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La Sardegna al voto
7.05.2005

Con una doppia apertura del sardo Diliberto e la chiusura di Romano Prodi Cagliari e la Sardegna, che vinsero con Soru, ipotecano al centro sinistra il governo delle otto province.
Vincenzo A. Romano*

I CpU di Cagliari, già impegnati sul fronte della strenua difesa della carta Costituzionale presenziano in massa alla giornata della chiusura della campagna elettorale del centro sinistra che, dopo la carovana dei leaders per tutta l’Isola, ha concluso a Cagliari, nella piazza che fu dominio delle destre, la campagna elettorale sarda.
Giornata di festa ed impegno a Cagliari. Iniziata nel luogo simbolo del lavoro della gente di mare: la sala dei lavoratori portuali, davanti al porto mercantile dove operai (precari) caricavano sugli scafi gli ultimi containers. Il lavoro, nei sui nuovi 43 aspetti di precariato umiliante e fomite di insicurezza, è stato il nucleo forte dell’intervento di Oliviero Diliberto che alle 19 ha incontrato i giovani ed i lavoratori, quasi una prova generale del bagno di folla che poi, a piazza del Carmine, avrebbe sommerso i rappresentanti del centro sinistra che hanno portato, in questa terra umiliata dai governi della destra, la speranza di una “rinasciata” assieme con tutto il mezzogiorno e l’appoggio al Presidente Soru che, dopo avere dato la prima spallata ed il segnale di inversione di rotta, era il 2004, alla politica berlusconiana, ora procede a riparare crolli e macerie avuti in pesante eredità .
A Diliberto è ancora toccato il compito, in una piazza stracolma e debordante nelle vie d’accesso, tracciare lo spietato, e finalmente non politically correct, reale quadro di questi quattro anni italiani. Giovani precari insicuri del domani, famiglie di pensionati che aiutano e “campano” giovani, e talvolta maturi, figli in cui avevano proiettato speranze e certezze; una scuola “Brichetto-Moratti” dove si impone, ai quattordicenni, di scegliere, condizionati dai redditi famigliari, se accedere alla cultura ed alla emancipazione oppure, tout court, di inserirsi nel mondo del lavoro. A quarantanni di distanza le porte del sapere, aperte con lotte e sacrifici, vengono sbattute inesorabilmente sul muso dei giovani delle classi sociali non privilegiate. Dei più, in ultima analisi.
Ed il lavoro che manca, la condizione ultima nell’economia europea di questa Italia tradita da un governo insipiente e creativamente distruttivo sono stati gli argomenti ribaditi ed affrontati da Enrico Letta. Un’analisi impietosa e tanto più dura quanto più vera ce l’ha data il rappresentante della Margherita e responsabile degli affari economici, tracciando il quadro reale e non quello tremontiano, dello stato delle finanze e dell’economia di questo paese. “Bambole non c’è una lira” ha detto ieri la Corte dei Conti ad una compagnia di guitti che voleva e vuole rappresentare il più grande sfarzoso ed irreale spettacolo del mondo. Ma è uno spettacolo triste, come ha ribadito Boselli, dove le migliori illusioni si sono tramutate in incubi e la “migliore gioventù” è al palo. Schiacciata da una disoccupazione per l’industria ferma e l’emigrazione che spopola il Sud –atavico vichiano ciclo- che tanti affamati condusse a partire con valige di cartone e che il firmatario del televisivo “patto” o non riesce a vedere , pervicacemente abbagliato da un delirio di onnipotenza o che con un demoniaco disegno di attaccamento al potere, nega.
La piazza era soggiogata dal racconto. Pareva una favola che altri raccontassero di altri; ma la realtà era lì davanti, te la sentivi nelle ossa, eri come il re della fiaba: nudo perché finalmente capivi che il sarto che ti aveva costruito veste e mantello era un illusionista.
E’ toccato poi al presidente della regione Renato Soru richiamare tutti alla realtà. Appassionato, preciso, quasi rabbioso il suo contrattacco alle forze di centra destra. Occorre, per chi non sa di cose sarde, sapere che negli anni trascorsi, prima del governo regionale di centro sinistra e d ora,si spera, in quello provinciale, il dominio delle destre era totale ed erano accaduti taluni fatti di insipienza infinita. Lasciando da parte altre moltissime storture occupiamoci di un argomento attuale riportato alla ribalta dalla creatività tremontiana.

