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Nessuna scorciatoia per una sicurezza autentica.
2.06.2003
IL RAPPORTO ANNUALE 2003 DI AMNESTY INTERNATIONAL RACCONTA LA SOFFERENZA DIETRO I RIFLETTORI
"In ogni parte del mondo la gente è più insicura oggi di quanto lo sia mai stata dalla fine della Guerra Fredda" – ha dichiarato oggi Irene Khan, Segretaria Generale di Amnesty International, presentando il Rapporto Annuale dell'organizzazione per i diritti umani.

"Nell'ultimo anno la guerra in Iraq ha dominato l'agenda internazionale, ma lontano dagli occhi del mondo una miriade di conflitti dimenticati ha causato alti costi in termini di diritti umani e vite umane, in luoghi assai diversi tra loro come Costa d'Avorio, Colombia, Burundi, Cecenia e Nepal" – ha aggiunto Irene Khan. "Quello che accade in Iraq e in Israele e nei Territori Occupati fa notizia, al contrario di ciò che succede nella zona di Ituri, nella Repubblica Democratica del Congo, nonostante l'imminente minaccia di un genocidio. Spostare l'attenzione sulle crisi nascoste, proteggere i diritti delle vittime dimenticate è la più grande sfida che abbiamo davanti a noi".

I governi di ogni parte del mondo spendono miliardi per rafforzare la sicurezza nazionale e la "guerra al terrore", ma per milioni di persone la vera fonte di insicurezza è rappresentata da sistemi politici e giudiziari corrotti e inefficaci, dalla brutale repressione del dissenso politico, da gravi forme di discriminazione e ineguaglianza sociale, dall'estrema povertà e dalla diffusione di malattie prevenibili.

"In Iraq è stata fatta una guerra a causa della sospetta presenza di armi di distruzione di massa. Ma nulla è stato fatto per fermare il ben documentato afflusso di armi che alimenta i conflitti e causa massicci abusi dei diritti umani in molte regioni del mondo" – ha denunciato la Segretaria Generale di Amnesty International.

A oltre diciotto mesi dalla fine della guerra in Afghanistan, milioni di afgani - compresi i rifugiati che rientrano nel paese - affrontano un futuro incerto e insicuro: "Vi è il rischio che l'Iraq segua la stessa strada dell'Afghanistan, se non verranno fatti sforzi sinceri per esaudire le richieste degli iracheni: legge, ordine e pieno rispetto dei diritti umani".

In un periodo segnato da una più elevata insicurezza, i governi hanno scelto di ignorare e indebolire il sistema di sicurezza collettiva che è rappresentato dal primato del diritto internazionale. Mentre affermano di portare giustizia alle vittime in Iraq, gli Stati Uniti cercano attivamente di sminuire il ruolo della Corte penale internazionale, il meccanismo di giustizia universale.

La "guerra al terrore", lungi dall'aver reso il mondo un posto più sicuro, lo ha trasformato in un ambiente più pericoloso limitando i diritti umani, indebolendo il primato del diritto internazionale e sottraendo l'operato dei governi al controllo dell'opinione pubblica. Essa ha acuito le divisioni tra popoli di diverse fedi e origini, seminando il terreno per nuovi conflitti. La conseguenza generale di tutto questo è la paura: paura autentica, tra i ricchi come tra i poveri.

"È fondamentale resistere alla manipolazione della paura e mettere in discussione l'obiettivo ristretto di un'agenda impostata sulla sicurezza. La definizione di sicurezza dev'essere ampliata fino a comprendere quella dei popoli accanto a quella degli stati. Questo richiede un impegno per i diritti umani. Questo significa riconoscere che l'insicurezza e la violenza possono essere contrastate più efficacemente da politiche che rispettino, anziché violare, i diritti umani" – ha concluso Irene Khan.
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Dietro le luci dei riflettori, i conflitti, l'insicurezza e la violenza continuano ad affliggere milioni di persone in Africa. Nella Repubblica Democratica del Congo, la situazione dei diritti umani resta raccapricciante, con costanti combattimenti e attacchi contro i civili, soprattutto nell'est del paese. Anche nella regione dei Grandi Laghi, coloro che commettono abusi dei diritti umani seguitano a rimanere impuniti. In Burundi, le forze governative si rendono responsabili di esecuzioni extragiudiziali, "sparizioni", torture ed altre gravi violazioni e i gruppi armati, a loro volta, commettono uccisioni illegali, mutilazioni e rapimenti di civili nel perseguimento dei propri obiettivi politici. Le parti in conflitto in Burundi proseguono a reclutare, a volte con la forza, bambini soldato.

Sebbene la crisi dei diritti umani in Israele e nei Territori Occupati sia tra le questioni più discusse, è quella meno affrontata concretamente dalla comunità internazionale.

In Colombia, le misure di sicurezza emanate dal nuovo governo hanno esacerbato la spirale di violenza politica. La rottura dei colloqui di pace a febbraio tra il governo e le Forze armate rivoluzionarie di Colombia, il principale gruppo armato di opposizione del paese, ha peggiorato la crisi dei diritti umani.
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Le campagne condotte da Amnesty International nel corso del 2002 hanno dato diversi risultati positivi come la scarcerazione di prigionieri di coscienza (tra cui il giornalista russo Grigory Pasko) e i passi avanti verso la giustizia in Sierra Leone, con l'istituzione di un tribunale speciale che si occuperà dei crimini commessi in questo paese, e verso la giustizia mondiale, con l'entrata in funzione della Corte penale internazionale.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 28 maggio 2003
Welfare Italia
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