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Il risiko bancario fra Europa e Italia di A. Bigi
17.05.2005

Il risiko bancario fra Europa e Italia

di Andrea Bigi

L’Italia deve aspettarsi tre successive ondate di M&A sul mercato bancario nel breve-medio periodo. Gli elementi di cui bisogna tenere conto in questo scenario, e che potrebbero modificarlo sia in senso positivo che negativo, sono almeno tre: le attuali valutazioni delle banche italiane appaiono ancora assai poco convenienti se confrontate con istituti di pari livello in ambito Ue; le prospettive di alcuni business tipicamente retail, come i mutui e il credito al consumo, sono invece molto “appealing” per eventuali player entranti; infine, le banche italiane devono comunque ancora migliorare sul piano della profittabilità per essere davvero appetibili. Queste le principali conclusioni del report “Italian Banks Consolidation – The Guide”, a cura di Alessandro Roccati della banca d’investimento Fox-Pitt Kelton (v. box), che analizza le prospettive di consolidamento a breve-medio termine del mercato bancario italiano.


Tre ondate successive

Di seguito, in estrema sintesi, sono descritti gli accordi più probabili. Prima fase – player internazionali che cercano di ricavare posizioni di controllo dai loro attuali investimenti in banche italiane: Bnl - l’offerta del Bbva ha almeno un 80% di successo secondo FPK; Antonveneta - l’offerta di Abn Amro ha un 60% di chance di successo; Credem - ci si deve attendere un’offerta di acquisizione in tempi brevi. Seconda fase - fusioni domestiche con l’obiettivo di creare massa critica e mantenere il vantaggio competitivo: Sanpaolo Imi - una fusione con UniCredit darebbe vita al maggior player bancario in Italia. Ma le possibilità non sono elevatissime. In alternativa FPK si attende un’offerta di takeover da parte del Banco Santander nell’aprile 2007; Banca Popolare di Milano - l’attuale board sarà rinnovato nel dicembre di quest’anno; allo stato attuale si tratta di una banca inefficiente (cost/income al 79% nel 2004); Banco Desio, Banca Popolare di Intra, Banca Popolare di Spoleto - piccole banche con scarsa liquidità. Terza fase - consolidamento su un livello inferiore: Banca CR Firenze - l’attuale patto di sindacato che controlla il 41% del capitale si è appena esaurito, ma è molto probabile il suo rinnovo; si tratta di un possibile target nel lungo termine per un’acquisizione da parte di Sanpaolo Imi (19%) o Bnp Paribas (7%); Banca Popolare di Lodi - debole posizione di capitale in ambito IAS; possibile un avvicinamento con Capitalia.

Gli obiettivi improbabili

Dal novero delle possibili prede FPK esclude Banca Lombarda, dato che l’attuale patto di sindacato (che comprende 300 investitori) controlla il 48% del capitale e sarà valido fino al dicembre 2007. Anche in Carige gli investitori di lungo termine controllano il 60% del capitale, mentre il 30% del flottante è nelle mani di clienti della banca. Fra le popolari, il Banco Popolare di Verona e Novara è sicuramente un “aggregator”, sta cioè valutando ulteriori acquisizioni in Italia. Si tratta di una banca solida e profittevole, commenta FPK, che ha chiuso con successo l’integrazione della Popolare di Novara, vanta un Roe all’11%, un cost/income al 54% e una solida base di capitale. Peraltro ha abbandonato ogni velleità su Bnl perché l’accordo sarebbe stato troppo costoso, dimostrando così di saper tenere nel dovuto conto il valore degli azionisti. Quanto a Banche Popolari Unite, la più grande popolare italiana per asset, ha appena finalizzato l’integrazione di Bpci e ha venduto la piccola banca Carifano, realizzando capital gains per 111 milioni di euro. E’ una banca tradizionale, solida e ben radicata sul territorio, dice FPK, da cui è improbabile attendersi offerte aggressive nel breve periodo tranne forse l’acquisizione di qualche piccola banca. Bisogna poi tenere in considerazione la Banca Popolare di Lodi, tradizionalmente molto attiva sul fronte delle M&A (13 banche acquisite negli ultimi sette anni), che è coinvolta nella vicenda Antonveneta. Infine la Banca Popolare dell’Emilia Romagna, piccola banca regionale, ricca di liquidità e con un brand molto radicato sul territorio.

