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La generazione del sacrificio
25.05.2005
 A Milano un convegno sui figli dei cittadini stranieri

Milano - Due fondazioni culturali per un tema cruciale dell’Italia di domani: le seconde generazioni immigrate e le prospettive dell’integrazione. È questo il senso del convegno Seconde generazioni in Italia. Scenari di un fenomeno in movimento, che si è svolto venerdì scorso a Milano promosso dalla Fondazione Ismu e dalla Fondazione Giovanni Agnelli.

Vincenzo Cesareo, segretario generale della Fondazione Ismu, aprendo i lavori ha ricordato «come i minori immigrati siano stati definiti dagli studiosi la “generazione del sacrificio”, in quanto generazione destinata a pagare gli alti costi del percorso migratorio familiare. Essi sono “migranti” senza averlo voluto o deciso e devono adattarsi ad una situazione in cui spesso i genitori sono logorati dal lavoro e dalla lontananza dal paese d’origine».

«La prospettiva adottata dalla Fondazione Giovanni Agnelli nell’ambito del programma Persone, Generazioni, Sviluppo – ha spiegato il direttore Marco Demarie - riguarda, in particolare, la dimensione delle seconde generazioni adulte per capire come saranno fra dieci-quindici anni e come, di conseguenza, sarà anche la società italiana modificata dal loro contributo. Le seconde generazioni meritano di essere studiate in prospettiva da molteplici punti di vista (formazione, lavoro, origine etnica, comportamenti familiari, matrimoniali e riproduttivi, mobilità, religiosità, cultura politica e – ultimo, ma di primaria importanza – cittadinanza), senza ghettizzarle, ma inserendole in una prospettiva generazionale allargata, che le consideri all’interno della più generale transizione all’età adulta dei giovani in Italia. Sappiamo che le seconde generazioni possono rappresentare una grande occasione per la società italiana. Così facendo, riusciremo a creare le condizioni affinché ciò avvenga».

La centralità del tema delle seconde generazioni appare evidente anche dalla loro crescente rilevanza in termini quantitativi. I dati più recenti (gennaio 2004) segnalano la presenza di 412 mila minori stranieri, con un’incidenza del 20,7% sul totale degli stranieri in Italia. La percentuale più elevata di minori si riscontra in Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, dove si supera il 22%, mentre la più bassa si registra in Campania (13,5%), Calabria (15,2%) e Sardegna (16,2%).
«Si può legittimamente affermare che la quota di minori si è continuamente accresciuta – ha spiegato Gian Carlo Blangiardo della Fondazione Ismu –  salendo di 6 punti percentuali tra il gennaio 1997 e il gennaio 2004». Le punte di aumento più alte si registrano in Val d’Aosta, Liguria, Trentino Alto Adige, Umbria, Abruzzo e Puglia. Le più basse, invece, in quelle regioni, come l’Emilia Romagna, che già a metà degli anni novanta avevano raggiunto valori abbastanza elevati. «L’impressione di fondo – ha commentato Blangiardo – è che, se si escludono alcune regioni tuttora ‘in ritardo’ nel processo di conversione ‘familiare’ dell’immigrazione straniera (come la Campania o la Calabria), si stia andando sempre più verso un generale consolidamento della presenza di figli nelle famiglie immigrate».
I dati censuari (ottobre 2001) evidenziano 284 mila minori stranieri residenti, di cui la metà (48%) nati in Italia. In termini assoluti, se si confrontano questi dati con i successivi riscontri anagrafici, si ha modo di constatare un incremento di ben 128 mila minori a poco più di due anni di distanza: una variazione del 45% in un biennio. Maggiori dettagli sulla generalità e sull’intensità della crescita dei minorenni stranieri sono forniti dalla Fondazione ISMU attraverso l’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità attivato in Lombardia.

Dopo l’intervento di Maurice Crul, dell’Università di Amsterdam, che coordina programmi di ricerca su scala europea e ha studiato la transizione scuola-lavoro delle seconde generazioni marocchine e turche, nella seconda parte del convegno sono stati presentati alcuni studi specifici realizzati dai ricercatori della Fondazione Ismu e, segnatamente, Voci di famiglie immigrate, a cura di Antonio Marazzi, sul vissuto dei nuclei familiari, Le seconde generazioni tra bisogno d’identità e desiderio d’appartenenza. Una ricerca nella provincia di Milano, di Giovanni Valtolina, e La transizione all’età adulta dei giovani figli di immigrati. Una ricerca tra l’Italia e le Filippine, di Laura Zanfrini.

«Sono tre le ragioni – ha riassunto a conclusione dei lavori Stefano Molina della Fondazione Giovanni Agnelli – per cui è indispensabile continuare ad occuparsi delle seconde generazioni. In primo luogo, perché il fenomeno è numericamente importante. Negli ultimi quindici anni le nascite in Italia da genitori stranieri sono cresciute a un ritmo del 20% l’anno. Allo stesso ritmo continueranno ad aumentare, almeno per il prossimo decennio, le iscrizioni scolastiche, gli ingressi sul mercato del lavoro, le richieste di cittadinanza italiana alla maggiore età, e così via. In secondo luogo, perché è importante superare l’attuale frammentarietà dei quadri interpretativi, tipica di ogni nuovo fenomeno sociale. La ricerca sociale ha una responsabilità importante per mettere argine alla diffusione dei pregiudizi e degli stereotipi, e insegnare a diffidare da forzature e banalizzazioni. Infine, perché le seconde generazioni rappresentano il passaggio cruciale dal quale può dipendere l’intero processo migratorio e l’esito del percorso di adattamento reciproco tra immigrati e società d’accoglienza».

 

Fonte: http://www.migranews.it/notizia.php?indice=634

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