14.06.2005
di Gianni Cipriani. Roma, 14 Giugno 2005. Quando i soldati americani uccisero Nicola Calipari, il partito trasversale dei difensori d'ufficio dei "neocons" statunitensi, si precipitò a sostenere su giornali e televisioni che era tutta colpa di Giuliana Sgrena, che non doveva farsi rapire e poi tutta colpa dei soliti italiani, molli e flaccidi, che invece di mostrare i muscoli, decidevano di pagare, finanziando in tal modo il terrorismo e finendo per non essere più credibili agli occhi di chi la lotta al terrorismo la fa davvero, ossia il presidente Bush. Calipari, si disse, si era trovato in qualche modo costretto dalle circostanze ad agire come aveva agito, quasi fosse l'ultimo degli esecutori e non il dirigente di una delle due divisioni più importanti del Sismi, in grado di scegliere con grande autonomia operativa. E quindi assoluzione preventiva a chi aveva fatto fuoco. Sull'onda delle spallate dei commentatori della lobby - se torniamo un po' indietro con la memoria - ci fu anche chi cominciò a sostenere che la liberazione di Giuliana Sgrena doveva in qualche modo determinare la fine di un ciclo (o di un modus operandi se vogliamo) e che, da allora in poi, ci si doveva nuovamente allineare ai dettami del potente alleato.
La liberazione di Clementina Cantoni, con il giusto disappunto del partito dei Rambo del giorno dopo, è invece avvenuta utilizzando quello che si potrebbe definire il metodo Sgrena, oppure il metodo Pari e Torretta, ovvero il metodo che prevede il dialogo, la costruzione di rapporti, il faticoso e lento cucire, il trattare, il saper concedere, il saper valutare tra costi e benefici cosa meriti di essere dato per una vita umana e cosa sia troppo per la collettività , a prezzo stesso della vita.
Solo in questo modo, nell'Afghanistan che non è un pantano minore rispetto all'Iraq, gli uomini della nostra intelligence militare, il Sismi, sono riusciti nuovamente a riportare a casa una persona viva e vegeta, come del resto l'intera società politica e civile - con l'eccezione dei Rambo - aveva chiesto loro.
E' stato quindi sconfitto il partito del blitz. Di coloro i quali, di fronte ad un sequestratore piuttosto sprovveduto che telefonava con il cellulare del proprio ostaggio, avevano pensato bene che una bella azione armata avrebbe risolto tutto. Anzi, di fronte all'incedere lento e complicato di una trattativa nella quale (come in tutte le guerre) è difficile capire esattamente da quale parte stiano amici, nemici e intermediari, c'era già chi si preparava a portare un nuovo attacco al metodo della ragionevolezza: che si aspetta ad intervenire con i mitra, di fronte ad un bandito che continua a portarci in giro con le sue quotidiane bizze?
E invece no. La fortuna è stata che la lobby ha abbaiato, ma non ha potuto mordere. Troppo difficile, anche per gli specialisti della guerra psicologica, poter in questo momento intaccare l'autonomia di una istituzione che ha appena lasciato sul campo uno dei suoi uomini migliori. Così Clementina Cantoni è stata salvata. Senza, per fortuna, che sulla strada del ritorno ci fosse nessun posto di blocco americano. Quello sì da evitare. Gianni Cipriani
Fonte: ReporterAssociati.org
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