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La biennale alle donne
31.08.2005

Ippopotami di fango, pappagalli di metallo, dipinti di Bacon o della Dumas sfilano nelle due mostre allestite da Rosa Martinez e Maria de Corral
Venezia - Prima, "Non dirmi cosa fare. Non dirmi dove andare. Non guardarmi così. Non farmi promesse". E dopo, "Liberate le donne artiste di Venezia. I musei tengono il 91% delle donne nei depositi. Ditegli che volete più donne allo scoperto". Sono questi due slogan plateali a fagocitare l’attenzione del visitatore appena mette piede alla cinquantunesima Biennale di arti visive di Venezia. Sulla facciata del Padiglione Italia ai Giardini, spiccano le gigantesche parole-tormentone di Barbara Kruger - Leone d’Oro alla Carriera - mentre l’atrio dell’Arsenale viene invaso dai monumentali cartelloni pieni di sfacciati e provocatori pamphlet firmati dalle Guerrilla Girls che dal 1985 orchestrano edulcorati interventi di condanna contro il numero "pateticamente" basso di artiste donne e artisti di colore. Ma attenzione. Subito dopo la Kruger, all’ingresso del Padiglione Italia, ci si imbatte nell’assordante mitra-trapano appeso al soffitto come un lampadario di Monica Bonvicini, mentre dall’altra parte del canale, insieme agli ammonimenti delle Guerrilla Girls c’è un altro lampadario, formato stavolta da centinaia di assorbenti interni ob da ciclo mestruale, realizzato dalla francese Joana Vasconcelos.

Due paralleli incipit in rosa, questi, due giochi di donne, per le due super-collettive clou di questa edizione 2005, che per la prima volta vanta la cura di due signore iberiche, Marìa de Corral che firma "L’esperienza dell’arte" al Padiglione Italia dei Giardini, e Rosa Martìnez cui si deve la rassegna "Sempre un po’ più lontano" all’Arsenale. Due macro-eventi che segnano, nel bene e nel male, il bio-ritmo della Biennale, aperta fino al 6 novembre 2005, con il difetto di trascurare esageratamente l’arte italiana, e con lo sforzo di passare alla storia come la Biennale delle donne, con una presenza massiccia, per la gioia delle Guerrilla Girls, di artiste - 38 su 91. Come al femminile sono andati i premi: alla body-artist guatemalteca Regina Josè Galingo, e al suo video di un’imenoplastica, operazione di ricostruzione dell’imene della verginità cui si è sottoposta, alla trevigiana Lara Favaretto, 32enne, che firma surreali videoproiezioni in 3D - premio per la Giovane arte italiana - ad Annette Messager per il Padiglione della Francia - superlativo - e con la sola eccezione dello scultore Thomas Schutte.

Con "L’esperienza dell’arte" Marìa de Corral - la rossa impeccabile, inalterabile - trasforma il Padiglione Italia in un vero e proprio labirinto, quasi con il perverso gusto di far perdere le tracce delle opere, quasi a trasformare la visita in una caccia al tesoro. "Non c’è un tema - dice la de Corral - ma una cosmologia. Gli artisti sono legati da un fil rouge che è il loro modo di vedere il mondo e raccontarlo. La mia mostra non vuole essere uno spettacolo, ma un viaggio nell’intimo dell’artista". Si cammina sul pavimento di travi cangianti di Maider Lòpez, ci si commuove con i "ricordi inconsolabili" di una Cuba da esodo in bianco e nero di Stan Douglas, e ci si intenerisce il cuore con le immagini dall’alto di bimbi di favelas che giocano in coreografie disegnate a terra. Splendida, nella grande sala centrale, la sequenza delle fotografie di Thomas Ruff dedicate ai grattacieli, comprese le Twin Towers, dove l’effetto di amplificazione del pixel digitale rende riconoscibile l’immagine ma crea un effetto di pura e illusoria astrazione. Accanto, la ricostruzione in gesso delle scale, alte quasi sette metri, di Rachel Whiteread, che sembrano tanto un tentativo di ricreare le scale di Piranesi.

C’è una sfilata di opere pittoriche, con Francis Bacon di cui spuntano due grandi e suggestivi trittici, targati anni ’79 e ’80, provenienti da collezioni private, la sudafricana ma olandese d’adozione Marlene Dumas che arriva in laguna con sette meravigliosi dipinti mai visti prima, alcuni realizzati per l’occasione e altri attinti dalla sua collezione privata, il fumettistico Philip Guston, le potenze materiche di Antoni Tàpies sempre vertiginose, il messicano Gabriel Orozco che delude un po’ elargendo giochi di incastri geometrici e colori primari, e il tedesco Matthias Weischer piaciuto con i suoi interni di un metafisico pop. Per i video, claustrofobico e alienante il lavoro del taiwanese di culto Chen Chieh-jen che propone "Factory", un video del 2003 sulla rioccupazione di una fabbrica di indumenti, sfizioso l’ex enfant-prodige argentino Leandro Erlich, oggi trentaduenne, con "La Vista" una video installazione realizzata tra il 1997 e il 2004, che strizza un occhio all’idea della "Finestra sul cortile", sempre poeticamente elegante il sudafricano William Kentridge, che presenta una grande installazione di sapore cinemascope composta da nove video singoli del 2003 montati insieme per l’evento veneziano, e delizioso l’ipnotico americano Bruce Nauman, con una videoinstallazione per riflettere sulla natura del potere, dove una cantilenante voce fuori campo impartisce indicazioni ad un mimo-pagliaccio che diventano sempre più improbabili, la sudafricana Candice Breitz che filma i divi di Hollywood.

