quanto strumento di integrazione della legislazione comunitaria.

In secondo luogo, la definizione a monte dei settori che potrebbero costituire l'oggetto di accordi volontari, sia attraverso strumenti di co-regolamentazione che di auto-regolamentazione. Il ricorso a tali strumenti dovrebbe infatti aver luogo sulla base di un quadro di riferimento comune che manifesti, già in fase preventiva, l'intenzione di ricorrere ad accordi volontari in quel determinato settore. L'esplicita intenzione di ricorrere ad un accordo volontario dovrebbe essere ripresa nei documenti programmatici annuali della Commissione, in un documento di più ampia portata come un Libro Bianco o una strategia tematica. Codificando e rendendo impegnativa questa verifica preliminare, il Parlamento ed il Consiglio, oltre a tutte le parti interessate, potranno esprimere un parere circa la congruità di una tale opzione e, se del caso, autorizzare la Commissione alla negoziazione dell’accordo ipotizzato. Il valore aggiunto in termini di elevato livello di tutela dell'ambiente deve infatti avere il formale riconoscimento da parte di tutte le istituzioni che partecipano al dibattito interistituzionale.

In terzo luogo, l'approfondimento dei criteri di valutazione necessari per un corretto uso degli accordi ambientali. Ritengo che al fine di garantire la trasparenza e l'efficacia degli strumenti volontari, sia necessario definirne le condizioni di applicazione nonché verificarne le modalità di attuazione. Come precedentemente ribadito, gli obiettivi dell'accordo - definiti all'interno di un quadro legislativo di riferimento o indicati in una raccomandazione della Commissione - devono comunque tradursi in obblighi per le parti. Il mancato rispetto o raggiungimento degli obiettivi stabiliti fa scattare il ricorso a meccanismi legislativi a complemento o a sostituzione dell'accordo.

In ultima analisi, la distinzione tra accordi di co-regolamentazione e auto-regolamentazione.

Nel primo caso, tali strumenti vanno inseritiØ all'interno di un quadro giuridico vincolante che conferisca al Consiglio e al Parlamento europeo il diritto di partecipare e di adottare obiettivi, assicuri l'accesso e la partecipazione del pubblico e comporti efficaci meccanismi di monitoraggio e di sanzione.

Nel secondo, il ruolo della Commissione puòØ essere di stimolo o di incoraggiamento mediante una raccomandazione, o di riconoscimento, mediante uno scambio di lettere con i rappresentanti dei settori interessati. Indipendentemente dalla scelta dello strumento, resta impregiudicato il potere di controllo da parte del Parlamento e del Consiglio in merito ai risultati raggiunti e il ricorso in qualsiasi momento a strumenti tipici di legislazione.

Su queste basi, che la Commissione Ambiente ha migliorato ed approvato, noi diamo il disco verde alla Commissione perché nei settori da essa indicati - e in primo luogo per il PVC - si cominci a procedere alla sperimentazione di questo mix fra legislazione ed impegni volontari. Abbiamo arricchito e riordinato la scatola degli attrezzi. Cominciamo ad usarli tutti al meglio.

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Responsabilità ambientale
Intervento in plenaria 14 maggio 2003

Signor Presidente,
la direttiva che ci accingiamo a votare può e deve rappresentare una svolta chiaramente percettibile da tutti i cittadini europei.
A partire da Seveso fino ai disastri tristemente famosi del Parco naturale della Donana, dell'affondamento della petroliera Prestige nonché agli ultimi, in ordine temporale, ovvero l'accertamento dei devastanti effetti sulla salute dei nascituri prodotti dal degrado ambientale del polo chimico di Priolo, sono tutti casi che impongono l'adozione di un regime europeo di responsabilità civile per danni all'ambiente.

C'è bisogno di un forte segnale politico, utile anche per bloccare alcune tendenze regressive che si stanno manifestando qua e là.

La signora Wallström, ad esempio, sa bene che il governo italiano sta per porre mano ad una revisione del codice penale che, fra le altre cose, prevede la depenalizzazione dei reati ambientali. A maggior ragione serve dunque un regime che applichi rigorosamente il principio "chi inquina, paga" e crei, quindi, forti incentivi per prevenire ed evitare che tali situazioni si ripetano in futuro.

