Lavoro operaio senza diritti, licenziamenti a tassametro e «corruzione a manetta»
«Pensavo d'andare in Cina, invece mi sono trovato a Manhattan». Martino Signori, segretario della Fiom di Bergamo, deve ancora metabolizzare i cinque giorni trascorsi a Shanghai. Grattacieli, autostrade, megasvincoli, gente di «tutte le razze», il rumore del business che cresce. E poi - meraviglie delle meraviglie - il treno a levitazione magnetica che sfreccia a 430 km all'ora senza toccare terra. Prodotto dalla Thyssen-Siemens in Germania, dove il lavoro costa il 35% in più che in Italia. «Ad avere roba interessante da vendere, lì ce n'è per tutti. Il mercato tira alla grande e i cinesi non fanno questioni di prezzo». Il problema dell'Italia? «Salvo il vino e la moda firmata, non abbiamo da vendere ai cinesi cose che non abbiano imparato a fare». Compresi i telai, che sono la ragione del viaggio a Shanghai di una delegazione di sindacalisti e giornalisti bergamaschi (c'era pure il segretario dei Ds). Ce li ha portati Miro Radici, padrone dell'Itema (leader mondiale del meccanotessile), che ha inaugurato una fabbrica nuova di zecca fuori Shanghai. Scopo dell'ospitalità , convincere i sindacalisti che non si possono più produrre in Val Seriana i telai da vendere in Cina. Costano troppo. Per stare sul mercato asiatico bisogna produrli direttamente in Cina. «E' vero», ammette Signori, «Itema fa per buona ultima quel che gli altri gruppi europei hanno fatto da un pezzo». Radici ormai riesce a piazzare in Cina solo un centinaio di telai «bergamaschi». La fabbrica di Shanghai parte sfornandone 1.200 all'anno per arrivare a 2 mila. Unica prospettiva per i 4 mila dipendenti che il gruppo Radici conta in Italia produrre telai per il mercato europeo e statunitense. Prospettiva comunque di breve respiro perché tra dieci anni la Cina sarà in grado d'esportare anche il meccanotessile.
Questa la «nuda e cruda verità » che Signori dirà ai lavoratori dell'Itema. Oggi la prima assemblea, e sarà dura. Molti non hanno gradito che dei sindacalisti «invitati dal padrone siano andati a vedere quelli che ci rubano il lavoro». Altri, invece, pensano sia stato giusto accettare, per «toccare con mano» la realtà . A tutti il segretario della Fiom dirà sostanzialmente due cose. La prima: «Togliamoci dalla testa che i cinesi sappiano solo copiare e taroccare. Sanno fare. La Cina è una grande potenza industriale e un grande mercato. Non la fermiamo con i dazi della Lega». La seconda: «Piaccia o no, la decisione di Radici di produrre telai in Cina ha una sua logica. La nostra richiesta è che investa parte dei profitti che farà sul mercato asiatico in tutto il gruppo. Per modernizzare e innovare qui in Italia. Altre strade non ne vedo». Il sasso Signori l'ha già lanciato a Shanghai, prendendo la parola alla cerimonia inaugurale. «Devo pensare ai miei azionisti», gli ha replicato Miro Radici. No bello, controreplica Signori, «devi pensare anche ai lavoratori che hai in Italia».
Per gli standard cinesi, l'Itema di Shanghai è una fabbrica modello: pulita, ben aerata, dotata di mensa e spogliatoi. Ritmi di lavoro sostenuti ma non pazzeschi. Lavoratori giovani, molte donne. Il salario superiore alla media (120 euro) permette d'avere un'abitazione individuale. «Ma per i diritti, siamo al Medio evo». Su una parete all'ingresso sono appese le foto di tutti gli operai. «Sotto ogni foto c'è una luna divisa in sei spicchi. Ogni errore cancella uno spicchio. Sei errori, sei licenziato. Sporcare il bagno o il tavolo e non pulire è valutato un errore grave». Il sindacato? Non c'è. Per fortuna, visto che quello di regime funziona solo come agenzia di controllo o di collocamento. A un terzista servono 200 operai? Si rivolge al sindacato che li «recluta» velocemente nelle campagne: paghe basse, vivono nei dormitori, tornano al paese solo tre volte all'anno.
Il partito comunista cinese? «C'è, ma chi sta lì pochi giorni e non deve concludere affari non se ne accorge. Ho visto solo due o tre bandiere rosse, nessuna statua». Cosa fa il partito? «E' al servizio del capitalismo più sfrenato». Con le contraddizioni che ne conseguono. Il sistema scolastico, che serve a sfornare cervelli per la sviluppo, funziona benissimo. La sanità e il welfare sono un disastro. Occorre sventrare un quartiere per tirar su altri grattacieli? «Non guardano in faccia a nessuno, neppure agli anziani che si incatenano all'uscio di casa per restare dove sono nati». Ultima nota di viaggio: corruzione a manetta. Un'automobile costa poco più di 4 mila euro. Ma ce ne vogliono altrettanti per «comprare» la targa. «Ci hanno detto che è così per legge. Sì, la legge della mazzetta».
MANUELA CARTOSIO
Il Manifesto