E a proposito di Hollywood, splende l’astro kitsch e fetish del bresciano-milanese Francesco Vezzoli, classe ’71, photo-videomaker cresciuto a lezione di cinema e televisione che firma una divertita e spassosa parodia, a tinte hard, del Caligola di Tinto Brass, sfornando "Trailer for a Gore Vidal’s Caligola" con camei eccellenti ed eccentrici di Helen Mirren, Adriana Asti che grida "Caligola, dimme che me ami, dimmelo" e si passa sul volto uno sperma antirughe appena sgorgato da un muscoloso servo. Insieme a Milla Jovovich, Benicio Del Toro, Karen Black, Gerard Butler, Barbara Bouchet, Glenn Shadix e la cantante dei Mamas and Papas (nonchè musa dei film di Ed Ruscha) Michelle Phillips.

I nove mila metri quadrati dell’Arsenale, tra Corderie e Gaggiandre, diventano il regno di Rosa Martìnez con "Sempre un po’ più lontano": "Un titolo che cita la mia fonte d’ispirazione - racconta Martìnez - Corto Maltese, il personaggio d’avventure ideato dal fumettista veneziano Hugo Pratt". E il suo è un panorama convulso, apparentemente distonico, per una buona parte del percorso, insipido, per riprendersi, a tratti, in exploit di pura grazia, come il video-polittico della coreana Kimsooja dove l’artista si autoritrae immobile di spalle in mezzo ad una folla controcorrente, in un invito poetico ad incontrare città e civiltà del mondo, oppure il già visto ma sempre suggestivo Jun Nguyen-Hatsushiba con le sue imprese subacquee, il cubano Carlos Garaicoa con le sue immagini di quotidianità che strisciano fugaci e impalpabili sul pavimento come un fiume in piena, e, ancora, la colombiana Marìa Teresa Hincapiè de Zuluaga con la sua performance-installazione di musica live, danza, fiaccole, gabbiette e stelle di terra. piccoli grandi a-soli.

Il resto è una parata di piccoli grandi a-soli. S’incontra la tragi-comica Semiha Berksoy, scomparsa un anno fa, artista turca totale col suo passato di cantante, scrittrice, attrice e pittrice, di cui arrivano dipinti di sincera semplicità come inni all’amore e alla morte. L’americana Jennifer Allora e il cubano Guillermo Calzadilla portano un ippopotamo gigante di fango, con una ragazza seduta in groppa a leggere quotidiani suonare un fischietto ogni volta che legge un’ingiustizia. La drag-queen londinese Leight Bowery, modello feticcio di Lucian Freud - non a caso in mostra al Museo Correr - che allestisce un defilè glam rock dove gli abiti sono tagliati e assemblati con il gusto della sorpresa. La libanese Mona Hatoum porta una grande e nuova scultura circolare di quattro metri di diametro, dove manipola sabbia e metallo rivisitando l’immagine-simbolo di un giardino zen.

E la giapponese Mariko Mori regala "Wave Ufo" la gigantesca balena-astronave piena di effetti speciali elettronici e digitali già applaudita al museo di Bregenz due anni fa e poi portata in trasferta a Genova per la rassegna "Arte & Architettura" lo scorso autunno. Il duo russo dei Blue Noses formato da Viacheslav Mizin e Alexander Shaburov, che rileggono la società contemporanea attraverso una videoinstallazione, incapsulando tanti sketch di ordinaria follia in box di cartoni su cui lo spettatore si deve affacciare. Bruna Esposito, poi, elabora la creatura più piccola, quasi invisibile, di tutta la storia della Biennale, la "Perla a piombo". Esattamente ciò che esprime il titolo.

Fino ad arrivare al Padiglione Cinese, al suo debutto, con Yungho Chang, che ha costruito il monumentale scheletro di una struttura architettonica in canne di bambù, Liu Wei che ha allestito una galleria di flash che vengono sparati sui visitatori, e Xu Zhen che innesca una parata di videoinstallazioni dove passanti vengono spaventati da scorribande improvvise di ragazzi che urlano, la coppia Pengyu e Sunyuan hanno costruito due astronavi artigianali dalle ipotetiche possibilità di volo e Wang Qiheng dall’alto della sua saggezza ha elaborato il Fengshui della Biennale, applicando l’antica ideologica cinese che regola forme e disposizioni geografiche in funzione delle forze della natura alla realtà dei padiglioni dei Giardini. Il tutto per determinare la futura sede permanente per il padiglione cinese.

Laura Larcan

Notizie utili - "51. Esposizione Internazionale d’Arte", dal 12 giugno al 6 novembre 2005. Venezia, Giardini (chiuso il lunedì), Arsenale (chiuso il martedì).
Orari: 10-19.
Ingresso: intero €15, ridotto €12, studenti €8, gratis fino a 6 anni.
Informazioni: call center 041-5218828. Sito web: www.labiennale.org
Catalogo: Electa.




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