La finalità ultima, infatti, è la prevenzione, non la compensazione del danno. In funzione di questo obiettivo, in seno alla commissione per l'ambiente abbiamo lavorato affinché si cancellassero alcune pericolose deroghe che consentono mezzi di difesa ampi e generici e che, nella realtà dei fatti, equiparano le autorizzazioni ambientali ad una sorta di licenza ad inquinare, con il serio rischio di azzerare l'efficacia del sistema normativo proposto. Abbiamo lavorato affinché sia l'operatore responsabile, e non il contribuente, a farsi carico dei costi del risanamento
ambientale.

E' inoltre necessario che tutte le attività economiche da cui può derivare un danno per l'ambiente siano prese in considerazione e previste dal regime di responsabilità. Tale regime dovrebbe prevedere, come regola generale, una responsabilità oggettiva per i danni ambientali, a prescindere dal fatto che siano causati da un'attività ritenuta, o meno, pericolosa.

Questa direttiva è di straordinaria importanza; attesa ormai da lungo tempo, costituisce un elemento fondamentale della legislazione europea in materia di ambiente, a condizione però che siano accolte le modifiche rafforzative su cui abbiamo lavorato con i sedici emendamenti di compromesso, che invito caldamente a votare e che ripropongono la sostanza di quanto votato in seno alla commissione per l'ambiente e poi cancellato dalla commissione giuridica; in caso contrario, come ha già detto la collega Gebhardt, in particolare se non fossero approvati gli emendamenti nn. 99, 103 e 107, il nostro gruppo non potrebbe approvare la relazione Manders.

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Europarlamento. Guido Sacconi (DS/PSE)
Approvata in prima lettura la Direttiva sulla responsabilità ambientale: il principio “chi inquina paga” diventa una norma vincolante

COMUNICATO STAMPA

Strasbourg, 14.05.03 Il Parlamento Europeo, al termine di una battaglia politica durata mesi, e che ha coinvolto le Commissioni Ambiente e Giuridica, ha approvato a maggioranza una serie di importanti modifiche migliorative della Direttiva sulla responsabilità ambientale. Uno schieramento di centrosinistra (PSE, Verdi e GUE) ha saputo aggregare anche una parte importante del gruppo liberale, isolando il PPE che si è attestato su una posizione ancor più arretrata della proposta iniziale della Commissione e, conclusivamente, ha cercato di affossare con un voto negativo una Direttiva attesa da 20 anni.

Con questo provvedimento, il principio “chi inquina paga” diventa una norma europea. In altri termini, chiamati a riparare il danno non saranno più gli stati, e quindi i contribuenti, ma gli operatori direttamente responsabili di disastri ecologici come quelli verificatisi da Seveso fino all’affondamento della Prestige, e più in generale di qualsiasi forma di inquinamento del suolo, delle acque e degli habitat naturali. Un sistema certo ed efficace, naturalmente finalizzato a disincentivare comportamenti irresponsabili e ad indurre al contrario le imprese a prevenire il danno.

Va anche aggiunto che si tratta di un forte segnale politico, utile anche per bloccare alcune tendenze regressive che si stanno manifestando. Ne sappiamo qualcosa in Italia, dove il governo Berlusconi, oltre ad aver avviato con la legge delega lo smantellamento della legislazione ambientale, sta perseguendo anche la penalizzazione dei reati ambientali.

Punti cardine del voto del Parlamento, destinati appunto a rendere cogente il nuovo regime di responsabilità civile, sono stati:

1. la definizione più puntuale del campo di applicazione della normativa, in particolare per quanto riguarda i danni alla biodiversità e l’inclusione di tutte le attività e sostanze pericolose;

2. la cancellazione di alcune deroghe previste nella proposta della Commissione Esecutiva e che costituivano una sorta di impropria autorizzazione ad inquinare;

3. l’introduzione dell’impegno per gli Stati Membri di adottare le misure necessarie per costituire sistemi di garanzia finanziaria obbligatoria per gli operatori dei settori individuati come più pericolosi, in modo tale da evitare casi di insolvenza di fronte ai costi del risanamento ambientale.

Pur dovendo registrare con rammarico di non essere riusciti ad inserire la contaminazione da OGM fra i danni coperti dalla Direttiva (obbiettivo che però resta aperto nel quadro della specifica legislazione di settore, in corso di completamento), possiamo affermare che quella di oggi è stata proprio una buona giornata per l’ambiente e per i cittadini europei. Un passo decisivo in avanti nella direzione dello sviluppo sostenibile e del necessario cambiamento dei comportamenti degli attori della vita economica.

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