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Una nuova questione morale strutturale di A. Occhetto
22.07.2005
Esiste una nuova questione morale? Molti elementi che si stanno affastellando nella vita economica e istituzionale del paese mi suggeriscono di rispondere con grande nettezza di sì. Prendiamo come esempio due argomenti di cui sono zeppe le cronache politiche di questi giorni: gli sprechi delle Regioni e le scalate speculativo- finanziarie.
Per ciò che riguarda gli sprechi delle Regioni non sempre si sono individuate le vere responsabilità. Non c'è dubbio che sulla moltiplicazione delle commissioni ha ragione Bassolino quando ricorda che si tratta di decisioni prese da maggioranza ed opposizione che rientrano nelle prerogative del Consiglio ( e quindi - aggiungo io - che dipendono dalla pressione dei partiti). E' pertanto ingeneroso che adesso i partiti scarichino tutte le responsabilità sui Presidenti delle Regioni. Voglio solo ricordare che in occasione delle elezione europee denunciai, nel corso di una conferenza stampa, la moltiplicazione di assessorati e commissioni alla regione Calabria, grazie ad un accordo trasversale fra centrodestra, allora al governo, e centro-sinistra. Sollevai la questione ma il silenzio che ne seguì ha permesso che la situazione degenerasse e si estendesse.
Se vogliamo pertanto affrontare per davvero la vera questione morale occorre naturalmente prendere atto che quel che è emerso attraverso il famoso odg della sinistra dei ds - che denuncia sprechi, auto blu, moltiplicazione di incarichi, consulenze a pioggia - è solo la punta di un iceberg. Sotto quella punta si estende l'enorme massa critica di una questione morale del tutto inedita che coinvolge in modo ramificato l'insieme della vita istituzionale e di quella economica.
Si tratta - ed uso volutamente una espressione forte che adoperammo ai tempi di Craxi - di una vera e propria mutazione genetica di gran parte degli stessi partiti del centro-sinistra, che sta divorando il cuore stesso del sistema, una questione che investe le istituzioni e il modo stesso di essere dei partiti. Esiste pertanto un rapporto strettissimo tra la riduzione dei partiti a comitati elettorali - in alcuni casi di affari - e la familiarizzazione della politica, la mera partecipazione ai congressi dei famigli, dei beneficiati, dei rappresentanti delle istituzioni che riguardano ormai una rete vastissima che va dai distretti, ai comitati di quartiere, ai consigli locali, cittadini, provinciali, regionali, su, su fino al parlamento e alla distribuzione del potere nelle società di vario tipo, nell'informazione, e alla Rai-tv.
Pochi uomini eletti dai loro dipendenti, perché a questo si è ridotta la base elettorale interna ai partiti, decidono così delle principali cariche dello stato, dell'economia e dell'informazione.
Si assiste al fatto che quella massa di impiegati pubblici ai congressi esaltano i loro leader padroni il cui potere si regge sulla distribuzione dei posti pubblici. Il che rende i leader padroni esenti da ogni verifica critica. Ci troviamo dinnanzi a una inquietante commistione tra sfera privata (i partiti) e sfera pubblica (le istituzioni) che richiederebbe una legge di applicazione dell'articolo 49 della Costituzione riguardante la regolamentazione della vita stessa dei partiti.
E' una realtà nuova, inquietante, che rischia di essere peggiore di quella verificatasi nel periodo craxiano. Allora le tangenti erano una forma di finanziamento illecito dei partiti che tuttavia non mutava in modo così ramificato l'insieme della vita politico-istituzionale.
Oggi invece si sta determinando un intreccio, un connubio molto più stretto tra politica ed economia, che si configura come una originale forma italiana di lobbismo all'americana. Per questo dico che ciò che è emerso nelle Regioni è solo la fenomenologia minuta di un fenomeno ben più rilevante, di una cancrena che si allarga all'insieme del corpo istituzionale del paese e la cui responsabilità va molto al di là di quella dei Governatori, perché ha il suo brodo di coltura nel sistema dei partiti senza partito e nel suo modo di autoalimentazione e autolegittimazione politica.
In questo senso la questione delle Regioni si affianca a quella delle scalate speculative. Infatti quando non si riesce più a distinguere tra lavoro produttivo e rendita speculativa, come hanno fatto alcuni alti dirigenti diessini, allora il cerchio si chiude.
Come si fa a non vedere che il sistema economico italiano vive una fase di profonda distorsione dovuta all'accresciuto peso che le rendite speculative, finanziarie ed immobiliari hanno assunto nella nostra economia? Come non esser preoccupati, o per lo meno non porsi degli interrogativi di fronte all'uso di ingenti profitti speculativi per dare la scalata a banche e ad organi di informazione?
Se non si comprende più la differenza tra rendita e profitto, tra attività produttive e attività speculative (e io escludo che Fassino non conosca tutto questo) allora bisogna chiedersi, con Benedetto Croce, dove sta l'origine pratica dell'errore. E scopriremo che l'origine pratica sta nella commistione tra politica ed affari. Non parlo di tangenti, ma del fatto che considero grave che il politico che ha, in quanto legislatore, verso il mercato una funzione di arbitro, invece di limitare la sua funzione alla elaborazione delle regole prenda parte alla contesa tra diverse cordate, leghi il suo partito al successo di una rispetto a quello di un'altra, e soprattutto non si ponga problemi inquietanti, in una economia come la nostra che è per il 40% dominata dalla criminalità organizzata, quali quelli della provenienza delle rendite speculative dei vari raider che scorazzano sul mercato italiano, o quelli della mancata creazione di valore delle loro imprese da capitani coraggiosi che mettono nelle loro tasche, in un giorno solo, moltissimi miliardi e lasciano il paese a bocca asciutta in termini di occupazione, ricerca e investimenti. Il fatto che una parte del gruppo dirigente dei ds sia stato insieme poco liberale per ciò che riguarda la funzione del politico sul terreno della elaborazione e del controllo delle regole e al tempo stesso così poco socialista nel non vedere le differenze di dignità imprenditoriale tra immobiliaristi e industriali mi sembra un evento così spettacolare che ancora stento a credere che si sia per davvero verificato. Soprattutto è molto grave, per dirla con Prodi, che si siano formati blocchi politici in difesa dei contendenti. Se non vogliamo che ancora una volta il sistema esploda in conseguenza della contaminazione tra politica e affari, dobbiamo porre immediati rimedi all'attuale stato di cose. E se la politica non interviene, non ci si lamenti poi se interverranno i giudici. Non abbiamo bisogno di altre rivoluzioni giudiziarie; abbiamo bisogno di rivoluzioni programmatiche, e di comportamento. Abbiamo bisogno di una riforma della politica.
Infatti la nuova questione morale di cui ho parlato non si configura più tanto come un problema dei giudici (almeno si spera!) ma come questione strutturale, politica e istituzionale. Per questo l'associazione "Il Cantiere per il bene comune" presenterà, in un convegno che si terrà ai primi di settembre un Codice etico che metterà a confronto con quello proposto da Zapatero, e che, in seguito, consegnerà a Prodi e a tutti i candidati alle primarie.
Incominceremo in questo modo a porre il tema capitale della nuova questione morale intesa come questione strutturale e istituzionale, su cui fin da ora sarebbe bene aprire la ricerca e il dibattito.

Achille Occhetto.

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