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Arci. Appello al voto
29.03.2005

Arci. Appello al voto
Elezioni regionali 2005
con il centrosinistra per un Paese migliore
Rafforzare il welfare locale,
promuovere la pace.
Investire sui giovani,
la cultura, l’ambiente,
l’associazionismo,
i migranti. 

www.arci.it

Le elezioni del 3 e 4 Aprile per il rinnovo dei
Governi regionali sono l’occasione per dare una
spinta al cambiamento di cui l’Italia ha bisogno.
Nella società crescono disagio ed incertezza di fron-
te all’azione devastante del governo delle destre,
responsabile di aver trascinato il Paese in una guerra
di occupazione, di aver inaugurato una politica di
riarmo e di aver rinunciato ad una politica estera
autonoma. Un governo responsabile anche della
preoccupante crisi economica e sociale in cui versa
il Paese.
Il freno allo sviluppo assume ormai i caratteri di una
recessione che minaccia l’intero tessuto produttivo e
colpisce il tenore di vita dei cittadini. In questi anni
non si è realizzata l’innovazione promessa, si è indebolita
la competitività della nostra economia, si è
favorito la concentrazione di ricchezze nelle mani
degli amici vicini al potere politico, si sono demoliti
diritti e tutele del lavoro e l’intero sistema delle
garanzie sociali. L’incompetenza e il cinismo con cui
il Governo ha affrontato le politiche dell’immigrazio-
ne hanno aumentato clandestinità e marginalità
sociale, favorito il riemergere di una cultura razzista.
Il tentativo illusorio di confondere le carte con le
riduzioni fiscali è solo un ulteriore regalo ai più ricchi
che non ripaga le famiglie dei disagi prodotti dal
taglio dei servizi.
La crisi del Paese è grave. Al di la del declino economico
assume il carattere di una crisi morale, che
colpisce l’etica pubblica, le responsabilità civili, il
senso di appartenenza alla comunità. Il sistema
all’uso privato delle istituzioni, dall’attacco all’auto-
nomia della magistratura e alla libertà di informazione,
dal tentativo di delegittimare le rappresentanze
sociali azzerando ogni forma di concertazione
e dialogo.
Il progetto di riforma federalista della destra è un
ulteriore salto di qualità in questa opera di demolizione
del sistema-paese. Anziché avvicinare lo Stato
ai cittadini, divide i territori e minaccia l’unità del
Paese, discrimina le possibilità di accesso ai diritti.
Provocherà un’involuzione autoritaria, renderà più
debole il ruolo della rappresentanza parlamentare,
toglierà ogni spazio alla democrazia partecipativa.
Oggi l’Italia deve scegliere se continuare su questa
strada o svoltare decisamente, finché si è in tempo.
La domanda di cambiamento emerge con forza dal
disagio quotidiano di milioni di cittadini alla prese
col peggioramento delle proprie condizioni di vita,
ma fatica a trovare rappresentanza perché la comunicazione
tra società civile e istituzioni sembra
essersi interrotta, perché una politica lontana e
chiusa alla partecipazione fatica a leggere bisogni e
aspirazioni dei cittadini per tradurli in un progetto
convincente e realizzabile, che restituisca al Paese
speranza di futuro e serenità. Le elezioni regionali
sono l’occasione per invertire questa situazione, per