Considerazioni generali

n Il ruolo di Bankitalia, sostiene FPK, deve ridimensionarsi: Via Nazionale ha orchestrato la riorganizzazione e il consolidamento all’interno del mercato italiano negli ultimi 50 anni. Ha bloccato fusioni (Sanpaolo Imi - Banca di Roma) e ha chiuso la porta alle banche straniere. Ma ora, con le offerte di Bbva e Abn Amro e la forte posizione assunta dalla Commissione europea in materia di fusioni transfrontaliere la situazione è cambiata, e le posizioni precedenti non sono più sostenibili. n Verso la creazione di un “campione nazionale”? Per FPK il mercato italiano si caratterizzerà per un’evoluzione “alla francese”, con la creazione di un colosso bancario nazionale, quale potrebbe essere UniCredit insieme a Sanpaolo Imi. C’è comunque un problema di dimensioni per le banche italiane, che sono troppe piccole nel contesto europeo e globale. UniCredit, Intesa e Sanpaolo hanno una capitalizzazione di mercato compresa tra i 20-30 miliardi di euro, insufficienti per non essere considerate possibili obiettivi di acquisizione da parte di istituti stranieri più grandi.

La strategia delle popolari…

La strategia delle banche popolari, anche se con diverse modalità, tende per lo più a difendere e a valorizzare il brand locale. Dunque qualsiasi attività di M&A nel breve termine dovrebbe avere luogo a un livello sub-settoriale (cioè comprando più piccole banche locali) o al limite fra loro stesse, ma con nessun coinvolgimento di grandi banche in queste operazioni. Tutto ciò è coerente con l’attuale predominante modello federale, che prevede il mantenimento del nome della banca che viene acquisita e crea valore per gli azionisti centralizzando le funzioni di asset management, It, corporate banking e back office. In questo contesto, è improbabile un mega-merger fra le popolari, almeno nel breve periodo. Questa operazione, che darebbe vita a una banca con una capitalizzazione di mercato di 23 miliardi di euro, appare un’eventualità improbabile per due motivi. Innanzitutto si tratterebbe di un processo di non rapida attuazione, e soprattutto non porterebbe a quote di mercato tali da giustificarla in termini di creazione di valore.

… e quella delle banche straniere

Crédit Agricole (attualmente al 18% di Intesa): la banca francese è chiaramente interessata ad aumentare la sua quota oppure addirittura ad acquisire il controllo di Intesa. E’ improbabile il lancio di un’offerta per il Sanpaolo nel breve periodo, dal momento che l’istituto transalpino è membro del patto di sindacato che scadrà solo nell’aprile 2008. Inoltre FPK ritiene assai probabile che Intesa venderà il 60% della propria attività di asset management al Crédit Agricole. Anche il Banco Santander (oggi all’11% in Sanpaolo Imi) non dovrebbe lanciare un’offerta d’acquisto per l’istituto torinese nel breve periodo, poiché il mercato reagirebbe sicuramente in modo negativo visto che è ancora in via di finalizzazione l’integrazione con Abbey; inoltre scadrà solo nell’aprile 2007 il patto con gli azionisti Sanpaolo. Quanto all’altro colosso iberico Bbva, la sua offerta su Bnl dovrebbe avere successo senza troppi problemi. Anche l’offerta di Abn Amro su Antonveneta può avere successo. Bisogna comunque considerare che fino al novembre 2006 la banca olandese non potrà vendere il suo 9% in Capitalia.

