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Ricchezza sovrapposta alla miseria?
21.09.2005
Riccardo Petrella: La povertà non va dimezzata ma sradicata. Il mondo contesti gli “Obiettivi del millenio”

FIRENZE-ADISTA. La proclamazione, nel 2000, degli "Obiettivi del Millennio per lo sviluppo", con cui le Nazioni Unite si sono - solennemente come al solito - proposte di dimezzare il numero di poveri entro il 2015, ha trovato fin dall'inizio buona accoglienza nella maggior parte delle associazioni e delle ong internazionali. L'Università del Bene Comune, insieme ad altre associazioni ed Enti locali, ha preso invece le distanze, leggendo nell'approccio dell'Onu piuttosto un'abdicazione da parte della comunità internazionale rispetto al principio del diritto alla vita per tutti gli esseri viventi. Da qui una proposta di segno diverso: quella di dichiarare illegale la povertà, identificando una Norma Internazionale Povertà Zero con cui misurare il livello di riduzione della povertà raggiunto nelle varie città attraverso la difesa dei diritti fondamentali e dei beni comuni: acqua, salute, casa, istruzione, lavoro. A presentare la proposta, al convegno dal titolo "Dai poveri illegali alla illegalità della povertà", svoltosi il 9 e 10 settembre a Firenze (ne diamo informazione sul numero blu allegato), è stato Riccardo Petrella, ideatore dell'Università del Bene Comune, chiamato recentemente dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, a gestire l'acquedotto pugliese, uno dei maggiori in Europa. Di seguito il suo intervento, tratto da una registrazione e non rivisto dall'autore.
Leggevo prima su uno striscione qui esposto la frase "la ricchezza vive sovrapposta alla miseria". In realtà, non è che la ricchezza sia sovrapposta alla miseria, è che la ricchezza attuale crea, ha bisogno di creare, miseria. Il punto centrale è se effettivamente il sistema sia generatore di esclusione, di impoverimento, di ineguaglianza. Perché se il sistema è tale da generare strutturalmente ineguaglianze, allora la povertà è il prodotto di questo sistema. Se invece pensiamo che la povertà sia un fatto congiunturale, che la responsabilità ricada, come dice la classe dominante, su quelli che sono poveri, allora è chiaro che la ricchezza nel sistema attuale viene giustificata e che in fondo questa povertà diventa una specie di malattia non voluta. La proposta che vogliamo avanzare è invece quella di negare che la povertà sia un risultato occasionale o dovuto ai poveri stessi e riconoscere che è il sistema come oggi è strutturato a generare necessariamente povertà.
È da qui che viene il nostro dissenso rispetto all'approccio seguito dalla comunità internazionale, che, dal 14 al 16 settembre, si ritroverà al Vertice delle Nazioni Unite a New York per fare il punto sulla povertà nel mondo e sullo stato di avanzamento degli "Obiettivi del Millennio per lo Sviluppo", cinque anni dopo la loro proclamazione "solenne", e a dieci anni dal termine fissato per la loro realizzazione, il 2015.
Siamo in dissenso con l'approccio delle Nazioni Unite, perché pensiamo che la base teorica, etica e politica degli Obiettivi del Millennio rifletta i principi che strutturano l'esistenza della povertà nella nostra società. E con il nostro dissenso vogliamo sensibilizzare l'opinione pubblica perché non cada prigioniera di una prospettiva basata sul principio dell'inevitabilità naturale della povertà.
Ora, è penoso dirlo, ma sappiamo già quel che diranno i potenti a New York. Affermeranno che, grazie ai progressi considerevoli compiuti in questi ultimi anni soprattutto dalla Cina e, in misura minore, dall'India, la povertà è diminuita nel mondo: cioè il numero di persone con un reddito superiore a due dollari al giorno è aumentato (oggi sono poveri assoluti - coloro che hanno meno di due dollari al giorno - 2,8 miliardi di persone, e di questi 1,3 miliardi sono "estremamente poveri", cioè con meno di un dollaro al giorno). Deploreranno, tuttavia, il fatto che, malgrado gli sforzi da loro compiuti, il numero degli "estremamente poveri" rischia di restare nel 2015 al di sopra del miliardo e quello dei poveri di mantenersi di poco inferiore ai due miliardi. Ci diranno così che nel 2015 ci saranno ancora più di 3 miliardi di esseri umani che vivranno nella povertà assoluta, e che la povertà resterà ancora per molti decenni un dato sociale "naturale". In fondo, ci stanno suggerendo, non si può eliminare la povertà. Cosa hanno detto, del resto, nel 2000, quando sono stati fissati gli Obiettivi del Millennio? Che il raggiungimento dell'obiettivo dello sradicamento della povertà non è un obiettivo realistico. E che quindi, in fondo, la povertà è un fenomeno naturale: come ci sono le stagioni, il sole, la pioggia, così c'è anche la povertà. E che tutt'al più quello che si può fare è essere compassionevoli e aiutare i poveri a migliorare le loro condizioni. Non dimentichiamo che l'altra tesi della classe dominante è che in fondo se uno è ricco è perché l'ha meritato e che la povertà è la punizione per chi non è stato capace di diventarlo. La nostra società, specie negli ultimi 30 anni, ha scaricato su coloro che sono deboli, che sono poveri, che sono handicappati, malati, in difficoltà, la ragione della loro situazione. Ecco perché i poveri sono normalmente mal visti. Ecco perché gli immigrati diventano tutti clandestini. Ecco perché quanti provengono dai Paesi arabi, dai Paesi africani, dai Paesi dell'Asia sono tutti potenziali terroristi. Ecco perché i poveri, soprattutto neri, di New Orleans sono stati accusati di agire come degli sciacalli e che pertanto era legittimo sparare loro per proteggere i beni commerciali e la proprietà privata, considerata più importante del diritto di sopravvivenza dei poveri (i quali non sono mica potuti andar via come sono andati via i ricchi, ed erano cinque giorni che non avevano niente da mangiare e da bere: ma per la classe dominante erano sciacalli). Ecco, infine, perché i poveri li abbiamo illegalizzati.
Perché dovremmo considerare naturale e inevitabile che fra 15 anni ci saranno ancora 3 miliardi di poveri, quando nessun economista serio può addurre ragioni economiche per dire che la povertà non può essere sradicata? Non c'è nessuna ragione economica rigorosa che spieghi come mai non sarebbe possibile sradicare la povertà nell'arco di 15 o 20 anni.
Come la schiavitù, la povertà è il risultato del comportamento e delle azioni degli esseri umani in società. È un prodotto sociale, non è un fatto naturale. Non è perché le classi dirigenti degli ultimi trent'anni si sono rivelate "strutturalmente" incapaci di sradicare la povertà nel mondo che questa diventa, ipso facto, inevitabile e, quindi, accettabile, "legale". È possibile cambiare quello che ci è dato come inevitabile. […]

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