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Fecondazione: scelta del 12 giugno lede la regolarità del voto
15.04.2005

Fecondazione. Spiagge piene, urne vuote: la scelta del 12 giugno lede la regolarità del voto.

Il governo ha fatto «cattivo uso» dei suoi poteri. Il testo del ricorso contro il referendum balneare.

Ecc.ma Corte Costituzionale

Per i signori Lanfranco Turci, Antonio Adolfo Maria Del Pennino, Rita Bernardini, Barbara Maria Simonetta Pollastrini, Monica Soldano, Vittoria Franco, Katia Zanotti, promotori e presentatori di quattro referendum abrogativi di alcuni articoli della legge 40/2004 (...) rappresentati e difesi, come da mandato in calce al presente atto, dagli avvocati Prof. Tommaso Edoardo Frosini e Prof. Duccio M. Traina, nei confronti del Presidente della Repubblica e del Consiglio dei Ministri, per l'annullamento previa sospensione cautelare dei decreti del Presidente della Repubblica del 7 aprile 2005, in virtù dei quali è stata fissata al 12 giugno 2005 la data per il voto relativo ai referendum abrogativi ammessi con sentenze della Corte costituzionale numeri 46, 47, 48 e 49 del 2005; nonché della deliberazione del Consiglio dei ministri in data 7 aprile 2005 avente ad oggetto la fissazione del 12 giugno 2005 per lo svolgimento dei referendum; e di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.

1. I ricorrenti. Rappresentano i comitati promotori dei quattro referendum abrogativi di vari articoli della legge 40 (...) Come tali, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 69 del 1978; ordinanze nn. 17 del 1978; 1 e 2 del 1979), sono legittimati a sollevare conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, in quanto titolari dell'esercizio di una pubblica funzione costituzionalmente rilevante e garantita.

2. Il conflitto. È sollevato nei confronti del Presidente della Repubblica e del Governo, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione ai decreti del Presidente della Repubblica del 7 aprile 2005, in virtù dei quali è stata fissata al 12 giugno 2005 la data per il voto relativo ai sopraindicati referendum abrogativi; e in relazione alla deliberazione del Consiglio dei ministri in data 7 aprile 2005 riguardante la fissazione al 12 giugno 2005 per lo svolgimento dei referendum; e, infine, in relazione a ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.

3. Cattivo uso. I ricorrenti ritengono che il Governo abbia fatto "cattivo uso" del potere attribuitogli dall'art. 34 della legge 25 maggio 1970, n. 352, e in tal modo abbia leso la sfera di attribuzione dei promotori del referendum, quale determinata e garantita dall'art. 75 della Costituzione, in quanto la data prescelta per il voto referendario, e cioè il 12 giugno 2005, non tiene conto che in virtù di una serie di oggettive situazioni di carattere eccezionale (criterio fissato dalla Corte costituzionale nella ordinanza n. 131 del 1997) - come quella riferita al fatto che il 10 giugno hanno inizio le vacanze scolastiche (fatta eccezione per le sole Regioni Basilicata e Veneto), e che a partire da quello stesso giorno vi è il primo scaglionamento delle ferie di ampi settori dell'impiego pubblico e privato (ad es. per il settore della sanità e dei trasporti pubblici locali) - è ipotizzabile per non dire certa una scarsa partecipazione degli elettori, che determina il rischio serissimo del mancato raggiungimento del quorum fissato dall'art. 75 della Costituzione e consente alle forze politiche e sociali contrarie all'abrogazione di avvalersi dell'astensione come strumento per conseguire detto scopo: obiettivo che non può essere perseguito o avallato dal Governo, neppure indirettamente o implicitamente, a meno di violare l'obbligo costituzionale di neutralità e imparzialità e di menomare la funzione di promozione del referendum costituzionalmente assegnata ai comitati ricorrenti.

