Welfare Italia :: Indian Time :: Progresso scientifico (di Paola Carini) Invia ad un amico Statistiche FAQ
7 Maggio 2024 Mar                 WelfareItalia: Punto laico di informazione e di impegno sociale
Cerca in W.I Foto Gallery Links Documenti Forum Iscritti Online
www.welfareeuropa.it www.welfarecremona.it www.welfarelombardia.it www.welfarenetwork.it

Welfare Italia
Home Page
Notizie
Brevi
Il punto
Lettere a Welfare
Cronaca
Politica
Dal Mondo
Dalle Regioni
Dall'Europa
Economia
Giovani
Lavoro
Cultura
Sociale
Ambiente
Welfare
Indian Time
Buone notizie
Radio Londra
Volontariato
Dai Partiti
Dal Parlamento Europeo
Area Iscritti
Username:
Password:
Ricordami!
Recupero password
Registrazione nuovo utente
Brevi

 Foto Gallery
Ultima immagine dal Foto Gallery di Welfare Italia

Ultimi Links







Progresso scientifico (di Paola Carini)
25.08.2005
Progresso scientifico
Lo scorso aprile le agenzie di stampa internazionali diffondono una notizia alquanto bizzarra: la National Geographic Society, in partnership con l’IBM, lancia un progetto quinquennale per raccogliere campioni di sangue umano da analizzare attraverso sofisticate analisi di laboratorio e analisi al computer. Lo scopo del “Progetto Genografico” è di individuare il modo in cui la Terra è stata popolata, ossia stabilire i flussi migratori dei popoli nel corso dei millenni.
Il responsabile del progetto, il Dott. Spencer Wells, in una dichiarazione alla stampa spiega: “Il DNA contiene una storia condivisa da tutti noi. Nei prossimi 5 anni noi decifreremo quella storia, che ora corre il pericolo di svanire poiché le popolazioni tendono a migrare e mescolarsi in misura maggiore rispetto al passato”.
Peccato però che quella storia non sia condivisa in maniera uguale da “tutti”, infatti saranno principalmente campioni di sangue di popolazioni indigene ad essere raccolti poiché, come si legge nella nota alla stampa, è il loro DNA a contenere markers genetici unici. Nel senso di “utili” a capire le migrazioni umane su scala globale. È ovvio.
Ovvio?
Siamo sicuri di aver capito bene?
Dal momento che INDIGENO significa “originario del luogo in cui vive”, così come i sinonimi ABORIGENO, NATIVO, AUTOCTONO, dove può condurre la raccolta di più di 100.000 campioni di sangue di popolazioni INDIGENE? Alla comprensione degli spostamenti umani sul globo, quando le popolazioni INDIGENE sono senza dubbio quelle che hanno vissuto nel luogo in cui risiedono da molto più tempo delle altre, alcune da millenni?
Ricapitoliamo.
Le narrazioni mitiche, profane o della creazione degli indigeni di ogni dove ne incorporano ogni evento rilevante, compresi gli spostamenti. È un fatto noto che i diné, ad esempio, migrarono dal Nord America fino all’attuale Arizona qualche secolo fa. Ed è noto non solo ai diné, che conoscono bene la loro storia, ma anche ad antropologi, storici, linguisti i quali, nei propri campi di ricerca, ne hanno trovato ampi riscontri.
Allora, se si è deciso di tracciare una mappa dell’andirivieni umano (traduzione approssimativa dell’ameno termine di genografia) perché non partire dalle ampie testimonianze registrate nella storia orale tribale che, tra le altre cose, custodisce anche il ricordo di sconquassi geologici (eruzioni di vulcani ad esempio) e di inondazioni mostruose di cui si è persa la memoria altrove? Perché spendere 40 milioni di dollari per creare un “museo virtuale della storia umana” consultabile sul sito del National Geographic impossessandosi del materiale genetico proprio di quelle popolazioni?
Proviamo a indovinare.
Come un ecosistema pressoché intatto è ricco di biodiversità, di specie vegetali ed animali, così anche popolazioni che hanno vissuto per secoli in relativo isolamento in un ecosistema sano sono, da un punto di vista genetico, una vera miniera inesauribile. Uno studio del loro DNA potrebbe anche dare indicazioni su eventuali migrazioni, quel che è certo è che quel materiale genetico offre opportunità enormi. Di guadagno. Perché negli Stati Uniti si possono brevettare, oltre alle invenzioni, anche le sequenze genetiche, che siano animali, vegetali o umane. E quel guadagno andrebbe a ricercatori e case farmaceutiche, non certo a chi ha donato, presumibilmente inconsapevole delle implicazioni, quel materiale.
Fantascienza?
Non proprio.
Nel 1993 lo US Secretary of Commerce chiese il brevetto su di una sequenza cellulare estratta dal DNA di una donna di 26 anni del Panama di etnia guayimi. Soltanto una massiccia protesta internazionale fermò l’iter burocratico. Ma nel 1994 lo US Patent and Trademarks Office concesse il brevetto su di un’altra sequenza appartenente ad un uomo di Papua Nuova Guinea di etnia hagahai al National Institute of Health e al US Department of Health and Human Services. Lo sdegno internazionale mandò in fumo il progetto di questi due enti, ma quello stesso materiale genetico lo si può comprare oggi a poco più di 200 US $ nel sito di questa “azienda”, l’American Type Culture Collection, specializzata nella “distribuzione” di colture di microrganismi, virus, cellule e DNA umano, vegetale o animale.
Che l’impresa genografica non abbia come scopo il produrre farmaci scaturiti dalle ricerche sul DNA indigeno è un’assicurazione che i due partners nel progetto continuano a ripetere. Ma, anche se non immediatamente commercializzabile sotto forma di prodotto, chi può garantire quale ne sarà l’impiego nel futuro, dal momento che i brevetti hanno durata ventennale? E poi non sarebbe la prima volta che un ente o un centro di ricerca imbrogliano le carte e usano in maniera non concordata i campioni loro ceduti da gruppi tribali. Nel 2004 la nazione havasupai ha citato in giudizio l’Università dell’Arizona (ASU) per averne impiegato il materiale genetico per studi sulla schizofrenia e sulla consanguineità invece che fare ricerca esclusivamente sul diabete sviluppato da questa etnia. E chi meglio di loro poteva offrire del DNA preziosissimo, dato che gli havasupai sono un gruppo tribale di soli 650 membri che ha vissuto negli stessi luoghi (nell’area attorno al Grand Canyon) per centinaia di anni?
I dubbi sulla legittimità della genografia non si fermano qui. A parte le questioni che chiamano in causa la legislazione internazionale (l’articolo 29 della Dichiarazione dei Diritti delle Popolazioni Indigene sancisce la proprietà e il controllo sul proprio materiale genetico oltre che sul proprio sapere, come ricordato nell’articolo “Zea Mexicana”) questo progetto somiglia molto ad un altro altrettanto ameno, lo Human Genome Diversity Project, che negli anni Novanta grazie alle forti resistenze internazionali venne bocciato sia dall’ONU che dalla National Science Foundation.
Per i genetisti che fanno parte dell’Indigenous Peoples Council si ripropongono le stesse inammissibili questioni di bioetica che avevano viziato e fortunatamente bloccato lo Human Genome Diversity Project. E poi ci sono i modi alquanto discutibili in cui verranno coinvolti i gruppi indigeni: promesse di investimenti in denaro nella sanità e nella scuola locali, ad esempio, e informazione “incompleta” sull’uso reale del DNA.
Le popolazioni indigene di tutto il mondo hanno un’idea del corpo umano molto differente da quella della gran parte dei genetisti, in primo luogo perché, non considerando il corpo una proprietà, per loro è inalienabile. E, nel caso acconsentano a partecipare a progetti di questo tipo, vogliono sapere con chiarezza che fine farà il loro DNA. Per questo le organizzazioni indigene internazionali chiamano biocolonialismo le sopracitate “ricerche scientifiche”. Perché dietro al paravento del progresso scientifico si nasconde l’ennesimo tentativo di sfruttamento che va ad aggiungersi alla lunga lista di malversazioni e ruberie di ogni tipo sofferte dai gruppi tribali del pianeta.
Certo, se la genografia coinvolgesse massicciamente la popolazione di qualche nazione del nord politico e geografico del mondo si griderebbe alla biopirateria. Ma dato che si tratta di gente del sud politico e geografico, è solo un contributo alla scienza. “Perché siamo tutti imparentati, e discendiamo tutti da coloro che lasciarono l’Africa 60.000 anni fa”, dice il Dott. Wells.
Peccato che questo “arazzo genetico”, così come lo definisce sempre il Dott. Wells, lo si voglia comporre a scapito dei soliti noti. E che i benefici – in denaro o di altro tipo – andranno ad altri, soliti noti.
Ma siccome la scienza beneficia dell’apporto di tutti, anche voi potrete partecipare. Basterà comprare un “kit di partecipazione” a 99 dollari e 95 centesimi incluse le spese di spedizione. Un cotton fioc infilato nella guancia, rispedito al mittente ed esaminato vi dirà la vostra “personale storia migratoria” e aggiungerà un pezzettino al mosaico del Dott. Wells.
A meno che anche voi, come le popolazioni “primitive” (come le definiscono nei documentari televisivi) crediate che usare il corpo umano con l’altisonante promessa del “progresso scientifico” non coincida necessariamente col fare avanzare la medicina o trovare la chiave di lettura sugli spostamenti che hanno coinvolto l’umanità intera. Almeno finché continuerà a coincidere col riempire massicciamente le tasche di qualcuno.
Welfare Italia
Hits: 1801
Indian Time >>
I commenti degli utenti (Solo gli iscritti possono inserire commenti)
Terza pagina

