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La tassazione delle rendite finanziarie
23.05.2005
Quella ricchezza difficile da tassare. Di Andrea Manzitti

Il tema della tassazione delle rendite finanziarie ritorna ciclicamente all’attenzione della politica. Dall’aumento della pressione fiscale su queste si attendono risorse da destinare ai più diversi fini. Ovviamente, la decisione di aumentare la tassazione e la scelta sull’utilizzo delle maggiori risorse è squisitamente politica e non sarà discussa o commentata in questa sede. Il tema è tuttavia tecnicamente complesso e la decisione non può prescindere dalla preventiva risoluzione di numerose questioni.

Quali rendite

Le rendite sono sostanzialmente i frutti dei risparmi e degli investimenti finanziari delle famiglie italiane. Sono oggi tassate con una imposta sostitutiva. L’aliquota base è del 12,5 per cento, ma per gli interessi su depositi e conti correnti sale al 27 per cento. Negli altri casi, le rendite finanziarie sono (a) esenti da imposta (i non residenti) oppure (b) soggette alle aliquote d’imposta ordinarie (banche e imprese). Per eliminare una discriminazione odiosa e ingiustificata, si dovrebbe uniformare l’aliquota, come prevedeva la legge delega fiscale ormai scaduta.
Ma prima di interrogarsi sul possibile livello della nuova aliquota, occorre spendere due parole sull’estensione dell’intervento.
Da taluno è stato espresso l’intendimento di alzare l’aliquota d’imposta per tutti gli strumenti, ma non per i titoli di Stato italiani. Questa opzione non è proponibile. Ogni differenziazione basata sulla nazionalità o residenza dell’emittente o prenditore contrasterebbe con i principi di non discriminazione contenuti nei Trattati europei. Anche se fosse possibile mantenere l’aliquota dell’imposta sui rendimenti dei titoli di Stato italiani a un livello più basso, questo costringerebbe gli intermediari, che prelevano l’imposta per conto dello Stato, a complicatissime (forse impossibili) gestioni extracontabili per calcolare le imposte dovute.
Infine, è ragionevole ipotizzare che gli investimenti si concentrerebbero proprio sui titoli di Stato, e il maggior gettito sugli altri strumenti finanziari sarebbe modesto. Taluni hanno anche ventilato l’opportunità di riservare la nuova, e più elevata, tassazione ai soli strumenti di nuova emissione. Per quelli già in circolazione a una certa data rimarrebbero in vigore le attuali aliquote d’imposta.
Anche questa opzione non è proponibile.
In primo luogo, l’aumento di aliquota sui soli titoli emessi dopo una certa data comporterebbe una decisa segmentazione del mercato. Le famiglie si concentrerebbero sul mercato dei titoli ancora tassati al 12,5 per cento, mentre gli altri (società e non residenti) si concentrerebbero sull’altro mercato. Per lo stesso motivo, i recuperi di gettito sarebbero, almeno nei primi anni, del tutto marginali.  Inoltre, l’esistenza di titoli tassati ad aliquote diverse comporterebbe pesantissime complicazioni gestionali e amministrative per gli intermediari.

Quale livello

A quale livello fissare la nuova aliquota? La risposta dipende, in larga misura, dagli obiettivi di gettito che si intendono raggiungere. A meno di non ipotizzare un’aliquota unica pari o superiore al 27 per cento, fissarla a un livello inferiore a quella soglia comporta una perdita di gettito tributario sugli interessi su depositi e conti correnti. Data la sostanziale stabilità del gettito di questo comparto, la perdita è agevolmente calcolabile.
Molto meno agevole è quantificare l’effetto derivante dall’aumento dell’aliquota di imposizione per tutti i redditi oggi soggetti all’aliquota ordinaria del 12,5 per cento. Mentre gli interessi bancari si tassano al lordo, tutto il resto viene tassato al netto, con il diritto a riportare in avanti le perdite. Quindi, il gettito del 12,5 per cento dipende dall’andamento dei mercati. Per avere una idea delle dimensioni, il gettito dell’imposta sostitutiva sui fondi comuni d’investimento mobiliare è stato poco meno di 7 miliardi di euro nel 1999. Nel 2003 è stato pari a zero. Il costo della diminuzione dell’aliquota del 27 per cento è, pertanto, sostanzialmente certo. Il recupero di gettito derivante dall’innalzamento dell’aliquota del 12,5 per cento è più difficilmente stimabile.

Tassi di interesse e fuga di capitali

Restano da valutare i rischi di una ripercussione negativa sui tassi di interessi sui titoli del debito pubblico. Questa eventualità appare remota in quanto circa il 75 per cento dell’intero stock del debito pubblico italiano è detenuto da contribuenti che non saranno interessati dall’innalzamento dell’aliquota. Dato che l’aumento dell’aliquota dovrà riguardare i rendimenti di tutti gli strumenti finanziari, ipotizzabili effetti di "spiazzamento" dei titoli del debito pubblico rispetto ad investimenti alternativi non sono ragionevolmente significativi. Esiste un rischio di fuga di capitali? Probabilmente sì, ma il fenomeno sarebbe scarsamente significativo. L’illecita detenzione di capitali all’estero è pesantemente sanzionata e interessa principalmente redditi sottratti al fisco oppure capitali illegalmente formati. I possessori non sono sensibili a un modesto aumento di aliquote fiscali.
È invece meno probabile che si possa avvertire un significativo movimento verso l’estero di capitali lecitamente formati e detenuti in Italia causato dal semplice aumento dell’aliquota. Il 1° luglio 2005 entrerà in vigore la cosiddetta "direttiva risparmio" e anche le piazze finanziarie tradizionalmente interessate da esportazioni di capitali applicheranno una imposta sugli interessi con l’aliquota del 15 per cento (che salirà al 20 per cento e poi al 35 per cento).
Da ultimo, due parole sui tempi di attuazione. L’onere di applicare l’imposta sostitutiva dovrà senz’altro rimanere in capo agli intermediari finanziari. A questi si dovrà concedere un congruo lasso di tempo (non meno di sei mesi) per aggiornare le procedure. Sembra quindi difficile che si possa provvedere per decreto-legge: dove sarebbe l’urgenza? Temo che si dovrà, quindi, attendere la Legge finanziaria, uno strumento legislativo del tutto inadatto a dare risposte adeguate alle problematiche tecniche qui accennate e alle molte altre (di non minore momento) che restano da esaminare.

Fonte:

 http://www.lavoce.info/news/view.php?id=10&cms_pk=1552&from=index

mt

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