dimostrare che un’altra Italia è possibile.
Guardiamo con fiducia a questo appuntamento
perché crediamo nella forza della partecipazione e
sappiamo che il Paese sta cambiando. In questi
anni, spesso fuori dalle sedi politiche tradizionali,
nei movimenti pacifisti e no global, nelle lotte sindacali,
nelle mobilitazioni in difesa della democrazia,
si sono prodotti gli anticorpi alla cultura della
destra, sono emerse nuove energie di cittadinanza
che oggi rivendicano spazi di partecipazione e rinnovamento
della politica.
Questi movimenti non sono tornati a casa, si stan-
no radicando nei territori, nel proliferare di mobilitazioni
sociali, di reti tematiche, campagne e vertenze
sul lavoro, l’ambiente, i beni comuni, il disarmo,
l’immigrazione, i diritti civili. Partendo da temi
e conflitti specifici suscitano nuova partecipazione,
cercano strumenti per fare rete, acquisire peso politico,
interagire con le istituzioni. Da questa nuova
movimentazione sociale bisogna partire per costruire
dal basso, nella società, le condizioni di una
rivincita elettorale che non si limiti all’alternanza
nelle istituzioni ma inauguri una fase di lungo periodo,
un progetto di reale alternativa a questo stato
di cose, nei valori e nelle scelte di governo.
Le opposizioni si presentano unite alle elezioni
regionali. E’ un fatto importante, ma non sufficiente.
Serve l’impegno di un campo di forze più ampio
che coinvolga con i partiti anche sindacati, associazioni,
movimenti. Il centrosinistra deve raccogliere e
valorizzare le potenzialità espresse da una rete di
relazioni cresciuta nella società ma ancora esclusa
dai luoghi delle decisioni, ponendo finalmente
all'ordine del giorno temi che sono ormai patrimonio
di una larga parte del Paese.
La dimensione regionale è il terreno ideale per
costruire l’alternativa, garantire direzione e progetto
al cambiamento necessario. Nell’epoca in cui l’in-
vadenza del mercato globale tende a mortificare le
risorse e le culture dei territori, alle istituzioni regionali
spetta un ruolo fondamentale nel promuovere
uno sviluppo fondato sulla crescita delle comunità
locali, sul loro patrimonio ambientale e culturale.
Fra il ritorno ad un centralismo inadeguato e la prospettiva
di un secessionismo egoistico che demolisce
il sistema paese, noi scegliamo la strada di un
federalismo solidale che poggia sulla capacità delle
Regioni di governare i territori integrando i loro sforzi
in una strategia nazionale. Un sistema delle autonomie
che valorizzi le energie e le specificità di ciascun
territorio per promuovere la crescita di comunità
solidali ed aperte garantendo uguali diritti a
tutti i cittadini che ci vivono.
Le Regioni sono anche l’ambito ideale per investire
nella partecipazione e nella responsabilità civile,
innovare l’idea di una funzione pubblica che non si
esaurisca nella pubblica amministrazione e si faccia
garante dell’interesse generale della comunità, dei
beni comuni e dell’universalità dei diritti, promuovendo
il protagonismo e l’iniziativa delle persone, la
concertazione sociale, l’allargamento degli spazi
pubblici di cittadinanza.
E’ nei territori, nella cultura civile, nell’iniziativa
degli enti locali e delle organizzazioni sociali che
cresce l’alternativa al leaderismo, alla società del-
l’individualismo e della competizione, e si afferma
una nuova idea della democrazia, della dimensione
collettiva e sociale del progresso.
A partire dalla sua quotidiana iniziativa associativa
nel territorio, l’ARCI ha scelto di essere parte attiva
di questa stagione di cambiamento, ponendosi –
con la sua autonomia - nel campo di forze che
intende costruire da sinistra un’alternativa politica,
sociale, culturale al governo delle destre.
Per questo, nelle elezioni regionali 2005, ci impegneremo
per sostenere i candidati del centrosinistra,
ai quali chiediamo di sottoscrivere con noi un
patto di impegno sugli obbiettivi programmatici che
riteniamo essenziali.
Colmare le lacune legislative nel terzo settore
Troppo spesso le normative regionali in materia di
associazionismo, volontariato e cooperazione sociale
non rappresentano adeguatamente la complessità
e la ricchezza di questi fenomeni; in alcune
Regioni lamentiamo vuoti legislativi non più sostenibili,
mentre in altri casi le leggi regionali presentano
preoccupanti dissonanze con la legislazione
nazionale di riferimento.
E’ necessario che le Regioni procedano all’aggior-
namento delle diverse legislazioni di riconoscimento
e di sostegno del terzo settore in una visione
coerente con il quadro nazionale e in relazione al
ruolo crescente che nei vari settori le politiche
nazionali di indirizzo attribuiscono alle forme organizzate
della partecipazione civile. E’ necessario che
le Regioni sostengano lo sviluppo dell’associazioni-
smo e la sua qualità sociale anche con incentivi
fiscali ed interventi a sostegno della formazione e
della progettazione.
Chiediamo inoltre alle Regioni di tutelare l’attività
dei Centri di Servizio al Volontariato previsti dalla
legge 266/91 e le risorse ad essi destinati, salvaguardando
la loro autonomia dai Comitati di

