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Le coppie di fatto di A.V.Gelormini
24.09.2005

LE COPPIE DI FATTO
di Antonio V. GELORMINI

Anche il vezzeggiativo “Ru-Ru”, già coniato per questa insolita coppia, è di fatto un’ulteriore testimonianza dell’asse ormai stabilitosi tra il cardinale e il bel guaglione.

I percorsi cominciarono ad incrociarsi lungo i viali del Giubileo del 2000, quando le riunioni tra Campidoglio e Vicariato erano pressoché all’ordine del giorno. Ma la vera e propria intesa si è consolidata sul fronte astensionista del referendum sulla procreazione assistita.

Un preoccupato Pierferdinando Casini fu il primo a sottolineare le evoluzioni di questa unione particolare, allorché ammise con sorpresa la portata delle decisioni assunte dalla Margherita, spinta da Rutelli a smarcarsi dal progetto unitario dell’Ulivo. Obiettivo dichiarato: poter affermare l’identità individuale del partito, nell’ambito proporzionale delle elezioni politiche 2006. Risultato pratico: rallentare e complicare, se non minare, il processo federativo avviato con Uniti nell’Ulivo.

Era sancita, con l’occasione, l’impossibile formazione di un partito unico dei cattolici e veniva meno la posizione di interlocutore privilegiato per le gerarchie d’oltre Tevere. Ora, quasi che il diavolo abbia voluto metterci la coda, assume un aspetto ambivalente la riflessione dello stesso Ruini, che afferma: “le unioni di fatto sono spesso frutto di difficoltà oggettive a dar vita ad una famiglia”.

I protagonisti smentiscono, ma il rivendicare autonomia di opinione e libertà di manovra, li porta di fatto a difendere quella “assenza di vincoli”, denunciata dal cardinale nella sua analisi sulle unioni.

Intanto, sul versante economico-finanziario si consuma la rottura della coppia “separati in casa”, che ha visto attori l’inamovibile Governatore della Banca d’Italia e il severo, ma non troppo, Ministro dell’Economia, le cui dimissioni finalmente coinvolgono l’intero Governo, e in particolare il Premier, a prendere una tardiva posizione in merito.

L’aver cercato in tutti i modi di lavarsene le mani e di tenere lontano il Governo da scomode e dolorose decisioni, o ancora, cercare di scaricarle su altri organi istituzionali nazionali ed internazionali, non ha certo contribuito a tutelare credibilità e rispettabilità del nostro Paese. E di questo il buon Berlusconi è bene che si prepari a renderne conto agli italiani.

Solo qualche giorno fa il Presidente del Consiglio minacciava di esplodere, oggi si ritrova consapevolmente al centro di una vera e propria implosione, dovuta al fallimento della sua capacità di reggere l’alta responsabilità, a cui era stato chiamato dagli elettori. Il ritorno al ministero dell’Economia di Tremonti, dopo le dimissioni di Siniscalco, evidenziano il tempo perduto e il lavoro inutilmente sprecato, che davvero questo Paese non poteva e non doveva permettersi.

Perdere il secondo ministro dell’Economia (sullo stesso problema Bankitalia), dopo aver sostituito tre ministri degli Esteri, due ministri degli Interni ed essere stato abbandonato da diversi Sottosegretari. Vivere da mesi in una situazione di stallo e di indecisione totale, con continui capovolgimenti di fronte, per la mancanza di coesione nella compagine governativa. Ignorare le priorità del Paese o ridurle alla necessità di una nuova legge elettorale. Sono tutti insulti alla sbandierata stabilità di questo governo, che pur gratificato da una maggioranza granitica di parlamentari, come mai era successo nella vita politica italiana, ha dimostrato tutta la sua efficienza nei soli appuntamenti delle leggi ad personam.

Col Governatore e col neo-ex Ministro a Washington, alla riunione del Fondo Monetario Internazionale, il convitato di pietra sarà il Presidente. Il processo sul caso Bankitalia potrebbe trasformarsi in una requisitoria sull’inabilità del Governo italiano. Alla buonora il Premier sfiducia Fazio e Tremonti lo saluta con un gelido “mors tua vita mea”. L’insolita coppia, di fatto, si scioglie prima di ritrovarsi. Chissà se un residuo di dignità non spinga il Bronzo di Alvito a riprendere il primo aereo e tornare a casa, evitando l’ennesima meschina figura a se e all’intero Paese.

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