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Io c'ero
27.04.2005
di Cireno. Quel giorno di aprile del '45 io c’ero.
Quei corpi legati per i piedi al tetto di un distributore di benzina di piazzale Loreto a Milano io li ho visti, e malgrado fossi ancora un ragazzino, non potrò mai dimenticarli.
Era il 29 aprile quando si sparse la voce che era arrivato a Milano un camion con i corpi di Mussolini, della Petacci, di Pavolini e di altri gerarchi fascisti (erano oltre venti) e che sarebbero stati esposti alla folla in quel piazzale Loreto dove, meno di un anno prima, i fascisti della Muti avevano ucciso 15 ostaggi civili presi a caso fra la gente come rappresaglia per l’attacco di una formazione partigiana a un convoglio militare tedesco.
Un’esecuzione che sollevò lo sdegno di tutta la città per come era stata eseguita: i quindici civili presi a caso fra la gente erano stati concentrati all’alba del 14 agosto 1944 in piazzale Loreto, come si usava fare quando i fascisti prendevano gente a caso in città e la caricavano su camion per portarla alla Stazione e spedirla in Germania a lavorare per i tedeschi. Anche quei quindici pensavano di dover subire la stessa sorte, cioè dover andare in Germania, ma quando si resero conto di quello che stava loro accadendo, cioè essere fucilati, cercarono di scappare spargendosi per il piazzale e per le strade vicine.
Furono inseguiti e uccisi con raffiche di mitra, quindi raccolti e ammucchiati vicino allo stesso distributore di benzina dove adesso i partigiani stavano portando i corpi di Mussolini e dei gerarchi fascisti.
I partigiani vendicarono poi il barbaro omicidio dei quindici civili fucilando a loro volta quindici fascisti delle BN e della Muti tenuti prigionieri e trenta soldati tedeschi. Rappresaglia uno a tre, come era stato annunciato dal Comitato di Liberazione.
Arrivammo, io e mio padre, quando la folla aveva già issato i corpi di Mussolini, della Petacci e di altri due gerarchi (Pavolini e Starace, mi sembra) al tetto del distributore, faccia in basso, ognuno con un targhetta con scritto il proprio nome attaccato al corpo, perché i visi erano praticamente irriconoscibili, perché quando erano a terra la folla, come una grossa belva rabbiosa, aveva sfogato la propria rabbia repressa, per tutto quello che aveva dovuto subire: fame, miseria, umiliazioni nella propria dignità di persone, morti, disperazione, paura.
Mio padre mi teneva stretta la mano e il suo viso, di un uomo che era andato volontario a fare la guerra italiana in Libia e poi, sempre volontario, a fare la prima guerra mondiale, nell’arma dei carabinieri, e aver visto migliaia e migliaia di morti, il suo viso dicevo sembrava quello di un’altra persona, le mascelle serrate, i lineamenti induriti. Anch’io, per la guerra che gli alleati avevano portato nelle città e nelle campagne italiane, avevo visto molti morti, uccisi dalle bombe nei bombardamenti sulle città, dalle mitragliatrici degli aerei che sparavano, di giorno, a ogni cosa che si muoveva sulle strade, dal camion al treno alla bicicletta, eppure davanti a quei corpi sdraiati per terra, presi a calci, a sputi, a insulti dalla folla e a quello di chi era stato il mio idolo di bambino, quel Duce che mi sembrava simile a Dio, e che adesso stava attaccato per i piedi, con un viso gonfio dalle botte ricevute, irriconoscibile, ecco davanti a tutto questo modo che io non conoscevo, di essere morti, mi sentivo sgomento.
E il mio piccolo cuore di ragazzino, anche se già indurito dalle miserie della guerra, stava scoppiando di emozione al punto che a un certo momento esplosi in un pianto dirotto, disperato, e singhiozzando cercavo di reprimerlo ma non riuscivo, al punto che quasi non potevo respirare. E allora alcuni uomini, e una donna, dissero a mio padre “portalo via, portalo via” e mio padre invece, duro com’era, borbottò “no, deve vedere, deve ricordare” e solamente mi girò mettendomi la schiena verso i corpi dei fascisti morti.
Sono sicuro che mio padre voleva che vedessi per ricordare, perché quello spettacolo per lui, che aveva fatto la Marcia su Roma, che aveva avuto un fratello, ufficiale della Muti, ucciso il giorno prima in una strada del centro di Milano, sparato in bocca, quello che stavamo guardando era l’ingiusto, bestiale epilogo di un’Italia che lui aveva contribuito a formare, un Italia dove l’Ordine e il Rispetto per le Tradizioni venivano esaltati.
Mio padre poi, nel corso dei primi anni del dopo-guerra, quando si rese conto di cosa era stato effettivamente il fascismo, cosa era stato capace di fare, insieme ai tedeschi, contro gli ebrei, gli zingari, gli omosessuali, cambiò radicalmente opinione.
E siccome era un uomo davvero tutto d’un pezzo, si comportò come un amante tradito, e lo vedevo offeso, proprio offeso, per l’inganno di quella che aveva creduto, come altri milioni di persone, un’Idea giusta.
Anche i racconti sulla guerra in Russia, che il fratello di mio padre che là era stato un comandante importante, faceva in casa nostra, aiutarono a far cambiare radicalmente l’opinione a mio padre, e anche la mia di piccolo Balilla Moschettiere, cresciuto nel culto dell’ideologia fascista, e quando mi iscrissi al PSI e cominciai a fare l’attivista, ad andare in giro la sera ad attaccare manifesti per il partito, ad andare alle manifestazioni e a prendere randellate dalla Celere, mio padre non si stupì, non si arrabbiò: in fondo lui aveva seguito Mussolini in quella marcia su Roma nella convinzione che fosse davvero un socialista.
Il 25 aprile dovrebbe, nella mia mente, rappresentare per gli italiani quello che il 14 luglio è per i francesi. E’ stato la nostra “presa della Bastiglia”, la nostra rivoluzione contro la dittatura, l’alba di una nuova Italia. Non dovrebbe essere semplicemente la Festa della Resistenza, ma coinvolgere tutti gli italiani, perché questa Italia, rissosa e difficile da condurre, è comunque un paese democratico e civile e tutto questo è nato da quel giorno, in quella data.
Purtroppo ci sono segnali che fanno capire che molti, troppi italiani, stanno cercando di far diventare questa data un momento di scarsa importanza. Molti italiani, che ricoprono anche cariche pubbliche e che per un errata valutazione, pensare per es. che la Resistenza sia stata solo o specialmente cosa da comunisti, cercano di sminuirne il valore e il significato, dimostrando di essere solamente di parte e, in questo caso, di una parte assolutamente sbagliata.
Compiono un grave errore. E noi dobbiamo batterci anche per difendere il 25 aprile: una ricorrenza storica e importante per TUTTO il Paese.

Fonte: http://www.inmovimento.it/05_aprile/24_cireno.php

 

mt

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