10.09.2005
A 25 anni dalla morte di Basaglia. di Ettore Macchieraldo.
Maria Grazia Giannichedda ci ricorda su il Manifesto di sabato 27 agosto che, alla fine dello stesso mese di 25 anni fa, moriva lo psichiatra cui dobbiamo la legge 180, ovvero quella legge che abolisce i manicomi cercando di riformare le istituzioni psichiatriche. Bene fa Giannichedda ad evocare lo spessore e l'intelligenza del personaggio Franco Basaglia, ricordandolo per la sua capacità di pensare tutto quello che potrebbe egualmente essere, e di non dare maggior importanza a quello che è, che a quello che non è. Così com'è necessario rilevare, come viene fatto nell'articolo, il cambiamento, per tanti aspetti l'involuzione, avvenuto nelle istituzioni e nella società . Dell'uomo Franco Basaglia può parlare chi, come Giannichedda, ci lavorò assieme e ne condivise le esperienze. Di ciò che rappresenta l'esperienza triestina, delle normative avanzate e in gran parte inapplicate, delle pratiche sociali derivate, siamo tutti testimoni e debitori. Fondamentale fu l'intreccio tra movimenti politici e culturali, personaggi 'illuminati' interni alle istituzioni, presa di coscienza dei cittadini che portò a ribaltamenti di prospettive e di convinzioni molto terapeutici per la libertà di ciascuno di noi. Il fulcro intorno al quale è avvenuto il rovesciamento sta nel considerare il malato psichico non come un oggetto buono solo a trattamenti più o meno autoritari, bensì come un soggetto con pari diritti e dignità degli altri cittadini e, soprattutto, portatore di storie e contraddizioni che ci riguardano, tutti. Il manicomio non è sparito, esiste sotto varie forme più o meno medicalizzate. Non possiamo però permetterci di dire che quella rivoluzione interna alle istituzioni sia stata inutile. Anzi, è una di quelle esperienze a cui tornare per capire come avviare e gestire dei processi di trasformazione che abbiano al centro i diritti e la dignità delle persone. Troppe volte ci siamo fermati all'empiricità di alcune esperienze nel sociale, senza riflettere a fondo su quanto un progetto, sia pur parziale, necessiti di teorie e interpretazioni condivise, di alleanze e soggetti sociali di riferimento, oltre che di metodo e capacità pratiche. Questa breve e confusa riproposizione dell'articolo di Maria Grazia Giannichedda vorrebbe essere un invito a riflettere su quanto la sfera della politica sia stata presente nelle esperienze che sintetizziamo con la figura simbolo di Franco Basaglia e di quanto sia oggi prioritario costruire una sensibilità politica che dia spessore di progetto e non, come rileviamo continuamente, spettacolari personalismi. Per concludere, così sintetizzava in un suo articolo* un altro Franco a cui sarebbe utile tornare, Franco Fortini: la condizione che chiamiamo di libertà - da qualcosa e per qualcosa - non è terapeutica o lo è solo se contiene in sé la possibilità di un superamento di se stessa, ossia una obbligazione e un impegno, quindi un'accettata limitazione di se stessa per un fine e un orizzonte ulteriori...
* Franco Fortini, "Le minoranze possono farci uscire dal secolo dell'orrore", il Manifesto, 28 ottobre 1986.
Fonte (con l’articolo citato): http://www.socialpress.it/article.php3?id_article=989
mt
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