Per UniCredit va bene Commerzbank

Piazza Cordusio, secondo le valutazioni di FPK, non è una preda ma un “consolidator”, forte dei buoni risultati ottenuti a livello nazionale oltre che del prestigio di cui gode il top management. Il target più probabile è Commerzbank, cui UniCredit, di cui è ampiamente noto l’interesse a investire al di fuori dei confini italiani, guarda da almeno un paio d’anni. Si formerebbe una banca di respiro pan-europeo ma con un centro comunque italiano, con una capitalizzazione di 40 miliardi di euro e quote di mercato dell’11% in Italia e del 4% in Germania, particolarmente forte nel corporate banking ma ben bilanciata nelle sue componenti di business (30% retail, 33% corporate). La fusione con Sanpaolo Imi (con la conseguente creazione di una banca da 52 miliardi di capitalizzazione) è possibile ma di sicuro non nel 2005, anche se alcuni osservatori hanno interpretato il passaggio al Sanpaolo Imi di Pietro Modiano (ex numero due di UniCredit fino al giugno 2004) come il preludio di questa operazione. Lo stesso approdo al Sanpaolo Imi di Mario Greco (ex membro del CdA UniCredit fino al marzo 2005) potrebbe andare in questa direzione. Accantonata invece ogni possibilità con Banca Intesa, per UniCredit è anche possibile un’offerta nei confronti della Banca Popolare di Milano, in considerazione dell’obiettivo di crescere in Lombardia.

Banca Intesa e Sanpaolo Imi

Secondo la visione di FPK, Banca Intesa, la più grande banca italiana (13% di market share), è in quanto tale improbabile che venga ceduta. Il patto degli azionisti di Intesa che controllano il 41% della banca scadrà nell’aprile 2008. Come detto, l’Agricole punta senz’altro ad aumentare il suo peso in Intesa attraverso una crescita esterna al patto con gli azionisti. E’ inoltre stato abbandonato ogni possibile piano di fusione con UniCredit. Peraltro, proprio a causa della sua posizione in Intesa, il player transalpino non dovrebbe essere favorevole a qualsivoglia progetto di fusione che coinvolga Banca Intesa. Quanto al Sanpaolo Imi, attualmente appare come un target di acquisizione nel medio periodo. Concorrono a creare questa condizione l’insufficiente livello di revenues e gli scarsi progressi a livello di contenimento dei costi. Si tratta infatti di una banca dall’elevato potenziale in termini di sviluppo e ristrutturazione, quindi una preda appetibile sul mercato M&A. A livello strategico, bisogna aggiungere che ovviamente il Banco Santander si opporrebbe a una fusione con UniCredit, come del resto si è già opposto a suo tempo (senza successo) alla fusione fra il Sanpaolo e Imi. Per quanto riguarda altri possibili movimenti del Sanpaolo Imi, appare improbabile un’acquisizione di Banca CR Firenze (di cui la banca torinese controlla il 19%) almeno nel breve periodo. Un’ultima considerazione sul Sanpaolo Imi riguarda i suoi azionisti, che appaiono piuttosto riluttanti nei confronti di certe ipotesi di aggregazione: il nuovo business plan presentato a settembre, così come le nomine di Modiano e Greco, indicano che il Sanpaolo è impegnato in un piano di rilancio e riorganizzazione che intende percorrere (per ora) da solo. Anche la mancata aggregazione con Dexia dimostra che il Sanpaolo è disponibile a operazioni di M&A ma solo a certe condizioni.

Il limbo di Mps e la stasi di Capitalia

FPK giudica la posizione del Monte dei Paschi, la quinta banca italiana, come uno “strategic limbo”. Nel senso che da tempo si susseguono voci circa possibili iniziative di Mps sul mercato per poi restare regolarmente tali. In ogni caso, è improbabile che il Gruppo intenda perdere le proprie radici toscane, con forti legami con la comunità locale. Inoltre, Rocca Salimbeni prevede di mantenere il controllo della banca qualsiasi operazione sia eventualmente intrapresa. In questo quadro, abbandonata ogni velleità su Bnl, Mps potrebbe concentrarsi nel prossimo futuro sull’acquisizione di Credem. Infine, commenta il report di FPK, la strategia di Capitalia appare abbastanza chiara, laddove la priorità è dare seguito al piano di ristrutturazione senza alcuna acquisizione nel breve periodo, per la quale mancano “sia la volontà dei principali azionisti sia le risorse finanziarie”. Ma la carta da giocare nel 2006 potrebbe essere la fusione con una banca del Nord Italia come Bipielle.


Andrea Bigi

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