Sondaggi
E' giusto che Bersani si accordi con Berlusconi per le rifome ?

Si
No
Non so
Ultime dal Forum
La voce del padrone di Lucio Garofalo
Salotti culturali dell'Estate bolognese
Pippo Fallica querelo' Corriere della Sera e La Sicilia?
NO LEADER, NO PARTY di Luigi Boschi
UN PARTITO LENINISTA (LEGA) CHE SPOSA IL VATICANO di A.De Porti
POESIA DI VITA di Luigi Boschi
La vita spericolata del premier di Silvia Terribili
Romea Commerciale di Orlando Masiero
Sondaggio, 15mila i voti finora espressi
Buon che? di Danilo D'Antonio
L'Italia è una Repubblica "antimeritocratica" fondata sul lavoro precario
LA PROTESTA DEI SANGUINARI di Luigi Boschi
L'AQUILONE STRAPPATO di Antonio V. Gelormini
Il reality scolastico su "Rai Educational"
Vuoto indietro diventa proposta di legge,





| Redazione | Contatti | Bannerkit | Pubblicità | Disclaimer |
www.welfareitalia.it , quotidiano gratuito on line, è iscritto nel registro della stampa periodica del Tribunale di Cremona al n. 393 del 24.9.2003- direttore responsabile Gian Carlo Storti