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Banche bassotti
7.08.2005
di Riccardo Orioles / ReporterAssociati.
Io di banche me ne intendo poco e niente. Però mi sembra abbastanza chiaro che quest'estate l'accapigliamento generale si aggiri molto più attorno alle banche che attorno al potere "politico", che evidentemente conta meno. Nel centrosinistra, l'agitazione di Rutelli - col senno di poi - sembra riguardare prevalentemente l'affare Unipol-Bnl, che di converso D'Alema è intervenuto a difendere con inconsueta radicalità. La scalata al Corriere (che speravamo di poter attribuire a Berlusconi: un nome noto, almeno, almeno da un certo livello in su) appare viceversa ambientata in qualche saloon bar di Abilene. Ricucci, che pareva un simpatico palazzinaro prestanome, è invece il manovratore di operazioni bancarie colossali, tali da portare addirittura al congelamento e sequestro delle sue azioni (i tiggi' parlano pudicamento di congelamento di "alcune azioni" di "alcuni azionisti" di Antonveneta).
C'era una volta in Italia una grande banca, che si chiamava Banco Ambrosiano ed era diretta da un certo Calvi. Un altro grande banchiere di quei tempi (che sono cambiati: adesso i banchieri sono tutti trasparentissimi e onesti) si chiamava Michele Sindona, ed era talmente al di sopra di ogni sospetto che lo stesso presidente del Consiglio (un certo Andreotti) scriveva lettere ufficiali per gararantire per lui. Non c'entra niente: ma è da diversi mesi che non sento più parlare di Parmalat e di Tanzi (tranne che per qualche avara notizia di giudiziaria) e soprattutto che non sento più quantificare una cifra precisa sull'ammontare del buco fatto. Di solito, sulle pagine finanziarie, si parla d'altro.

È vero che Fazio rappresenta - insieme col presidente del Senato, Pera - il massimo esempio attuale di carica istituzionalmente neutra gettata invece sul mercato della politica (l'uno e l'altro hanno ambizioni), ed è anche vero che la perpetuità del Governatorato della Banca d'Italia è ormai un residuo baronale d'altri tempi (ma in altri tempi i baroni si chiamavano Ciampi e Carli). È anche vero però che a questo punto le scorrettezze di Fazio sono una patologia marginale, che il vero problema è: quanto comandano oggi le banche in Italia?

Sarebbe relativamente facile saperlo se, per l'emergenza mafia o per l'emergenza terrorismo, o semplicemente perché non c'è ragione per fare altrimenti, fosse stata varata una legge per la trasparenza bancaria, che avrebbe rapidamente strangolato sia Cosa Nostra che Bin Laden. Ma una legge simile non c'è, ed è altamente improbabile che ci sia in futuro: chiedere la trasparenza della proprietà bancaria in Italia (o in America, o in Inghilterra, o in alcun altro paese occidentale) sarebbe come chiedere l'abolizione di Maometto in Arabia Saudita. Ognuno ha il suo dio intoccabile, e da noi non è né Allah né Gesù Cristo. Perciò, non resta che andare a tentoni, basandosi sui dati macroeconomici a monte e sugli occasionali detriti visibili a valle - non sugli ordinari dati economici, che dovrebbero essere invece accessibili a ogni cittadino.

Fonte: http://www.reporterassociati.org/index.php?option=news&task=viewarticle&sid=7625

mt

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