Gestione e dalle Fondazioni di origine bancaria,
assieme alla possibilità di coinvolgere, sviluppare
reti, progettazione e servizi tanto con le associazioni
di volontariato quanto con quelle di promozione
sociale.
Affermare i diritti, innovare e difendere
il welfare
Le Regioni hanno un ruolo decisivo per inaugurare
una nuova stagione delle politiche sociali che superi
un approccio esclusivamente redistributivo e risarcitorio
ed inauguri una strategia di promozione del
benessere sociale diffuso. Serve un welfare che guar-
di all’emergenza di nuovi soggetti e nuovi bisogni,
combatta precarietà ed esclusione sociale, rafforzi e
rinnovi le funzioni pubbliche a garanzia dell’univer-
salità dei diritti e della loro effettiva praticabilità.
Chiediamo alle Regioni di recuperare lo spirito originario
della Legge 328 e garantirne la piena attuazione
con strategie partecipate di promozione dei
diritti, sistemi territoriali di accesso a servizi e prestazioni,
il ricorso alla progettazione partecipata,
l’integrazione tra servizi sociali e politiche per la formazione,
il lavoro, la casa. Riteniamo necessario
l’inserimento nelle politiche di welfare dei servizi
per l’aggregazione e la socializzazione, la cultura, lo
sport e il tempo libero. Chiediamo che risorse adeguate
vengano destinate alla sperimentazione di
misure regionali per il reddito minimo di inserimento
come base di una politica di inclusione sociale e
lotta alle povertà.
Leggi regionali a sostegno dei diritti
dei migranti
La crescente presenza di cittadini stranieri è un
fenomeno destinato ad incidere nell’evoluzione
della società italiana, nella sua cultura, nelle relazioni
economiche e sociali. La legislazione nazionale
affronta il problema con misure protezionistiche
di limitazione degli ingressi e discriminazione dei
diritti degli immigrati, tanto inaccettabili moralmente
quanto velleitarie ed inefficaci. Al tempo stesso
la destra tende a scaricare sull’immigrazione le tensioni
sociali causate dal crescente senso di precarietà
ed insicurezza che si sta diffondendo nel
Paese. Serve un approccio diverso, politiche che si
propongano di governare l’immigrazione garantendo
uguali diritti ed opportunità a tutti color che
vivono, lavorano, operano nel nostro territorio.
L’estensione del diritto di elettorato attivo e passivo
ai cittadini immigrati diviene l’obbiettivo centra-
le di una nuova stagione, il presupposto per un
nuovo patto di cittadinanza. E’ inoltre necessario
arrivare all’emanazione di specifiche Leggi Regionali
sull’immigrazione ispirate a principi di uguaglianza
sostanziale e non fomale, che diano certezza alle
politiche per il diritto alla casa, al lavoro, all'assi-
stenza sociale e sanitaria, alla scuola e alla formazione
dei lavoratori stranieri.
Le Regioni promotrici di politiche di pace
La promozione attiva della pace deve essere al
primo posto in ogni scelta nel governo delle
Regioni. Chiediamo che i rapporti internazionali,
l’attività diplomatica e le relazioni economiche dei
governi regionali siano finalizzati alla prevenzione
dei conflitti e alla promozione della coesistenza
pacifica; che le Regioni destinino adeguate risorse
al sostegno della cooperazione e della solidarietà
internazionale, con progetti finalizzati ad incentivare
politiche di sviluppo e combattere le disuguaglianze;
che le Regioni adottino specifici provvedimenti
e destinino adeguate risorse per diffondere la
cultura della pace e sostenere il ruolo degli enti
locali e delle associazioni nei progetti di educazione
alla pace.
Vogliamo infine che le Regioni si adoperino con
determinazione per la smilitarizzazione del territorio
italiano, recuperando la propria sovranità territoriale
sulle aree adibite a basi militari straniere e decidendone
la riconversione ad usi civili e la destinazione
a scopi di pace.
Una politica per la cultura e la formazione
permanente
Riteniamo che le politiche per la cultura siano una
priorità dei governi regionali, perché i diritti culturali
sono un perno dei diritti di cittadinanza.
La cultura è lo strumento con cui una comunità
sociale elabora la complessità del suo tempo, si da
un’identità. Il diritto alla cultura, il libero accesso alle
conoscenze, la circolazione delle idee e dei saperi, il
riconoscimento delle diversità culturali, sono elementi
senza i quali non può esserci un pieno esercizio
della cittadinanza. Una comunità che favorisce
le opportunità culturali per i propri cittadini vedrà
crescere qualità di vita e benessere sociale, dove
invece c’è vuoto culturale si alimenteranno disagio
ed esclusione.
Le Regioni possono contribuire in modo determinante
all’affermazione, anche nel nostro paese, di un
sistema di formazione permanente finalizzato non
solo alle esigenze produttive, bensì anche alla crescita
culturale e sociale dei cittadini. A questa stra

