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Montalto, carbone o si chiude
3.09.2005
L’Enel: «La centrale produce poco e costa molto. Meglio riconvertirla». Pronto un progetto da un miliardo e mezzo per passare al coke.
Gli ambientalisti: «Scelta scellerata»

Carbone o si chiude. Con un investimento di circa un miliardo e mezzo di euro, la riconversione a carbone della centrale Enel di Montalto di Castro è sempre più vicina. Anche se il colosso energetico assicura: «Si procederà se ci saranno le necessarie approvazioni, che comprendono anche, naturalmente, il consenso locale e che potrebbe garantire

un futuro produttivo certo alla centrale, a chi ci lavora e all’indotto». Al momento l’impianto di Montalto viaggia a un quarto delle capacità: poco, troppo poco. Continuando su questa strada, la centrale di Montalto - è la stima dei vertici Enel - non andrebbe più in là dei due anni di vita. La chiusura dello stabilimento avrebbe conseguenze pesantissime sulle 300 famiglie legate alla centrale.
L’impianto di Montalto ha iniziato a produrre energia elettrica nel 1996 e, a dieci anni di distanza, i costi di realizzazione - dice l’Enel - non sono stati ancora ammortizzati. Cresce il costo del petrolio, cresce il costo del gas metano, l’impianto non tiene il mercato: o si abbassano i costi di produzione, quindi, o la centrale tempo due anni chiude. L’alternativa c’è, ma non è indolore. E così dopo la centrale di Civitavecchia, anche per quella di Montalto di Castro la via che si profila è quella del coke. Ed è lo stesso responsabile delle Politiche ambientali dell'Enel, Ennio Fano, a dare maggiore consistenza all'ipotesi: «Stiamo studiando - dice dalle pagine locali de "Il Messaggero" - la riconversione a carbone della centrale di Montalto. Un megawatt/ora «prodotto con olio combustibile costa circa 60-70 euro. Con il gas metano costa 45-50 euro. Con il carbone ad alta efficienza costerebbe 35 euro».
La riconversione a carbone della centrale di Montalto avrà conseguenze sulla salute e sulla qualità di vita dei cittadini? Sempre secondo il responsabile delle politiche ambientali di Enel, si possono dormire sonni tranquilli: «Se prendiamo come paragone la centrale di Civitavecchia, basta dire che con le tecnologie attuali in un anno l'anidride solforosa prodotta passerebbe, con tre gruppi a carbone, da 17,7 mila tonnellate all'anno a 3,15. Gli ossidi di azoto passerebbero da 8,8 mila tonnellate a 3,45; le polveri da 2,2 a 0,39; l'anidride carbonica da 11.800 a 9.700». Ma è l'intero fronte ambientalista ad insorgere con un coro di no che coinvolge partiti e associazioni.
Certo è che perdere la centrale di Enel, se la riconversione non dovesse riuscire, non sarà una cosa da nulla per l'economia della zona. Oltre ai 7 milioni di euro di Ici pagati ogni anno al comune, ci sono i potenziali posti di lavoro della centrale rilanciata: «Circa 1.500 persone - spiega Fano - nell'arco dei cinque anni della riconversione. Con punte fino a 3.000 operai per dieci mesi».

Fonte con approfondimento: http://www.lanuovaecologia.it/energia/politiche/4573.php

mt

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