5.04.2005
Di Enrico Galantini.
Il risultato è stato clamoroso, al di là delle speranze più rosee dello stesso centrosinistra. Il centrodestra ha perso in sei delle otto regioni in cui aveva vinto nelle elezioni del 2000, mantenendo solo il governo di Lombardia e Veneto. Il centrosinistra conquista 11 regioni su 13, dominando là dove già governava, prevalendo in modo assai netto in Calabria, Abruzzo e Liguria e vincendo in modo inequivocabile anche in realtà difficili come Piemonte, Lazio e Puglia. Certo, si tratta di elezioni regionali e dunque l’operato dei singoli presidenti, le scelte concrete fatte in questi anni e la qualità dei candidati hanno indubbiamente contato, ma il significato politico generale della consultazione è altrettanto indubbio, vista la schiacciante supremazia anche per quanto riguarda i voti: l'Unione conquista il 52,9 per cento dei suffragi, contro il 45,1 della Cdl: un vantaggio di 7,8 punti percentuali.
La sconfitta della coalizione di governo è dunque nettissima. E all’interno della Casa della libertà la sconfitta di Forza Italia è altrettanto netta. Berlusconi, fino al momento in cui scriviamo, ha evitato ogni commento. Non altrettanto hanno fatto i suoi alleati. Per Giancarlo Fini la sconfitta è politica e occorre qualche correzione di rotta, soprattutto nel Dpef per quanto riguarda i ceti medi. E l’altro vicepresidente del Consiglio, Marco Follini, parla della necessità di “riflettere, magari non solo riflettere”. Mentre la Lega si dichiara soddisfatta della sua crescita. Si affilano le armi, insomma, in vista di un confronto che si annuncia duro ma è difficile pensare che ci possano essere cambiamenti significativi: questa maggioranza di governo non prevede possibili alternative alla leadership di Berlusconi; quella che è stata la sua forza nel 2001 è oggi la sua debolezza. E la svolta che sarebbe necessaria, innanzitutto per il bene del paese, appare decisamente improbabile. Molto più probabile un trascinarsi da qui al 2006 tra risse ed effimere ricomposizioni.
La maggioranza degli italiani, comunque, il 3 e il 4 aprile ha dato prova di non condividere la politica fallimentare di questo governo: dalla controriforma del mercato del lavoro, che istituzionalizza il precariato, alla manovra fiscale, che privilegia i ceti più abbienti a scapito del lavoro dipendente e dei pensionati. E sicuramente hanno contato anche la pessima riforma costituzionale e l’indecoroso balletto sul contratto degli statali delle ultime settimane. “Il risultato elettorale di ieri esprime in maniera omogenea, partecipata e netta un’indicazione di malessere e di scontento nei confronti delle scelte politiche della maggioranza di governo – afferma Guglielmo Epifani –. Il voto conferma e rafforza le ragioni e le motivazioni delle critiche che la Cgil ha avanzato nei confronti delle politiche del governo, da quelle economiche a quelle fiscali, da quelle sociali a quelle istituzionali”.
All’Unione spetta ora la responsabilità , in questo anno che ci separa dalle elezioni politiche, di incalzare il governo, di consolidare l’unità che ha consentito l’importantissimo risultato delle regionali, costruendo nel frattempo un programma chiaro e di svolta, nel quale la maggioranza del paese possa riconoscersi, un programma che abbia al suo centro l’equità sociale e la volontà di rilanciare lo sviluppo e l’economia.
Non sarà facile né indolore. Ma non ci sono scorciatoie. E oggi è meno difficile che ieri.
Fonte: http://www.rassegna.it/2005/speciali/articoli/elezioni-regionali/comm.htm
Immagine: http://www.broderie.it
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