tegia la rete diffusa dell’associazionismo culturale
può garantire un contributo assolutamente rilevante
Nuove opportunità per le ragazze e i ragazzi
Proporsi un nuovo patto per lo sviluppo sociale
vuol dire scommettere sui giovani, articolare una
nuova strategia delle opportunità per ragazze e
ragazzi. Oggi è necessario intervenire, anche con
strumenti di sostegno al reddito, per arginare la precarietà
del lavoro che rappresenta per tanti giovani
un ostacolo spesso insormontabile alla piena realizzazione
di sé. Occorre puntare fortemente sulla
formazione e sulla ricerca, con politiche che sappiano
collegare efficacemente i percorsi formativi al
mondo del lavoro. Bisogna investire negli spazi di
aggregazione e di socializzazione, promuovere la
responsabilità e la partecipazione alla vita pubblica
da parte dei giovani, la loro capacità di associarsi e
di autorganizzarsi, offrire strumenti ed opportunità
alla creatività e all’imprenditoria giovanile.
Chiediamo l’impegno delle Regioni per favorire, col
loro ruolo nell’ambito della legge quadro in materia,
lo sviluppo ed il consolidamento di un efficiente sistema
di servizio civile nazionale, garantendo risorse e
certezza di prospettive ad un settore che si sta rivelando
una straordinaria opportunità di esperienza
umana, di formazione e di impegno civile per ragazzi
e ragazze.
Politiche a tutela dell’ambiente
La tutela dell’ambiente è uno dei grandi temi che
interrogano il futuro dell’umanità, rispetto al quale le
scelte di governo delle Regioni sono destinare ad
avere peso decisivo per garantire la salute e la qualità
di vita dei cittadini.
A questo proposito chiediamo alle Regioni di promuovere
il risparmio energetico e lo sviluppo delle
fonti rinnovabili, come indica il Protocollo di Kyoto
appena entrato in vigore; di cambiare radicalmente
la politica dei trasporti favorendo il trasporto pubblico
e collettivo e le forme di mobilità alternative
all’auto e al trasporto su gomma.
Chiediamo una programmazione ed una gestione
dello smaltimento dei rifiuti corrette ed efficienti. E’
prioritario adottare strategie finalizzate alla riduzione
della quantità dei rifiuti da smaltire intensificando
l’impegno nella raccolta differenziata fino al raggiungimento
degli standard previsti dalla Legge
Ronchi. E’ necessario infine privilegiare, nelle politiche
urbanistiche, la manutenzione e il recupero del
patrimonio esistente rispetto all’aumento di nuove
edificazioni.
Difendere i beni comuni e garantirne l’accesso a
tutti
La globalizzazione neoliberista sta aggravando i processi
di espropriazione delle risorse naturali ai danni
del sud del mondo e tende ad estendere la mercificazione
dei beni comuni alla biologia, ai saperi locali,
ai servizi pubblici. Occorre proteggere i beni comuni
dell’umanità tanto da un uso irresponsabile delle
risorse naturali quanto dall’aggressività delle politiche
liberiste.
Riteniamo che le Regioni debbano mettere in atto
politiche pubbliche per tutelare i beni comuni e la
loro accessibilità per tutti i cittadini, a cominciare
dalla scelta di mantenere il carattere totalmente
pubblico dell’acqua potabile, bene fondamentale
per l’esistenza, che rappresenta un diritto inalienabile
e non può essere privatizzato.
E’ necessario che le Regioni promuovano, con iniziative
e strumenti adeguati, una nuova cultura dei beni
comuni e contribuiscano a far crescere nella sensibilità
diffusa dei cittadini la consapevolezza della
necessità di nuovi modelli di consumo e stili di vita.
Promuovere la partecipazione, innovare la
democrazia
Senza la partecipazione dei cittadini non è immaginabile
una politica in grado di garantire sviluppo,
diritti e coesione sociale. La complessità di questi
anni richiede un più forte investimento sulla responsabilità
collettiva della comunità, la ricerca e la sperimentazione
di nuovi strumenti di coinvolgimento e
partecipazione attiva dei cittadini. Le modalità consultive
fin qui sperimentate non sono più sufficienti
a valorizzare le potenzialità offerte dalle esperienze
di autorganizzazione, a coinvolgere e responsabilizzare
movimenti e associazioni che svolgono
funzioni spesso insostituibili.
Le Istituzioni regionali devono superare la cultura
della delega con una piena apertura alla partecipazione,
prevedendo esplicitamente l’impegno, tanto
delle assemblee elettive quanto degli organi di
governo, a promuovere gli ambiti in cui ricercare il
confronto e l’elaborazione comune con l'associazio-
nismo, con singoli cittadini, con i movimenti, per
perseguire l’obbiettivo di un allargamento diffuso
della sfera pubblica.
Le pratiche della progettazione partecipata sono lo
strumento per attuare questa strategia, consentendo
ai cittadini di partecipare a decisioni concrete, met-
tendo in relazione amministrazioni locali, associazioni
e movimenti con l’obbiettivo di favorire relazioni
più strette fra governo locale, territorio e società.

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