16.04.2005
IL RIGASSIFICATORE TRA VECCHIE E NUOVE POLITICHE
«S’ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde uno squillo» o forse viceversa… ma non si tratta di segnali che incitano alla carica truppe l’una contro l’altra armate. Tutt’altro: è l’annuncio di un nuovo assalto alle politiche di cambiamento condotto dalle diverse ma sostanzialmente concordi articolazioni del vecchio partito trasversale che si oppone ad ogni apprezzabile modifica dell’economia locale e che vuole ad ogni costo favorire la costruzione del rigassificatore.
Giorni addietro il dr. Salvatore Tommaselli ha rilanciato la vecchia proposta di puntare allo spostamento del rigassificatore da Capo Bianco a Cerano presentando tale sbocco anche come un utile strumento di pressione in favore della dislocazione in quell’area del porto industriale. Dopo qualche scontato consenso e qualche prudente reazione tattica a tale sortita, più di recente il presidente dell’Associazione Industriali dr. Massimo Ferrarese si è detto dell’idea che sia necessario creare un porto industriale a Cerano e, riferendosi al rifiuto del rigassificatore, ha definito il nostro territorio «autolesionista» sostenendo che va demandata agli «esperti» ogni valutazione sulla compatibilità ambientale dell’impianto e quindi, in sostanza, ogni decisione sulla sua realizzazione. Da ultimo poi il sen. di AN Pino Specchia, annunciando alcuni suoi emendamenti alla norma del decreto-legge sulla competitività che per i rigassificatori già autorizzati attribuisce al governo centrale il potere di nominare un commissario ad acta per velocizzare le procedure in caso di inerzie o ritardi degli Enti preposti al rilascio di permessi di qualsiasi genere, ha affermato che l’impianto deve essere spostato a Cerano e che «l’alternativa alla costruzione del terminal di gas naturale a Capo Bianco è quella di realizzare un nuovo porto industriale a Cerano».
Risulta quindi di tutta evidenza che siamo di fronte ad un ennesimo aggiustamento della strategia portata avanti dagli ambienti favorevoli al rigassificatore. Questo fronte qualche mese addietro, dopo lunghi e colpevoli ritardi, scopriva la pericolosità del carbone ed oggi a sorpresa “scopre” la indifferibile esigenza di spostare il porto industriale a Cerano, sbandierando questa proposta come la panacea di tutti i nostri mali e strumentalmente collegandola alla costruzione in quella zona del rigassificatore. Sorge allora il sospetto che si voglia aprire qualche breccia nelle posizioni assunte all’unanimità dalle maggiori amministrazioni locali allo scopo di rimuovere in tal modo l’ostacolo istituzionale che, insieme a quello della protesta popolare, si frappone con forza al cammino verso la realizzazione dell’impianto.
Al di là delle tante cortine fumogene sappiamo tutti che il sito prescelto per il rigassificatore rimane quello di Capo Bianco ma, per il caso che il progetto di spostare l’impianto a Cerano avesse qualche consistenza, c’è da chiedersi se qualcuno può avere la sfrontatezza di sostenere contro ogni buon senso (come peraltro pubblicamente rilevava la scorsa estate lo stesso dr. Ferrarese) che un impianto non eco-compatibile nel porto di Brindisi diventerebbe invece serenamente accettabile se realizzato a qualche chilometro di distanza, conservando quindi in larghissima misura la sua pericolosità per la popolazione del capoluogo e per di più con l’aggiunta di quella in danno di quanti vivono nelle popolose zone adiacenti al nuovo sito. C’è da domandarsi inoltre se un impianto ritenuto non solo dalla stragrande maggioranza della opinione pubblica locale ma anche dalle Amministrazioni provinciale e comunale di Brindisi assolutamente incompatibile con un diverso modello di sviluppo economico del territorio, si trasformerebbe come per incanto, se spostato di poco sulla costa brindisina, in un volano dell’economia locale. Ma si pensa davvero che i cittadini di Brindisi e provincia siano degli autentici imbecilli ai quali si può raccontare tutto ed il contrario di tutto? E poi, sostenere che dovrebbero essere gli “esperti” a dire la parola decisiva sulla questione del rigassificatore non significa forse collocare la politica in una posizione ancillare rispetto ai poteri forti ed alle loro inclinazioni tecnocratiche?
Il fatto è che la grave crisi della nostra economia non è stata certo provocata dal progetto di un diverso modello di sviluppo che, forte di una pressante domanda popolare e di inequivocabili indicazioni di voto nelle ultime elezioni amministrative, si è appena affacciata sullo scenario politico locale. Questa crisi è invece figlia naturale del vecchio modello pervicacemente difeso e riproposto da quanti lavorano, a destra e a sinistra, dentro e fuori le istituzioni, per restaurare in qualsiasi modo, anche con vecchi e logori espedienti, un sistema di potere crollato sotto il peso dei suoi devastanti fallimenti e delle delittuose collusioni fra ambienti deviati della politica e dell’economia. Questa diffusa consapevolezza costituisce invero il migliore antidoto contro tutti i tentativi di bloccare il cambiamento sia col ricorso alle maniere forti come una possibile delega al commissario ad acta e sia attraverso manovre insinuanti ed avvolgenti rivolte a spingere le amministrazioni locali su posizioni possibiliste con la speranza che i diversi equilibri possano trovare qualche favorevole sponda a livello regionale anche nella nuova maggioranza guidata da Nichi Vendola. Un progetto pericoloso ma che non sarà facile portare avanti anche perché il movimento popolare che chiede radicali innovazioni nella politica economica e si oppone al rigassificatore è in questi anni cresciuto ed ha dato prova di una determinazione che si sottrae a qualsiasi suggestione o condizionamento politico.
Brindisi, 13 aprile 2005
Michele DI SCHIENA
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