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La legalità come primo valore
16.07.2005

Viene spesso osservato, giustamente, che l’Unione deve caratterizzarsi non solo in negativo, rispetto al disastro Berlusconi, e neppure solo per specifici contenuti programmatici (che pure sono rilevantissimi), ma anche per alcuni valori di fondo. Il primo tra questi deve essere la rigorosa difesa della legalità, come fondamento del legame tra etica e politica.

Vi chiediamo di riaffermare pubblicamente questa priorità non in termini generici, ma attraverso una forte risposta al tentativo, in atto da qualche tempo, di far dimenticare al Paese gli scandali che hanno caratterizzato gli anni ’80. Non si è trattato di occasionali episodi di corruzione imputabili a mariuoli, bensì della sistematica utilizzazione del potere politico-amministrativo per sviluppare operazioni finanziarie a vantaggio di partiti, ed ancor più spesso di correnti e di singoli individui. Ne è derivato il collasso di un intero sistema politico, oltre a gravissimi danni economici (il debito pubblico alle stelle, i costi delle opere pubbliche al 25-30% oltre il dovuto).

Nel clima indotto dall’oblio vi sono oggi di fronte a noi sia una provocazione esterna, sia un rischio interno; a entrambi dobbiamo dare risposte secche, senza se e senza ma.

La provocazione esterna è rappresentata dalla scelta, da parte del Sindaco di Milano, di celebrare Bettino Craxi con una targa dinanzi al suo ex ufficio milanese di Piazza Duomo 19. Esporre una targa significa esaltare un simbolo, e perciò chi vuole difendere i fondamentali valori civili che in quell’ufficio venivano vilipesi è costretto ad evidenziare il carattere di simbolo negativo che la figura di Craxi ha assunto: la ha assunta non perché altri abbiano una volontà di demonizzazione, ma per le scelte compiute da Craxi stesso. Simbolo anche dell’arbitrio nei comportamenti istituzionali: decreti su decreti al fine di coprire le illegalità TV del suo amico Berlusconi, attacco in Parlamento al sistema giudiziario per l’arresto del suo amico Calvi (arresto che, a suo dire, comprometteva l’economia del Paese). Tale attacco, nel 1981, violava per la prima volta la logica democratica di distinzione dei poteri, fino allora rispettata da tutti. Il silenzio su Craxi, in omaggio al generoso principio del parce sepulto, è stato possibile fino a quando si era di fronte a patetici pellegrinaggi a Hammamet, e forse anche -con qualche nostro dubbio- dinanzi a discutibili iniziative in sedi istituzionali. Non si può però tacere di fronte all’esaltazione del luogo principe della corruzione. Meno degli altri possono tacere quelli tra noi che, come ha detto Enzo Biagi, imputano a Craxi l’aver distrutto un Partito dalla storia gloriosa, e l’averlo distrutto proprio negli anni nei quali il fallimento, nell’Est europeo, del socialismo senza libertà avrebbe dovuto rilanciarne i valori.

Il rischio interno è ancor più grave che non una targa all’illegalità, poiché ha effetti operativi e non solo simbolici: si tratta dell’incapacità, finora, di impedire la ricomparsa nelle vicinanze dell'Ulivo, anche con aspirazioni a ruoli pubblici, di personaggi che hanno subito condanne definitive, in tutti i gradi di giudizio, proprio per reati commessi utilizzando il loro ruolo politico. La Costituzione vuole che la pena abbia valore rieducativo, e chi ha scontato fino in fondo una condanna è un cittadino libero. Questo non significa però che debba assumere funzioni di guida del Paese, cioè le funzioni che competono a chi svolge un ruolo politico; certamente, non le può assumere in uno schieramento che vuole chiedere il consenso agli elettori anche come alternativa al disprezzo per la legalità che caratterizza chi è al potere oggi.

Primo firmatario:
Giunio Luzzatto, professore di analisi matematica Università di Genova, socio di LeG

Fonte (e possibilità di firmare l'appello): http://www.libertaegiustizia.it/oggi/oggi.asp?id_articolo_oggi=604

mt

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