10.04.2005
Cina, Taiwan, Vaticano e Russia: nuovi scenari? Note tra fantapolitica e non. Passata l’ondata emotiva ed affettiva a seguito della scomparsa di Giovanni Paolo II l’attenzione si focalizza sui problemi che rimangono e che risultano addirittura amplificati e radicalizzati dall’eccesso di clamore sull’avvenimento; l’effetto “collaterale” è stato un rimescolamento del contesto di riferimento, che ha fatto mutare anche le condizioni al contorno.
La scomparsa del pontefice era stata da tempo pianificata in quanto l’aggravarsi delle sue condizioni di salute la rendevano sempre più vicina. Probabilmente già da tempo la guida della Chiesa non era più nella sua mente e altri avevano impresso una svolta tale da preoccupare persino i laici osservatori statunitensi ed autorevoli testate che anche di recente si sono poste il problema. Per quali motivi?
Quello che può avere suscitato preoccupazioni particolari negli Stati Uniti è stato, probabilmente, il progressivo avvicinamento tra il Vaticano e Pechino, ormai prossimo ad una svolta storica qualora si fosse riusciti a superare l’ultimo irrisolto ostacolo, quello della nomina dei vescovi e della loro esclusiva dipendenza da Roma. L’accordo avrebbe comportato il disconoscimento di Taiwan e l’adesione alla tesi di Pechino che considera l’Isola una sua provincia ribelle.
Questa clausola era la più difficile da realizzare con Giovanni Paolo II in vita e, soprattutto, in possesso di una residua lucidità di pensiero autonomo, perché il defunto pontefice era un uomo inflessibile sui principi e quantunque desiderasse aprire alla Cina e per questo aveva evitato di irritarla con il recarsi a Taiwan dove era stato più volte invitato, non sarebbe mai stato disponibile a ciniche manovre di convenienza politico-religiosa. Fantapolitica? L’accordo è stato confermato dal vescovo di Hong Kong Joseph Zen con una notizia diffusa dalle agenzie.
A tal punto i fatti s’intrecciano con le vicende italiane e con la ricerca di una sinergia con la politica estera italiana in una sorta di neoclericalismo e di neointegralismo rivolto verso l’Estero. Ha fatto scalpore, ma non ha suscitato il dovuto clamore, la presa di posizione del Presidente della Repubblica Italiana che, al rientro di un viaggio promozionale nella Cina continentale, si è espresso a favore dell’abolizione del vigente embargo sulla vendita di armamenti alla Repubblica Popolare Cinese. Nei disegni inespressi, ma dei quali cominciano ad aversi avvisaglie sulla stampa, c’era un nuovo papa italiano, diplomatico, politico, flessibile.
Questi disegni sembrano ora gravemente compromessi, quasi che ad andare in crusca sia stata questa volta la “farina del signore”. Rieccheggiando una celebre asserzione potremmo dire “non possiamo che dirci laici” a cominciare da quei “pellegrini” che, sia pure a prezzo di ore estenuanti di fila, giunti davanti al feretro si raccoglievano in meditazione per scegliere la migliore inquadratura. Ed erano tanti a farlo. Laici devono essersi sentiti molti elettori di Forza Italia, che forse anche per questo hanno disertato le urne, mettendo una seria ipoteca sulla continuità di governo e sulla possibilità di concretizzare quanto programmato, nei presunti terreni “disegni divini” (almeno a quelli attribuiti aad alcuni suoi rappresentanti in Terra ed ai loro fedeli seguaci), con la prospettiva di almeno una legislatura.
L’altro fatto imprevisto è stato che l’amplificazione mediatica dell’evento, che probabilmente doveva limitarsi alla sola Italia, è straripata oltre il previsto, spingendo i politici che contano sulla scena mondiale ad essere presenti, a sacrificare una “pedina mediatica” su una scacchiera dove l’assenza li avrebbe potuto mettere se non fuori dal gioco, almeno in difficoltà di immagine. Questo a cominciare dai più alti vertici statunitensi e, a finire, con Taiwan. A non avere flessibilità è stata, invece, Pechino che non ha compreso che in una sottile partita diplomatica l’intransigenza non paga.
La scelta del Vaticano di fare partecipare Taiwan, la moglie legittima, era obbligata; l’amante, come avviene anche e soprattutto nei più formali e tradizionali ambienti, deve attendere il suo turno e stare al gioco. La presenza della Repubblica Popolare Cinese alla fiera globale dei funerali sarebbe stata politicamente pagante; la rottura ha solo enfatizzato il ruolo di Taiwan con un riconoscimento di fatto della sua sovranità ed indipendenza che non vi sarebbe stato in caso di forzata co-presenza come avvenuto per altri Paesi, che hanno tra loro anche una conflittualità maggiore.
Tutto questo ha contribuito a cambiare profondamente il contesto e le condizioni al contorno, rendendo meno probabile l’elezione a pontefice di un italiano, che sarebbe risultato fortemente avvantaggiato qualora l’amplificazione mediatica non fosse divenuta globale, ma si fosse limitata ai confini nazionali dando dell’Italia l’immagine di Paese occidentale controcorrente per quanto riguarda i valori religiosi e con la prospettiva di una contiguità politica in caso di esito diverso delle regionali, come peraltro accreditato in sondaggi.
Il “contagio”, invece, si è allargato persino alla realtà islamica, che al contrario della realtà cinese ha compreso che i danni si limitano stando al gioco e non rimanendone fuori. La prospettiva da mistico-politica ha assunto alla fine, almeno nel contesto delle relazioni internazionali, peculiarità esclusivamente politiche, oscurando per un giorno il già scarso ruolo dell’ONU, anche lui presente ai massimi livelli. Ma il troppo storpia anche nei più raffinati disegni politici; il primo effetto è stato probabilmente quello di rendere meno probabile l’auspicata elezione di un italiano, gli altri seguiranno in successione con l’ondata di rigetto e di riflusso di cui, con contraddizione solo apparente, la grande partecipazione di “potenti” è un primo indice.
Altro indice sintomatico di una situazione sfuggita di mano è la rinunzia di Vladimir Putin a venire a Roma per i funerali di Giovanni Paolo II. Le motivazioni che l’hanno determinata e le valutazioni da fare sul merito richiedono un’approfondita analisi in altra sede. La Federazione Russa ha scelto di stare alla finestra, magari non a quella del paradiso, ma a quella più contingente e banale della politica internazionale. Se si verificheranno le condizione politiche e di gradimento, il prossimo pontefice potrebbe venire assai presto compiere quella visita che non fu possibile a Giovanni Paolo II, altrimenti tutto come prima e nessun passo prematuro. La posizione di Putin è diversa da quella di Bush e, anche per questo, ha potuto evitarsi una dose industriale di spirito santo in una giornata particolarmente ventosa.
Giorgio Prinzi
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