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Recitando versi di pace e di guerra
27.06.2005

etnafest.
«Ti scrivo da sotto la tenda», successo alle Ciminiere di Catania
Catania.
La sorpresa è che ci siano così tante persone in una calda sera siciliana, un sabato per di più, riunitesi ad ascoltare versi. Versi di pace e di guerra, all'anfiteatro delle Ciminiere, mentre poco distante il traffico impazza e nei ristoranti non si trova posto.
"Ti scrivo da sotto la tenda, (Poesie di pace e di guerra )", il titolo tratto da una breve poesia di Guillaume Apollinaire, una produzione del Gruppo Iarba di Catania per EtnaFest a cura di Angelo Scandurra e con le voci di Pino Caruso, Graziana Maniscalco e Nino Romeo cui si deve anche la regia. Sulla gradinata spoglia dell'anfiteatro, nell'installazione di Umberto Naso, lucenti missili d'argento come farfalle morenti o mostruosi giocattoli. Ad accompagnare le voci dei dicitori, solo il sottofondo musicale di Franco Lazzaro, fatto di percussioni, vibrazioni, risonanze, tintinnii metallici. Sono i suoni della guerra che vediamo e ascoltiamo ogni giorno, comodamente seduti davanti al televisore. Una guerra che non è mai stata così prossima; che sembra accerchiarci da ogni parte del mondo, che ci entra in casa e nell'anima. Non si può più non sapere, non si può non vedere. Non si può più fingere indifferenza, girarsi da un'altra parte, distrarsi a conversare o cambiare canale.
Anche se può esserci in agguato l'assuefazione, adesso vediamo e sappiamo.
Ma sapevamo anche prima, dovevamo sapere: perché le voci dei poeti si sono in ogni tempo levate contro l'ingiustizia, la sopraffazione, il potere. Da De André a Vian, a Quasimodo, a Neruda, a Buttitta, a Prévert, a Matvejevic, a Lowell, a Merini, a Brancati, a Holan, a Enzensberger. Ed altri ancora e ancora, con versi sempre colmi d'amarezza, disgusto o feroce ironia. Non c'era da ridere né da sorridere, sabato scorso alle Ciminiere anche se la presenza di Pino Caruso poteva trarre in inganno.
In cielo solo la luna e niente stelle. In platea, solo silenzio e ripetuti applausi. Si parlava di pace, si parlava di guerra, di morti, di sangue innocente. Una guerra che ci riguarda tutti, perché noi tutti siamo madri e padri e figli. E forse la poesia, lei sola può riscattare il sangue che in ogni parte del mondo viene sparso: recitarla come si è fatto, sotto un cielo senza stelle, mentre i riflettori fanno luccicare sinistramente i missili, emblemi di guerra. Un po' come "Scrivere da sotto la tenda / sul finire di un giorno d'estate…"
Finetta Guerrera

Fonte: http://www.lasicilia.it/giornale/2706/cultura_spettacolo/cs03/a79.htm

mt

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