La data prescelta per il voto referendario (12 giugno 2005) lede dunque la regolarità delle operazioni di voto (artt. 75 e 48 Cost.), perché impedisce de facto, o comunque ostacola gravemente il raggiungimento del quorum. Certo, è pur vero che il raggiungimento del quorum è affidato alla disponibilità e responsabilità degli elettori di volersi recare al voto, ma è altrettanto vero che nulla deve essere fatto per rendere difficile, ovvero intralciare la partecipazione elettorale referendaria. Come è stato affermato anche da recente dottrina (Luciani, Commento all'art. 75 Cost., Bologna-Roma, 2005, p. 283), «il referendum sarebbe assistito da un favor, che dovrebbe guidare l'interprete nella ricostruzione del sistema dei limiti [?]. Ogni limite imposto allo svolgimento del referendum, pertanto, altro non è che un limite al diritto di voto». I ricorrenti chiedono, perciò, che questa Ecc.ma Corte Costituzionale dichiari che non spetta al Governo, sotto il profilo del cattivo uso del potere, convocare i comizi referendari per il 12 giugno 2005.

4. Il principio di leale collaborazione. In via subordinata i ricorrenti ritengono che nella specie la convocazione dei comizi sia lesiva della loro sfera di attribuzione e costituisca violazione del principio di leale collaborazione tra poteri (principio immanente all'ordinamento costituzionale: Corte Costituzionale, sentenza n. 379 del 1992 e n. 403 del 1994), in quanto la data del 12 giugno 2005 non è stata fissata previa audizione e concertazione con il comitato promotore. Il principio di leale collaborazione fra i poteri (principio, nel caso in specie, rinvenibile anche ex artt. 1, 3 e 75 Cost.), come è stato riconosciuto dalla Ecc.ma Corte Costituzionale nella sentenza n. 379 del 1992, con riferimento a un conflitto fra poteri dello Stato (Consiglio Superiore della Magistratura vs. Ministro della Giustizia), esige che nell'ambito di un procedimento di rilievo costituzionale, «quando a quest'ultimo partecipano più organi o più soggetti, questi hanno il dovere giuridico di cooperare lealmente in vista del raggiungimento del risultato cui il procedimento medesimo è costituzionalmente o legislativamente finalizzato». Il procedimento referendario è contrassegnato dal principio di leale collaborazione in tutte le sue fasi a cui è stata fatta eccezione solo per quella finale, cioè nel momento della determinazione della data di indizione del referendum. Il che viene a determinare la menomazione della funzione costituzionale del comitato promotore quale potere dello Stato. Che il procedimento referendario si svolga, fino al momento della data di indizione del referendum stesso, secondo la leale collaborazione fra comitato promotore e altri poteri dello Stato, è chiaramente deducibile dalla legge n. 352 del 1970, la quale prevede che: a) l'Ufficio centrale costituito presso la Corte di Cassazione e i promotori del referendum cooperano lealmente in vista del raggiungimento della consultazione popolare, laddove è si prescrive, all'art. 32, comma quinto, che i promotori «hanno facoltà di presentare per iscritto le loro deduzioni» sulla ordinanza emanata dall'Ufficio relativa a eventuali irregolarità delle singole richieste, e sulla proposta di concentrazione dei quesiti che rivelano uniformità o analogia di materia; e poi, sempre all'art. 32, comma settimo: «L'Ufficio centrale stabilisce altresì, sentiti i promotori, la denominazione della richiesta di referendum da riprodurre nella parte interna delle schede di votazione, al fine dell'identificazione dell'oggetto del referendum». (...) b) La Corte costituzionale e i promotori del referendum cooperano lealmente in vista del raggiungimento del referendum, laddove si prevede, all'art. 33, comma terzo, che «non oltre tre giorni prima della data fissata per la deliberazione, i delegati e i presentatori e il Governo possono depositare alla Corte memorie sulla legittimità costituzionale delle richieste di referendum»; e poi, come noto, il comitato promotore interviene nella Camera di consiglio per esporre oralmente le ragioni a sostegno dell'ammissibilità del referendum.

In conclusione, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 69 del 1978, «nel procedimento referendario i promotori e i sottoscrittori, l'Ufficio centrale presso la Corte di Cassazione, il Governo, il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale concorrono all'effettuazione della consultazione popolare». Nel caso in esame, tuttavia, il "concorso con i promotori", attuativo del principio di leale collaborazione, è senz'altro rinvenibile nelle fasi che si sono svolte dinanzi all'Ufficio centrale e all'Ecc.ma Corte costituzionale, come si è prima ricordato. È mancato invece, ed è una grave carenza, nella fase dinanzi al Governo e al Presidente della Repubblica.

