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Referendum art. 18. La Uil per il non voto.
30.05.2003

La Direzione della UIL si è riunita il, 13 maggio 2003, per assumere una decisione in merito al quesito referendario relativo all’art. 18.

La Direzione della UIL ritiene prioritario e necessario ridefinire un quadro normativo che consenta il consolidamento e l’estensione delle tutele a tutti i lavoratori dipendenti alla luce dei cambiamenti fin qui realizzatesi nel mondo del lavoro.

Proprio per rispondere a questo problema nel febbraio 2003 la UIL ha reso pubblico un documento di riflessione per le “Estensione delle tutele” che si prefiggeva l’obiettivo, poi raggiunto, di allargare il dibattito politico, sindacale e giuridico sulle nuove forme di tutela.

La UIL ha cercato insomma di coinvolgere tutti quei soggetti che partendo da un approccio riformista al cambiamento volessero con noi contribuire ad interpretarlo per governarlo. I tempi e la strumentalizzazione della politica non hanno consentito di praticare questa strada, che comunque la UIL rilancerà.

Ci si trova ora nella situazione di esprimere un’indicazione rispetto al referendum, consapevoli che l’art. 18 già a partire dal Patto per l’Italia, è diventato terreno di pura e semplice contrapposizione, e che la dimensione politica del voto è ormai assolutamente evidente.

La Direzione della UIL ritiene giusto rifiutare la logica che sottende al referendum stesso, perché il risultato, qualsiasi esso fosse, non risolverebbe il problema centrale presente nel mondo del lavoro; che è quello dell’allargamento delle tutele per le fasce di lavoratori più deboli. Quindi è di tutele che bisognerebbe discutere, evitando di aumentare la fuorviante confusione tra il concetto di diritto e quello di tutela. Rafforzare il primo e allargare le tutele anche nelle imprese sotto i 15 dipendenti è l’obiettivo che ha caratterizzato l’azione della UIL nell’ultimo anno.

La Direzione della UIL non considera utile, né risolutivo dei problemi per i lavoratori delle piccole imprese, votare SI al referendum. Un’eventuale vittoria del SI, faciliterebbe di fatto una forte crisi nel tessuto della piccola impresa, di per sé già fragile, e renderebbe più forte il ricorso al lavoro nero. Così come la vittoria del NO, equivarrebbe a negare la necessità di nuove tutele adeguate ai cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro e della produzione negli ultimi anni, verso i quali è compito della UIL concentrare il meglio della sua analisi, elaborazione e azione sindacale.

E’ possibile individuare in questo referendum un ulteriore pericolo che è quello rappresentato dalla deriva ideologico massimalista, che intenderebbe utilizzare lo strumento referendario per sottrarre le materie del lavoro ai legittimi rappresentanti. Questa deriva è tutta tesa a limitare lo spazio alle parti sociali, e in particolare la funzione di rappresentanza al sindacato.

Abbiamo assistito in questi ultimi due anni a veri e propri scambi di ruolo che hanno finito per generare confusione e sospetto. C’è la necessità di ribadire ruoli e competenze delle parti sociali, perché è fuori discussione che in un Paese democratico spetti a queste definire la qualità giuridica ed economica del rapporto di lavoro.

E’ per tutti questi motivi che la Direzione della UIL ritiene necessario e doveroso indicare la strada del NON VOTO. Scelta questa che sia capace però di trasformarsi da subito in una proposta intervento, primo fra tutti quello legislativo, allo scopo di migliorare e allargare le forme di tutela per tutti quei lavoratori che oggi ne sono privi o ne fruiscono in modo parziale.

Un sindacato autenticamente riformista come la UIL deve interagire in modo propositivo - anche nel campo delle nuove tutele - in una società sempre più dinamica, complessa e articolata.

www.uil.it

Roma, 13 maggio 2003

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