Se il carcere diventa un nuovo manicomio
Stefano Bentivogli
Che il carcere stia diventando un raccoglitore di disagi diversi, ma tutti caratterizzati dalla volontà di esclusione e di segregazione che la nostra società esprime, è ormai un dato di fatto. Parlare di carcere è ormai parlare solo in modo limitato di illegalità e di criminalità , è più facile sentir parlare di tossicodipendenze, di stranieri, di persone emarginate che per la loro condizione perdono qualsiasi contatto con la società civile.
C'è poi un fenomeno sempre più presente nell'ambito della detenzione che è quello del disagio psichico. Di questo si parla solo ultimamente e se ne parla male. Vengono forniti dati che improvvisamente fanno apparire le carceri come piene di malati mentali: fino a qualche anno fa non se ne parlava neanche.
La realtà è che il carcere, questo carcere sovraffollato, non solo raccoglie le persone che, sofferenti di disagio psichico, non vengono sufficientemente curate dai servizi sanitari, ma mette tanti altri esseri umani, il cui equilibrio mentale è precario, in condizione di esplodere.
Di qui realtà di detenzione che assomigliano sempre di più ad ospedali psichiatrici, dove l'azione più incisiva nei confronti di chi soffre è la somministrazione di psicofarmaci associata, invece che a momenti relazionali che aiutano la persona, all'isolamento e all'ozio totale.
In carcere oggi chi non è sufficientemente strutturato a resistere si lascia andare all'abulia totale, oppure lancia segnali di sofferenza che in genere si traducono in atti di autolesionismo o suicidi.
Questo è uno degli aspetti più drammatici della detenzione oggi, ed è un cane che si morde la coda perché il recludere sempre più persone di questo tipo genera sovraffollamento, che è il primo grande ostacolo che poi si incontra nel momento in cui si cerca di operare per curare le persone.
Arrivati a questo punto dell'analisi ci si ferma: sebbene la cultura e la legge del nostro paese apparentemente siano indirizzate ad escludere la segregazione per tutte quelle persone che soffrono di disagio mentale, succede però che, attraverso il carcere e l'amplificazione da parte dei media di una pericolosità sociale che non c'è, si torna a rinchiudere, ad escludere e ad isolare.
Sono poche in Italia le realtà penitenziarie che si fanno carico del disagio mentale e soprattutto sono quasi inesistenti le occasioni di cura all'esterno per tante persone sofferenti, attraverso misure alternative alla detenzione. Ad andare poi a verificare i reati dei quali molte persone di questo tipo si sono macchiate c'è da restare sorpresi di come spesso il loro livello di pericolosità reale sia basso, eppure restano in carcere, e di rado accedono a quelle misure alternative che, essendo in molti casi considerate dei benefici, difficilmente vengono concesse perché il comportamento del detenuto non viene ricollegato in alcun modo agli aspetti del disagio di cui soffre.
Quante sono queste persone sofferenti che necessitano di cure da somministrare in condizioni diverse dalla detenzione? Sono anche loro sovraffollamento inutile, e infatti basta vedere che dove il Dipartimento di Salute Mentale è presente ed interviene dentro le carceri, maggiore é la possibilità di costruire percorsi alternativi al carcere, che abbiano sicuramente maggior efficacia e che soprattutto evitino nuove forme di segregazione, che ci riporterebbero ad un nostro passato, superato da anni di battaglie e da una legge come la 180, la legge Basaglia, che è in vigore ma che spesso è del tutto disattesa.