Le spiagge.
Godeva Cagliari, una volta, di un meraviglioso litorale: il golfo degli Angeli, pensate. Eroso da venti e dragaggi inconsulti, ma sempre meraviglioso. Acqua cristallina, sabbia finissima, impalpabile, bionda e dorata. Era una proprietà dei sardi, ma Tremonti l’avrebbe venduta a prezzi da sballo. Poi intervenne il centro destra. Chiamò i “suoi” tecnici, bypassò le proteste ed i malumori diffondendo fotografie aeree con una renella pennellata al computer ed andò avanti. Ebbene, se il finanziere creativo volesse vendere quel litorale , per legge nemmeno suo, non ne ricaverebbe un soldo bucato. Non si commerciano arenili grigi, pietrosi e fangosi. E, udite udite, pochi mesi prima delle elezioni il dissacratore capo della provincia di destra pretendeva, dico pretendeva che il capo della regione, gliela riportasse a pristina condizione. Divagazioni ? Nemmeno una. Ed ecco perché Renato Soru era arrabbiato ed addolorato. Ancora oggi la destra di potere cerca di impedire la rivoluzione del presidente perché vede, in quella azione, il soffocamento della sua improvvida azione ed il declino, per molti anni a venire, del suo clientelare e soffocante potere.
Introdotto da Renato Soru, il candidato presidente provinciale, Graziano Milia, ha ribadito problemi e devianze, ma ha aperto alla speranza. Molto è stato sfasciato, ma possiamo rimetterlo a posto ha detto prima di passare la parola ad un applauditissimo D'Alema.
Massimo è stato veramente, e giustamente sprezzante. Ma cosa può dire di accattivante chi, seppure dirigente nazionale, frequenta Cagliari e la Sardegna e ne conosce il disastro che la sconvolge ? La Sardegna è terra del Sud, un Sud che l’esponente dei DS conosce e che in lui si riconosce. Non vi sono argomenti nuovi nella sua reprimenda perché tutto è noto, tutto è stato detto. Ma c’è l’ironia, il disprezzo sano per una classe dirigente improvvida, impreparata e clientelare. Se dietro le finestre dei signorili palazzi di piazza del Carmine v’erano acquattati, al riparo delle gelosie delle alte finestre, gli esponenti della destra , e c’erano, lo scherno dalemiano li ha seppelliti, altro che risata. Ed infine, calmo, e però emozionato, Romano Prodi. Il professore, lo scorso anno, si era speso per Renato Soru e per il centro sinistra. Non c’era l’Unione, egli era ancora a Bruxelles, ma venne in Sardegna.
Ma aveva studiato. E nelle parole di ieri come in quelle di quasi un anno fa, c’era la visione di un Isola centro del Mediterraneo, di quel mare che fino a pochi secoli fa era l’approdo della “via della seta” e che ora può diventare, col porto di Cagliari e con altri del mezzogiorno, il crocevia degli scambi fra l’Asia ed il resto del mondo. Già Soru allaccia rapporti con i paesi naturalmente e geograficamente amici nel catino mediterraneo; Prodi vede in questo progetto la rinascita sarda ed italiana; l’Italia senza devolution (che molti inglesi traducono in degenerazione) , l’Italia delle regioni solidali, non competitive che concorro all’ interesse ad al benessere del paese, l’Italia dentro la quale la Sardegna può rivendicare la funzione di portale per i traffici ineluttabili con l’Oriente. La Carta Costituzionale quindi. La sua strenua difesa, lo stato decentralizzato contro questo governo accentratore senza paragoni, lo stato delle convergenze, dove tutto si mette in comune e si spartisce secondo i bisogni.
Ed è stato l’applauso più lungo e sentito. Nella Sardegna delle autonomie, la Costituzione della Repubblica è ancora un caposaldo inattaccabile. Coordinatore di “Informazione e Libertà –CpU- Cagliari
Membro del coordinamento “Comitato per la difesa della Costituzione”-CA.

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