5.07.2005
Domenica mattina. Dopo la grande manifestazione che ha riempito le strade di Edimburgo e l’ubriacatura di musica del Live8 del giorno prima, si aprono i lavori del summit alternativo. Tante, forse troppe, plenarie e seminari per discutere di Africa e debito, cambiamenti climatici e guerra.
Chi ci può parlare di Nigeria meglio di Ken Wiwa, il figlio del famoso poeta nigeriano Ken Saro Wiwa, giustiziato dieci anni fa per la sua lotta non violenta per i diritti del popolo Ogoni? Ken manifesta subito tutta la sua preoccupazione per l’attuale situazione in Nigeria. La rivolta nel Delta del Niger, dove c’e’ il più alto numero di pozzi di petrolio, sta portando ad una progressiva militarizzazione della regione. Il rischio è un conflitto che potrebbe addirittura oltrepassare i confini nigeriani. Wiwa prosegue denunciando le malefatte delle multinazionali, in particolare della Shell, da sempre attiva nel suo paese. Che le multinazionali siano un pericolo per i paesi del Sud del mondo ce lo dice anche lo scrittore e giornalista inglese George Monbiot. Secondo Monbiot i cambiamenti climatici sono una fortissima minaccia soprattutto per le realtà più povere del pianeta. Ci fa l’esempio dei ghiacciai dell’Himalaya, ormai quasi tutti sciolti.
Ciò starà a significare un graduale impoverimento delle riserve idriche di tanti importantissimi fiumi asiatici, con evidenti conseguenze per le economie locali. In Africa invece vanno segnalati i severissimi impatti sull’agricoltura che stanno avendo le sempre più ricorrenti siccità , che fino a qualche decennio fa si succedevano ogni 20-30 anni. Adesso abbiamo un periodo di estrema siccità ogni 3-4 anni! La vis polemica di Monbiot infiamma la platea quando spiega come ora la tendenza dell’amministrazione americana non sia più quella di negare i cambiamenti climatici, ma piuttosto rifarsi alle deliranti affermazioni dello scienziato danese Lomborg, secondo cui mettere un freno e riparare i disastri causati dal cambiamento climatico costerebbe troppo. “La vita di milioni di persone non interessa a nessuno?” ha urlato Monbiot, tra gli scroscianti applausi del pubblico in sala.
Nel pomeriggio interviene Walden Bello in due plenarie molto affollate. Senza peli sulla lingua, dice che oggi si sente rincuorato, poiché si è passati dal tono mellifluo delle manifestazioni di ieri ad un clima militante, come sempre negli ultimi anni quando ci si è confrontati con il G8. E l’attitudine è cambiata dal dire al G8 cosa fare al bollarlo chiedendogli di andare via. Per Bello, il G8 dirà ben poco sul commercio, perché questo in realtà rimane lo strumento di controllo cruciale del ricco Nord sui paesi in via di sviluppo. Per lui la prossima ministeriale di Hong Kong a dicembre rimane l’appuntamento fondamentale. Dopo il fallimento di Seattle e di Cancun, o il WTO risorge oppure capitola definitivamente. Non usa mezzi termini, per Bello il sistema WTO va colpito al cuore una volta per tutte e va fatto deragliare per l’ultima volta nella lontana Hong Kong.
A tal fine esorta ad organizzarsi per essere in tanti insieme ai movimenti asiatici fuori del centro congressi di Hong Kong e, lasciando un po’ interdetti alcuni ambientalisti europei, incita ad organizzare voli a basso costo per non perdere quello che può essere il vero momento di svolta della globalizzazione. di Luca Manes - CRBM/Mani Tese
Fonte: http://unimondo.oneworld.net/article/view/114626/1/
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