Il non aver previsto nella legge n. 352 del 1970, e in particolare all'art.34, primo comma, che il comitato promotore debba essere ascoltato dal Governo, ai fini dell'individuazione della data più opportuna di convocazione degli elettori per la votazione, non può essere interpretato come preclusivo di tale concertazione, perché la lacuna è da ritenersi integrata dal principio di leale collaborazione fra poteri dello Stato, costituzionalmente garantito.

Il principio di leale collaborazione, infatti, impone a tutti i poteri dello Stato di svolgere le proprie funzioni valorizzando anche interessi che la Costituzione affida ad altri poteri, nell'esercizio delle autonomie costituzionali loro riconosciute. Il dovere di collaborare lealmente si pone come principio generale, cui necessariamente deve ispirarsi, anche in mancanza di norme legislative espresse, l'esercizio di funzioni costituzionalmente riconosciute, tanto più che la flessibilità che discende dall'applicazione del metodo collaborativo non potrebbe certamente condurre a deroghe o impedimenti dell'esercizio di una delle funzioni interferenti e, in specie, della funzione elettorale-referendaria.

Inoltre, come ha ritenuto l'Ecc.ma Corte Costituzionale (sentenza n. 379 del 1992): il concerto fra poteri dello Stato «implica un vincolo di metodo non già di risultato: un vincolo che obbliga le parti a una leale cooperazione, finalizzata alla ricerca della maggiore convergenza possibile attraverso una discussione effettiva e costruttiva».

5. La convocazione. In base a quanto sopra esposto i ricorrenti chiedono che l'Ecc.ma Corte voglia dichiarare che non spetta al Governo convocare i comizi referendari per la data del 12 giugno 2005 senza prima aver consultato il comitato promotore del referendum e concordato con esso la relativa data.

6. Questione di costituzionalità. Qualora la mancata audizione e concertazione con i promotori sia da riferire al disposto dell'art. 34, c. 1, l. 352/1970, che non la prevede espressamente, e tale legge non sia interpretabile "secondo Costituzione" nel senso sopra indicato, allora i ricorrenti chiedono che questa Ecc.ma Corte sollevi davanti a se stessa la questione di costituzionalità dell'art. 34, primo comma, della legge n. 352 del 1970, per violazione degli artt. 1, 3, 75 Cost. e del principio costituzionale di leale cooperazione tra poteri dello Stato nella parte in cui non prevede che debbano essere ascoltati, con parere obbligatorio sia pure non vincolante, i rappresentanti del comitato promotore dei referendum, ai fini della concertazione della data di convocazione degli elettori per la votazione del referendum.

7. Sospensione cautelare. I ricorrenti chiedono che questa Ecc.ma Corte voglia altresì disporre la sospensione cautelare degli effetti dei decreti Presidenziali 7 aprile 2005, onde evitare che i referendum si svolgano nel clima avverso alla partecipazione popolare e comunque nella violazione dei diritti procedimentali sopra invocati, e sollecitare in tal modo, secondo la nota tecnica del remand, la fissazione di una nuova data a seguito di concertazione con i comitati. Sono consapevoli che il potere di sospensione cautelare è espressamente previsto dall'art. 40, l. 87 del 1953, solo per i conflitti di attribuzione tra enti, ma ritengono che la tutela cautelare sia una componente indefettibile e immanente del sistema di giustizia costituzionale, e che pertanto la legge, nella specie, minus dixit ?Nel caso in cui l'Ecc.ma Corte costituzionale ritenga che la mancata previsione osti alla concessione della misura cautelare, chiedono che voglia sollevare dinanzi a sé la questione di costituzionalità dell'art. 37, l. 87/1953, per violazione degli artt. 24 e 75 Cost., nella parte in cui non consente di sospendere cautelarmente gli effetti dei decreti da cui è originato il conflitto e di cui viene chiesto l'annullamento.

I ricorrenti chiedono che l'Ecc.ma Corte Costituzionale voglia dichiarare ammissibile il conflitto, e quindi annullare i decreti Presidente della Repubblica del 7 aprile 2005, che hanno fissato la data del referendum menomando illegittimamente la posizione e le attribuzioni costituzionalmente riconosciute ai Comitati promotori, previa sospensione cautelare degli effetti nei sensi e ai fini di cui sopra. Con ossequio.

Roma, li 13 aprile 2005

Tommaso E. Frosini

Duccio M. Traina

da www.ilriformista.it

 

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