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Pasolini: 30 anni dopo
3.11.2005
Nel trentennale della morte di Pasolini, vogliamo ricordarlo con una canzone di De André, e con una considerazione fatta nel 2002 e scovata in rete, considerazione che ci sembra condivisibile.

Una Storia Sbagliata

E' una storia da dimenticare
è una storia da non raccontare
è una storia un po' complicata,
è una storia sbagliata.

Cominciò con la luna sul pasto
e finì con un fiume d'inchiostro
è una storia un poco scontata
è una storia sbagliata.

Storia diversa per gente normale
storia comune per gente speciale
cos'altro vi serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

E' una storia di periferia
è una storia da una botta e via
è una storia sconclusionata
una storia sbagliata.

Una spiaggia ai piedi del letto
stazione Termini ai piedi del cuore
una notte un po' concitata
una notte sbagliata.

Notte diversa per gente normale
notte comune per gente speciale
cos'altro ti serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

E' una storia vestita-di nero
è una storia da basso impero
è una storia mica male insabbiata
è una storia sbagliata.

E' una storia da carabinieri
è una storia per parrucchieri
è una storia un po' sputtanata
o è una storia sbagliata.

Storia diversa per gente normale
storia comune per gente speciale
cos'altro vi serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

Per il segno che c'è rimasto
non ripeterci quanto ti spiace
non ci chiedere più come è andata
tanto lo sai che è una storia sbagliata
tanto lo sai che è una storia sbagliata.

Una storia da dimenticare? Da non raccontare? Forse non è neanche così complicata, almeno se si ha ancora la capacità di usare la propria memoria. E, forse, neanche "sbagliata". E' solo una storia, e le storie non sono mai "sbagliate" o "giuste"; bisogna semplicemente pigliarle da ogni angolazione possibile, perché ogni storia è una serie di domande alle quali tocca rispondere. Domande a volte espresse per affermazione o come racconto, come una serie di immagini; domande che ne ingenerano altre, dalla più semplice ("che vuol dire...?") alla più complessa. Domande che non si fanno più.

Una storia politica o una storiaccia "da basso impero"?
Perché c'è di mezzo la morte di uomo, Pier Paolo Pasolini, che ha fatto politica e che ha dato il suo contributo a segnarla, in questo famoso "dopoguerra" che è sempre di più, oramai, un "anteguerra" o forse addirittura un tempo di guerra; il cannone nel cortile lo lucidiamo sempre, dev'essere pronto in ogni momento. Fabrizio de André sa esprimersi per contrari. Una storia da dimenticare quando, con le sue parole, la fissa per sempre nella memoria; una storia da non raccontare quando, con le sue parole, la racconta come forse nessun altro ha saputo fare. Domande.

Non sono e non sono mai stato un "pasoliniano".
Ammetto onestamente che su tale cosa pesa, e peserà sempre, la storia di Valle Giulia e dei celerini "figli del popolo". Che vada definitivamente a fare in culo, il "popolo". La poesia di Pasolini la butterei nel cesso in blocco, se non fosse per quelle prime, bellissime, poesie in friulano. Dalla passione di Pasolini per il "Lumpenproletariat" sono nati dei romanzi e dei film perfettamente definiti da De André: "storie diverse per gente normale", "storie comuni per gente speciale". Come la morte stessa di Pasolini. Lo scorso due novembre sono stati ventisette anni. Ventisette, lunghi, anni fa. Una storia un poco scontata, come dicono anche le cronache giudiziarie; talmente scontata che la reazione generale fu quasi di logicità. Pasolini non poteva che finire così. Un ragazzino adescato in qualche borgata o bidonville di Roma. Un "terrain vague" di periferia. Delle cose chieste (domande) e rifiutate (risposte). Una botta e via. Una pietra sulla testa; fu quella la botta. E il "via" di pneumatici che sgommano, che passano sopra un cadavere, che lo sconciano. Processi, giudici, giurati, condanne, galere. Una panoplia di cose già "deandreiane" di per sé; una storia scontata (sbagliata, normale, diversa) e, al tempo stesso, un destino ridicolo. Una storia sconclusionata. Ma di quale natura?

Se fosse solo una storiaccia di cronaca nera, perché dovrebbe essere "insabbiata"? E quella "spiaggia ai piedi del letto" che riporta ad un'altra, antica storiaccia: il caso di Wilma Montesi. C'era di mezzo un politico democristiano. Flash che arrivano, flash contemporanei, flash di una Roma dove si moriva male, per mano poliziotta, per mano fascista, per mano ben protetta. Come quella degli stupratori del Circeo. Quelle facce di merda da "bravi ragazzi", Angelo Izzo, Andrea Ghira, e compagnia. La faccia insanguinata di Donatella Colasanti. Fu lo stesso anno della morte di Pasolini, il 1975; solo qualche mese prima. Storie sbagliate? Storie ordinarie? Diverse? Storie che si intrecciano, perché tutto questo riesce a riportare alla mente una canzone. In questi casi, spesso, si tira in ballo l'"affresco".

Notti concitate che hanno valicato gli anni; e tante altre che non lo hanno fatto. Che non sono state "risapute". Forse De André ci ha voluto parlare anche di quelle, o soprattutto di quelle. Questa vorrebbe essere una specie di risposta, anche se non so se lo può veramente essere.

Ora che il cielo ha colpito al centro quelle vite, ora che quelle vite pian piano si spengono definitivamente nella dimenticanza, ora che, tornano i tamburi battenti dell' "arte per l'arte" è bene far vedere che De André, con la sua "arte", poneva e causava, soprattutto, domande di varia natura. Era lui che scolpiva ai bordi, non il cielo. I carabinieri ci hanno lavorato sopra quanto dovevano farlo, e avranno fatto il loro solito lavoro. I rotocalchi dai parrucchieri sono da secoli finiti al macero; qualcuno sarà stato persino "riciclato". Per altre storie; perché mica sono finite quella notte di novembre. Non ci sono purtroppo più molte persone capaci di raccontarle, queste, storie "sputtanate" di tutti i giorni, di tutti i minuti.

Ma noi ci chiediamo sempre, e su tutto, come è andata. In quel "non ci chiedere più" finale è contenuto il suo contrario: chiedici sempre. Chiediamocelo sempre, per ogni storia. Lo sappiamo che tutto sarà sempre sbagliato, come no; ma quando non ce lo chiederemo più, uscendo di casa, saremo morti. E io voglio essere vivo. Vivo come Fabrizio de André.

Riccardo Venturi

Fonte: http://www.socialpress.it/article.php3?id_article=1081

Vedi: http://www.viadelcampo.com/html/una_storia_sbagliata.html

mt

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